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Gambero Rosso
28 settembre 2022

Mangiare in Sicilia. Da Palermo a Finale di Pollina

Cala Luna 
Cala Luna 
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La lunga estate calda siciliana non si ferma ad agosto: nella regione più a sud d'Italia la stagione si prolunga e offre scampoli di vacanza anche oltre. Con temperature più clementi rispetto a quelle infuocate dei mesi passati e meno folla a ingolfare strade e spiagge. Che sia per un villeggiatura prolungata o un piccolo break, Palermo e dintorni riservono piacevoli sorprese. Città d'arte, aree archeologiche, mare cristallino, lunghe spiagge dorate, calette e insenature ricchissime di pesci che foraggiano i ristoranti migliori della zona.

Quella che da Palermo si allunga verso Messina seguendo il profilo di questa costa magnifica. Le referenze non mancano, capaci di rispondere alle esigenze più diverse, insegne vecchie o recenti che confermano momento fortunato che vive quest'angolo d'Italia, che nel 2022 ha riservato non poche sorprese agli appassionati sempre in cerca di novità.

Per una volta non ci fermiamo nel capoluogo, dove pure le sorprese non mancano... nel dubbio basta chiedere ai “soliti” Virga&Milano che hanno di nuovo messo mano ai loro progetti spostando il sudamericano Diego Recarte – lo scorso anno da Aja Mola – al Bocum, riallestito con una grande griglia per una variante supercontemporanea della cucina a tutto fuoco (e che a breve colonizzerà anche un nuovo spazio attiguo da dedicare ai cocktail). Ma non ci fermiamo qui: lasciamo Palermo alle spalle per spostarci verso est. 

Mangiare in provincia di Palermo.

Bagheria Prima tappa: Bagheria, appena una manciata di chilometri e di minuti, raggiungibile anche in treno in un batter d'occhio.

Protagonista di cronache, libri e film, è la città delle Ville, tra le altre Villa Cattolica con il Museo Guttuso e Villa Palagonia, la settecentesca villa dei mostri, o “pupi” come li chiamano qui, da non confondere con le marionette sicule, quelle riportate alla gloria da Mimmo Cuticchio la cui collezione è visitabile in un'area di Palazzo Branciforte di Palermo, lo stesso che ospita la sede siciliana del Gambero Rosso.

Bagheria, appena una manciata di chilometri e di minuti, raggiungibile anche in treno in un batter d'occhio

Ora sono 62, ma un tempo si contavano circa 200 pupi, a cui Tony Lo Coco titola il suo ristorante addossato alle mura della villa, dominate da queste figure fantastiche, deformi mescolanze di uomini e animali. Lo Coco è il più noto tra i ristoratori bagheresi: solido Due Forchette nella guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso, mescola con sapienza grandi materie prime e slanci di creatività ben ancorata al territorio.

In cerca di novità ci spingiamo verso l'Arco della Santissima Trinità - che qualcuno conosce anche come Arco del Padre Eterno - fino a raggiungere Torre Ferrante. Una torre di guardia del '500 in tufo di Aspra: due livelli e una terrazzetta che guarda al vicino arco, muri antichi valorizzati da una ristrutturazione attenta, che rinnova gli spazi con colori gentili, materiali vivi e stile moderno. Aperto l'autunno scorso, Limu si accinge a spegnere la prima candelina.

E lo fa nel segno di una cucina contemporanea, quella di Nino Ferreri, trentenne siciliano, che si è nutrito di suggestioni ed esperienze eterogenee (alla corte di Felix Lo Basso, soprattutto) prima di tornare nella sua regione e dare vita a una cucina che punta senza riserve al territorio con quel prezioso patrimonio di prodotti e produttori che più locali non si può: il pesce, per esempio, arriva da Aspra e Porticello, a un passo da Bagheria, carne e formaggi sono quelli madoniti con la capra girgentana a dominare la scena, frutta e verdura bagheresi, le farine di grani locali. C'è poi il dialogo con una tradizione rigogliosa ma mai barocca, che viene celebrata sin dalla sequenza di amuse bouche: classici del territorio versione mignon, un carosello goloso e centrato che dà il via al pasto.

