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12 settembre 2023
di Lidia Lombardi

Anna Magnani, diva alla Festa del Cinema di Roma

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Le labbra rosse schiuse attorno ai denti bianchissimi per il più smagliante dei sorrisi. Anna Magnani è come una dea dell’allegria al centro di cerchi di luce, i flash dei paparazzi.  Foulard al collo, capelli corvini che non riesce ad addomesticare, un microfono pronto a raccogliere la sua voce (l’ha piazzato su un tavolino tondo Lello Bersani, quasi inginocchiato alle sue spalle?), un fazzoletto tra le mani, allargato come uno stendardo di vittoria. E sì, perché c’è impressa una rosa. Già, La Rosa Tatuata per la quale ha appena ricevuto l’Oscar…

La fotografia storica – 21 marzo 1956 - che sancisce la supremazia del nostro cinema e dei nostri interpreti nella riscossa del dopoguerra, è stata scelta come immagine ufficiale della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma (la seconda con la direzione artistica di Paola Malanga, che è succeduta ad Antonio Monda), in programma dal 18 al 29 ottobre prossimi. Vuol dire che il volto di Nannarella – in questa versione da diva – campeggerà sui muri della Capitale, sulle fiancate degli autobus, all’ingresso e nei lunghi portici dell’Auditorium Parco della Musica, tradizionale cornice della Festa del Cinema lanciata da Walter Veltroni, in una stagione molto felice per la Capitale.

La scelta è l’omaggio a una delle più grandi e amate attrici del nostro cinema, scomparsa cinquant’anni fa, il 26 settembre 1973, quando aveva sessantacinque anni. E’ anche il sigillo al suo carisma internazionale, testimoniato appunto dalla Statuetta dorata ricevuta dalla severa Academy, prima interprete italiana ad ottenere il riconoscimento. Una vittoria non di poco conto: Nannarella, con la forza e la sensibilità della sua recitazione, quel suo essere autentica e vibrante in ogni personaggio, si impose nell’epoca delle bellone tutte curve, che le furono preferite in tante occasioni. E vinse andandosene oltreoceano, in quegli States che avevano al centro dell’immaginario collettivo dive come Marilyn Monroe, Rita Hayworth, Gloria Swanson.

Il volto di Nannarella – in questa versione da diva – campeggerà sui muri della Capitale, sulle fiancate degli autobus, all’ingresso e nei lunghi portici dell’Auditorium Parco della Musica, tradizionale cornice della Festa del Cinema lanciata da Walter Veltroni, in una stagione molto felice per la Capitale

“La rosa tatuata”, diretto da Daniel Mann, non è poi un film facile. Parla di immigrati italiani, di gente ai margini, di pregiudizi e pettegolezzi in ambienti provinciali. Niente high society alla Scott Fitzgerald, niente glamour, scollature e piume di struzzo. E però Tennessee William ci credeva, nel suo dramma nato per il teatro. E aveva voluto fortemente come protagonista Anna Magnani, che non poteva recitarlo sulle tavole di un palcoscenico per l’imperfetto inglese, ma aveva l’ardore dell’onestà giusto per il personaggio di Serafina, la moglie siciliana di un camionista che la tradiva e trafficava droga a sua insaputa.  Una scommessa, il film, sicché i produttori, per schivare il temuto flop, vollero affiancare alla Magnani nientemeno che Burt Lancaster, lui sì tanto popolare e amato dai critici.

E invece Anna Magnani sbancò l’Oscar per la migliore attrice, superando anche un mostro sacro come Katharine Hepburn che gareggiava con “Tempo d’estate” di David Lean. E ottenne poi, a raffica, Golden Globe, Bafta, Premio dei critici di New York. Certo, si portava dietro la fama (e i Nastri d’argento) conquistata con “Roma città aperta” di Rossellini e “Bellissima” di Visconti. Ma essere la prima attrice non di lingua inglese a ottenere l’Oscar fu un colpo inaspettato, nonostante l’aura che il mondo del cinema italiano – leggi la rivoluzione del Neorealismo soprattutto - si era ritagliata.

E torniamo alle memorabili ore a ridosso dell’Oscar. Nannarella ebbe la notizia da un’agenzia di stampa Usa, che le telefonò alle 5,30 del mattino. Lei era stata sveglia, intrattenendosi con gli amici, fino alle 4, nel suo appartamento all’attico di Palazzo Altieri, a un passo da piazza Venezia. Ripeteva orgogliosa: “Non basta l’encomio della critica e della opinione pubblica. Talvolta nell’assegnazione dei premi Oscar sono in gioco interessi segreti che prescindono dal merito di questo o quell’attore…”.

E invece. Il suo telefono cominciò a squillare prima dell’alba, lei rispondeva “Magnani is happy”, poi i telegrammi della Paramount, che aveva prodotto il film, di  Tennessee Williams. Eccola, in vestaglia, sorridente ai fotografi che bussavano alla porta. “Vorrei che Marlon Brando venisse a Roma a consegnarmi la statuetta”, diceva scherzando perché lui, il divo di “Fronte del porto”, era su un set nelle Filippine, dall’altra parte del mondo. Nannarella non si recò a Hollywood per prendere il Premio, in sua vece andò Marisa Pavan, che nella pellicola aveva il ruolo di Rosa, sua figlia.

Anna Magnani sbancò l’Oscar per la migliore attrice, superando anche un mostro sacro come Katharine Hepburn che gareggiava con “Tempo d’estate” di David Lean

Ma due Oscar di cartone, il massimo del kitsch, la attendevano al cocktail all’Hotel Excelsior, dove era schierata la stampa in delirio. Non c’erano invece i colleghi, gli attori e le attrici sulla cresta dell’onda: né le maggiorate come Sophia e la Lollo, né i protagonisti delle commedie italiane: Totò, Sordi, Rascel. E neanche i produttori del Bel Paese, per i quali l’Oscar suonava come rivincita di una attrice boicottata da qualche anno. Lei fece finta di niente. 

“Questo è il più gran giorno della mia carriera artistica – disse fra i flashes – Il più bel regalo che potessi aspettarmi, e che del resto non m’aspettavo. Sono soprattutto felice perché con me la cinematografia americana ha premiato l’Italia. Perché anche Ernest Borgnine, Oscar per la migliore interpretazione maschile, è di origine italiana”. Poi le chiesero un pensiero su Roma. E lei: “Ma è soprattutto a Roma, alla mia città, che intendo riferirmi quando parlo dell’Italia”. Roma, proprio quel giorno, non si dimenticò di lei. All’uscita dall’Excelsior Nannarella trovò una multa sul parabrezza della sua vettura sbrigativamente parcheggiata in via Veneto. Sbottò nella sua fragorosa risata.

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