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5 maggio 2023
di Lidia Lombardi

Un organo per Roma, la mission di Carnini

Santa Cecilia 
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Giorgio Carnini, il maggior organista italiano, vive febbrile le ore che lo separano dall’apertura dell’ottava edizione (“la dodicesima, se si considera l’interruzione per il Covid”, precisa) di “Un Organo per Roma”. E’ il Festival da lui ideato, spinto da una mission etica ed estetica: far conoscere con una serie di concerti gratuiti, sullo sfondo della bellissima Sala Accademica del Conservatorio di Santa Cecilia, la musica per organo, che vanta innumerevoli partiture, e non solo di musica sacra. L’altro intento è portare alla ribalta una grave carenza nel panorama musicale capitolino: la mancanza nell’Auditorium Parco della Musica, sede dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia, di un organo, con il corollario che le parti riservatigli nel repertorio concertistico vengono eseguite da un “clone elettronico”, uno strumento digitale.

Invece, sarà il maestoso Tamburini-Walcker a proporre domenica prossima in collaborazione anche con l’Accademia Filarmonica Romana il primo concerto della rassegna (quattro appuntamenti domenicali a maggio e altri quattro a novembre, ore 18) “Germania e Francia alla fine del XIX secolo: due stili a Confronto - Omaggio a Max Reger a 150 anni dalla nascita” in collaborazione con l’Accademia Ergo Cantemus di Tivoli.  E dopo l’”Ardita sfida” della domenica successiva (con le trascrizioni per organo di Debussy e di Musorgskij), il 28 maggio sul palco ci sarà anche lui, Carnini, in un omaggio che il Maestro sente molto all’Argentina, dove si è formato ed è cresciuto, rimanendovi fino all’età di 24 anni.

“Recordando el 25 de majo de 1810” il titolo del concerto. Cosa accadde in Argentina quel giorno?

“Fu posata la prima pietra dell’indipendenza dell’Argentina dalla Spagna. Io, che sono italo-argentino, ho voluto rendere omaggio a questa data fondamentale con una sorta di Festa e di gemellaggio del nostro Paese con quello sudamericano dove tanti italiani sono emigrati da generazioni. Tra l’altro verrà eseguita la Misa Criolla di Ramirez, che fu orchestrata e arrangiata dal mio primo maestro d’organo, padre Segade”.

Oltre a lei si alterneranno nove tra musicisti e cantanti oltre a due cori, quello degli allievi dell’Accademia di Santa Cecilia e di Alma Vox.

“La mia è una partecipazione da intruso, direi. Suonerò l’inno argentino, anche per la presenza di personalità dell’Ambasciata di Buenos Aires, e un Tango e una Miloguita da me composti, per pianoforte e bandoneon. Ma sarà una carrellata di musicisti argentini, come Ginastera, e di strumenti autoctoni. Per esempio, il charango, un chitarrino della zona incaica che verrà suonato da Roberto Massimi, a lungo a fianco degli Inti Illimani, e il bombo leguero, uno strumento a percussione tipico del folclore argentino”.

In cartellone anche Bacalov.

“Qui l’omaggio si estende anche alle madri dei desaparecidos. Il suo Estaba la madre per soprano, pianoforte e bandoneon è il corrispondente degli Stabat Mater di tanti compositori europei”.

Lei suona sia il pianoforte che l’organo.

“In realtà suono anche il clavicembalo e il fortepiano. Ma se il pianoforte fu il mio primo amore, rimasi fin da giovane affascinato dal timbro dell’organo. Però a Buenos Aires non mi permettevano di toccare i grandi organi conservati nelle chiese. Paradossalmente è successo dopo quarantacinque anni trascorsi in Italia. Ci venni subito dopo essermi sposato e per parecchio tempo interruppi l’attività concertistica. Per mantenere la famiglia ho accompagnato danzatrici del ventre, suonato nei piano-bar, fatto il turnista nelle sale registrazione di colonne sonore…Quando nacque il mio secondo figlio decisi di riprendere a fare concerti, impegno per il quale avevo studiato e che avevo abbandonato per necessità, con grande rammarico”.

Proprio durante le sessioni per la registrazione di musiche da film incontrò Ennio Morricone.