Le materie prime, quelle povere, indicano la strada (e non a caso Apparente semplicità è intitolato uno dei 4 degustazione): piatti golosi, ricchi di sapore, eleganti, mai banali. Murici con spuma di patate ed erbe, pane cunzato e alici, l'inevitabile minestra con i tenerumi tradotta in pasta ripiena e brodo freddo o una interpretazione della sciaria, minestra di origine arabo-sicula con pasta al limone e pesci poveri e di scoglio e poi quello sgombro in camicia di sale nero che vuole già essere un signature (qui la ricetta) come lo è la cheese cake di formaggio di capra girgentana che gioca la carta di un figurativismo ammiccante e aggraziato.

Marinature, brodi caldi o freddi, composizioni eleganti. Insieme a chef Ferreri, Giandomenico Gambino in sala e all'accoglienza Maria Grazia tirano le fila del progetto. LIMU restaurant – Bagheria (PA) - Via Ciro Scianna, 177 – 091 6496288 – limurestaurant.it

Mangiare in provincia di Palermo.

Porticello La seconda tappa ci spinge verso il mare, nella vicinissima Porticello, frazione del paese di Santa Flavia. 5 chilometri appena, qualcuno di buona volontà potrebbe anche percorrerli a piedi. Come vicinissimi sono l'area archeologica di Solunto - antica città ellenistica-romana e colonia fenicia sul Monte Catalfano – il castello Normanno e la tonnara di Solanto o la frazione di Sant'Elia con il fiordo, il faro di Capo Zafferano che segna il passaggio verso le Tre Piscine e poi Aspra a seguire.

Porticello è ancora un borgo marinaro autentico, con le barche che tornano dalla pesca quando è buio, il mercato del pesce, il bar del paese. C'è qualche ristorante, nella parte che affaccia sul porto oppure nell'area più suggestiva, a San Nicolicchia, incantevole lingua di terra che si specchia sul golfetto.

Porticello è ancora un borgo marinaro autentico, con le barche che tornano dalla pesca quando è buio

Qui, l'estate 2022 segna due novità, a pochi passi l'una dall'altra. La Strummula è il ristorante dell'hotel Borgo di Ciaùla, 4 piani e 9 stanze appena, nell'edificio che è stato della famiglia  di Luigi Pirandello, che pare sia transitato qui, e a cui si ispira l'insegna inaugurata nella primavera scorsa. Santino Corso, già al Charleston di Mondello (che presto tornerà nella sua storica sede palermitana con il nuovo chef, Gaetano Verde, giovane e con esperienze internazionali di rango) è lo chef e uno dei patron. Il pesce qui gioca la parte del leone, con Il mare all'insalata, per esempio, dove molluschi e crostacei sposano una bronoise di verdure legati dall'emulsione di acqua di vongole.

L'uovo in Sicily è uno dei piatti di punta: croccante, servito con patata, provola limonata e tartufo nero siciliano mentre nella Cubo la caponata e la melanzana affumicata diventano salse per accompagnare il pesce panato al nero. Si prosegue così, con le salse, talvolta decisamente robuste, a fare da corollario costante e qualche deviazione sul gusto terra – filetto e agnello soprattutto.

Non fa nessuna concessione ai carnivori, invece, il Faro Verde, insegna storica della cittadina, che riapre dopo mesi di ristrutturazione e tanti eventi – non tutti belli – accaduti nei mesi scorsi. Il ritorno della famiglia Balistreri, che ha dato vita a questa insegna con la generazione precedente, è stato in pieno agosto, ma il nuovo corso punta a destagionalizzare l'attività anche grazie al rinnovamento degli spazi che riporta alla luce la struttura, bellissima: un ex stabilimento di lavorazione del tonno con un curato spazio esterno, giusto a un passo dal mare, in direzione di Solanto, e gli interni con i tre archi che segnano il profilo, metallo, legno, vetri e pietre antiche in vista.

A indicare il cammino è l'insegnamento di papà Benito, come riportato da loro: “Il pesce è sempre quello della 'sua stagione': sarde nei mesi freddi e fino a San Giuseppe, boghe di marzo, triglie d’aprile, tonno a maggio e giugno, ricciole e pesce spada di Ustica, e finalmente tutta la grazia di Dio dei mesi caldi per arrivare ai pesci autunnali: fanfaro e lampuga”, ma qualcosa è cambiato, nei gusti e nella presentazione, più affini a quelli attuali: ci sono la pizza fritta con burrata prosciutto di tonno e pomodorino semidry o i gamberi in pasta kataifi, per esempio, o gli spaghettini Sorelle Salerno (grani calabresi, stabilimenti in Trinacria) ai ricci di mare o ancora i bottoni di pasta fresca con burrata patate con gamberi.