“Un’epoca, la fine degli anni Sessanta, e un lavoro che mi hanno dato molto. Conobbi oltre a Morricone, Bacalov, Piero Piccioni. Spesso mi chiedevano di trovare assonanze strane, particolari timbri con l’organo. Morricone abitava allora in una villa a Mentana, suoi vicini di casa erano, oltre a Bacalov, Sergio Endrigo, Sergio Bardotti,  Franco Pisano. Li andavo a trovare ed erano pranzi, partite a scacchi, a carte, tra bande di bambini, i loro figli. Si suonava, spesso arrivavano artisti stranieri. Capitò Astor Piazzolla e raccontò di un’Argentina in procinto di sopportare gli orrori della follia militare…”.

Morricone poi scrisse una partitura per organo.

“Gliela chiesi per dieci anni,  anche quando lo incontravo ai concerti dell’Orchestra di Santa Cecilia. Alla fine mi accontentò. Era il 1994. Ci misi un anno a prepararlo, tanto era difficile quel Concerto per organo, 2 trombe, 2 tromboni e orchestra. Forse Morricone voleva farmela pagare per tanta insistenza. Al debutto però mi disse: “Ma lo sai, Giò, credevo fosse ineseguibile. Invece sei stato impeccabile”. Una musica difficile, che va ascoltata più di una volta per apprezzarla. Ma che contiene tutte le caratteristiche della musica assoluta di Morricone. E’ matematica e poesia. Lo ripetei in occasione dei suoi novant’anni, nell’ambito del Festival di Nuova Consonanza. Ho impiegato altri cinque mesi per riprenderlo. Bisogna sviscerarlo ma poi dà una grande soddisfazione per l’animo”.

Molti altri compositori contemporanei scrivono per organo. Il 5 novembre prossimo ascolteremo una prima esecuzione assoluta di Claudio Perugini.

“Fa parte del progetto che riguarda tutte le parti di opere di Bach, preludi, toccate e fughe. Ad ognuno dei preludi si affiancherà una partitura contemporanea. Insomma, Bach inteso così come principio generatore”.

Al Conservatorio di Santa Cecilia molti studiano organo?

“C’è una classe completa di strumento. E nel corso del Festival accanto a celebri organisti invito molti allievi. Con un doveroso occhio al sociale”.

Ma intanto il gigante a canne è il convitato di pietra al Parco della Musica.

“Un’assenza che declassa Roma rispetto a tutte le altre sale da concerto del mondo. Compreso il teatro alla Scala, dove ho con soddisfazione avuto un organo sotto le mie dita e i miei piedi. Ho elaborato un dossier di sette pagine per raccontare le vicissitudini dell’organo che non c’è”.

Ci racconti la telenovela, Maestro.

“L’organo era nel progetto di Renzo Piano, nella sala da 2800 posti al Parco della Musica. L’architetto aveva previsto di eliminare alcune poltrone dietro l’orchestra per fargli posto. Era il 1995, il presidente dell’Accademia di Santa Cecilia, Bruno Cagli, istituisce una commissione per redigere il progetto fonico. Anch’io ne faccio parte. Il documento viene approvato, con il benestare del Comune di Roma. Si stanziano i fondi. Nel corso della formulazione tecnico-burocratica per la gara di appalto Cagli lascia il posto a Luciano Berio. E qui, inspiegabilmente, l’organo scompare dal panorama del nuovo Auditorium. Berio sostiene che non ci sono fondi e che l’organo va ascoltato nelle chiese. Misteri della politica e di quanti, anche ai vertici delle istituzioni musicali, alla politica si devono rapportare. Anche i miei successivi incontri con il sovrintendente Michele Dall’Ongaro non hanno dato frutti.  Né ha avuto seguito la mobilitazione di Italia Nostra. Tra i nostri sostenitori ci sono Federconsumatori, Treccani, Società Dante Alighieri, Accademia Tedesca. Una lettera inviata in dodici lingue in tutti i Paesi ha avuto innumerevoli adesioni morali, perché non chiediamo soldi, nella consapevolezza che facilmente si troverebbero sponsor pronti a fornire i tre milioni necessari alla realizzazione dell’organo per Roma. Un sostegno a un’opera non effimera, ma direi imperitura”.

Pensa riuscirà nella sua impresa?

“Sono fiducioso. Enti ed associazioni sono sensibili al problema. L’Accademia di Santa Cecilia è rassicurata dal fatto che l’installazione dell’organo al Parco della Musica non interromperà il cartellone concertistico perché si potrà realizzare durante la sosta estiva. Lo hanno confermato i due maggiori organari mondiali, il tedesco Klais e l’austriaco Rieger, dopo un sopralluogo nella sala capitolina. Non resta che agire”.

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