Grande equilibrio, materia prima che “canta” e un locale che avrà molto da raccontare anche con i primi freddi. Hotel Borgo di Ciàula - Porticello - Santa Flavia (PA) - via Roma, 113 - 091 854 4557 - https://www.borgodiciaula.com Al Faro Verde - Porticello - Santa Flavia (PA) - largo San Nicolicchia, 14 - 091 957977 - alfaroverde.it

Mangiare in provincia di Palermo. Cefalù

Terza tappa: Cefalù. Continuiamo il cammino seguendo le tracce della presenza arabo normanna, arrivando nella cittadina medievale con il duomo Patrimonio Unesco (parte del sito Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale). È uno dei Borghi più belli d'Italia e tra le mete balneari più ambite di questa parte dell'Isola, con l'alternarsi di lunghe spiagge, baie e piccole insenature che richiamano tanti turisti. Chi cerca un'oasi di pace si dirige a Le Calette, resort della famiglia Cacciola Micciché, giunta ormai alla terza generazione (sua anche la pasticceria Mon Chou Chou a Cefalù).

Il nome è un programma, e racconta il profilo della costa che ospita due strutture attigue: un 4 e un 5 stelle, con servizi di livello: spa, piscina, angoli nascosti per la lettura e il relax, pensati per chi cerca pace e riservatezza.

Quest'anno è arrivato il main restaurant Cala Luna che nell'assetto estivo ha tavoli all'aperto, una meravigliosa vista sulla baia, e la scenografica cantina esterna, mentre d'inverno si sposta nella sala circolare al primo piano, che offre un panorama ugualmente suggestivo. Questa è la sede operativa di Dario Pandolfo, milazzese dalle esperienze importanti, dal Geranium al St. Hubertus di Niedrkofler, tanto per dirne qualcuna. Da Niederkofler eredita una certa idea di cucina del territorio, tutta ricerca e materia prima, che in Sicilia significa grandi prodotti e grandi produttori.

Le materie prime, quelle povere, indicano la strada (e non a caso Apparente semplicità è intitolato uno dei 4 degustazione): piatti golosi, ricchi di sapore, eleganti, mai banali

Il mare è il protagonista, ma non l'unico, ma tutto parla una sicilianità aumentata, fatta di prodotti e suggestioni: dagli amuse bouche siculi allo spaghetto all'acqua di pomodoro con gamberi di Mazara e ricci – evoluzione del piatto proposto al Ngonia Bay di Milazzo già lo scorso anno - che mette in fila acidità, dolcezza, note iodate e l'imprevedibilità della grassezza del mascarpone; ci sono poi il merluzzo con latticello, prezzemolo, caviale di limone e acqua di cozze (dove il passaggio nord europeo si fa più evidente) e il risotto con aglio nero e salsa di cozze, passando per tecnicismi efficaci come nella millefoglie di pomodoro che accompagna il controfiletto al carbone e gli effetti speciali dell'azoto per il gelato di latte di bufala e ricotta, manna e agrumi.

Accompagna una cantina coerente, costruita da Paolo Bertero, che sciorina una sequenza di etichette regionali, organizzate per aree vinicole, ma non disdegna fughe fuori confine, anche meno abusate. Un esempio? Tarlant, per lo Champagne. Le Calette ha, come si conviene a un resort del genere, anche una proposta più casual da bordo piscina: gamberi crudi e cotti, pasta con i ricci ma anche insalate, club sandwich e via così, per rinfrancarsi in una giornata di bagni e di sole.

Cala Luna - Cefalù (PA) - Via Cavallaro, 12 - 0921 424144 - https://www.lecalette.it/ristoranti/cala-luna/

Mangiare in provincia di Palermo. Finale di Pollina

Quarta tappa: Finale. Proseguiamo lungo la costa di Cefalù, che si estende per una 30ina di chilometri, noi ne percorriamo 14 per giungere alla nostra ultima tappa. Finale di Pollina, area costiera del comune di Pollina, 730 metri sul mare nel parco delle Madonie. La Torre del Marchese domina la costa, mentre il canyon naturale delle Gole di Tiberio, a una decina di chilometri dal mare, rappresenta un'ottima meta per una gita verso l'entroterra.

Appena più sotto, verso il mare, la Nuvola di Gabriele Picco offre una vista straniante: la Cinquecento d'epoca con la nuvola sul portapacchi è una scultura permanente, da cui prende il via il ciclo dedicato dall'artista bresciano alle nuvole. Non stupitevi, siamo in una zona ad alta densità di progetti artistici: dal Museo Civico di Castelbuono, con la sua mostra permanente sulla manna, al Museo Albergo Atelier sul Mare di Tusa.

Procedendo, idealmente, dritti verso il mare si arriva a destinazione. Stazione Vuccirìa è l'ultimo – visionario – progetto targato Virga&Milano, che sono riusciti a portare qui niente meno che Kobe Desremaults. L'ex enfant prodige fiammingo, con il suo In De Wulf e Chambre Séparée ha richiamato processioni di appassionati di mezza Europa, e non solo. Con tanto di endorsement di René Redzepi che – una decina di anni fa – suggeriva di tenerlo sott'occhio. Dopo la chiusura del suo ultimo progetto a termine, aveva fatto perdere tracce per ricomparire qualche mese fa, orgoglio di scuderia del gruppo che include anche Gagini (con l'ottimo Mauricio Zillo).

Un progetto temporaneo, fino a fine ottobre, nell'attesa di trovare uno spazio nell'entroterra per un farm restaurant che di certo farà parlare di sé. Nell'attesa di tornare nel verde (del resto In De Wulf era in mezzo al bosco) Kobe ha fatto “la stagione al mare”, in una struttura austera e di grande fascino: una ex stazione ferroviaria affacciata sulla spiaggia di Pollina, con una grande griglia sotto la tettoia, il cortile con il pergolato e i tavoli (che non sono pochi, ma vale la pena di stare al bancone); infine c'è il tramonto che, se siete fortunati e arrivate in tempo, riempie il cielo e poi quell'unica stanza che, se siete ancora più fortunati, aggiunge piacere a piacere, regalando l'incanto di un risveglio sul mare. Chef Kobe si ambienta in un attimo (parlando anche in italiano, con qualche derivazione spagnola) e mette mano alla griglia che è il suo palcoscenico prediletto.

Carni e pesci appesi ad accogliere il fumo, il forno per finire i piatti con passaggi veloci, la cucina interna “di servizio” per i primi e poco più, il resto è una cucina di puro assemblaggio, pura tecnica, puro godimento, puro gusto; ma precisissima. Realizzata live da un gruppo affiatato e concentratissimo che taglia, arrostisce, impiatta, condisce, affumica, sposta, porziona e posiziona a ritmo continuo, con il plus del mare che rugghia subito sotto. Prodotti al top, che danno spesso l'idea di piccoli tesori scovati chissà dove (e non è un caso che il menu cambi quotidianamente), trattati esattamente come ci si aspetta in un posto simile: pochissimo, almeno all'apparenza.

Come se tutto il lavoro fosse di mettersi in ascolto di quel che possono dire e far sì che lo facciano nel migliore dei modi; in realtà ci sono preparazioni attentissime, passaggi che acconciano al massimo i prodotti, marinature e fermentazioni, la carezza del fumo, la griglia modulata con attenzione. La cura, tanta. Il fiore di zucca va con le zucchine, il ceviche di mustia (un pesce di fondale) con finocchio di mare, le sarde con Nero dell'Etna e nerello a rompere l'esausto tabù che vieta pesce/formaggio/vino rosso, la bella prova di cottura con l'agnello di Castelbuono. Ci sono frutta, verdure, erbe, legumi (le lenticchie con la cernia) brodi (come quello di cozze con i pomodori), foglie (di fico con il pomodoro giallo, in chiusura).

Una cucina che non è italiana non è belga non è internazionale, ma è tutto questo insieme in modo spontaneo, senza quasi porsi il problema di cosa fare. E la cena fila via, un piatto dopo l'altro. Ti scordi delle cotture, ti scordi della preparazione, ti scordi persino degli abbinamenti. Ti scordi, semplicemente, e accetti che tutto sia quasi una naturale conseguenza dello stare lì. E invece no. Perché per certe cose ci vuole manico. 

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