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26 agosto 2022
di Stefano Benfenati

La Sicilia culla Van Gogh

Il Tempio del Parco archeologico di Segesta
Il Tempio del Parco archeologico di Segesta
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Un cappello di paglia non basta a nascondere due occhi spiritati. Il pubblico fissa un genio dall’orecchio sinistro mutilato. Tormento e passione: capelli rossicci, spalle larghe e gambe corte. Lo sguardo è basso, il viso affilato e le guance scavate ‘segno’ di notti insonni, alcol e pane secco. La Natura violenta dai colori selvaggi è l’inconfondibile figlia del suo pennello.

“La mia vita è stata una discesa infinita”: Vincent Van Gogh, il padre della pittura moderna si culla al Sud, tra il mare e i monti della Sicilia. Ecco la magia del teatro.
Dopo due anni di stop dovuto alla pandemia ritorna con quattro date e una nuova veste lo spettacolo scritto e diretto da Paola Veneto “La discesa infinita-Vita di Vincent Van Gogh”. Si parte dal teatro antico del Parco archeologico di Segesta il 29 e il 30 agosto.  La compagnia è già nell’isola e le prove procedono a pieno ritmo. L’opera è tratta dalla biografia sul pittore olandese “Follia?” di Giordano Bruno Guerri che sarà sul palco interpretando il ‘confessore’ di Vincent.

La mia vita è stata una discesa infinita (Vincent Van Gogh)

La disperazione che condusse Van Gogh fino al suicidio fu “consapevole e lucida”:  questa in sintesi la tesi dello storico e dell’autrice.  Un’angoscia già scritta nel Dna dell’artista: fin da piccolo fu costretto a passare davanti alla ‘sua’ tomba  -  sulla lapide c’era la scritta ‘Vincent’, il nome del fratello nato morto un anno prima -  per raggiungere la chiesa dove lavorava il padre, un pastore protestante. Van Gogh si uccise a soli 37 anni. Il pennello divenne pistola. Si sparò disteso in una buca di letame. Morto poverissimo (dipendeva unicamente dai soldi del fratello Theo), nemmeno un secolo dopo  - il 30 marzo 1987 – “I girasoli” fu venduto ad un’asta a New York per 40 milioni di dollari.  Anche la sua vita fu un’opera d’arte. Tra atti di autolesionismo, la fede poi l’abbandono del credo, il rapporto con le donne (le “sorelle” prostitute), il manicomio ma anche il costante bisogno di affetto (non ricambiato). Sbeffeggiato dai ‘colleghi’ parigini, ad esempio, propose una sorta di ‘comune’ per dividere in parti uguali gli utili dei quadri venduti nella convinzione che un artista “deve poter lavorare senza preoccupazioni materiali”.

“Van Gogh è stato definito da Antonin Artaud il ‘suicidato della società’ perché la sua arte – spiega Paola Veneto - si scontrò con una società ottusa di fronte al suo genio". Ad Aversa (ultima tappa prima di lasciare definitivamente l’Olanda) fu retrocesso dai maestri dell’accademia nelle classi dei 12enni. Aveva già dipinto “I mangiatori di patate”. Gran parte dei suoi quadri finì nelle stufe per alimentare il fuoco. Le sue tele utilizzate come bersaglio e bucate dai sassi.  Quest’opera "rappresenta una sorta di difesa  - sottolinea la scrittrice - rispetto a chi continua a considerare Vincent come un pazzo. Se la pazzia è essere eccentrici, uscire dal centro, ben venga. Penso che in questo momento storico - osserva -  dominato dai social e quindi dall’omologazione, un personaggio come Van Gogh possa dare il coraggio ai giovani per affermare la propria individualità senza essere schiacciati dai modelli imposti dalla società, ovviamente senza arrivare al gesto estremo compiuto dal pittore”.

Lo spettacolo unisce le lettere originali fra Vincent - interpretato da Antonio Gargiulo  - e suo fratello Theo alias Marco Paparella (mattatore in più ruoli) a incursioni filosofico-letterarie attraverso le parole di Sartre e Artaud. “Van Gogh, nonostante la disperazione ha sempre saputo di farcela. Era un genio consapevole” sostiene Veneto. E' quanto traspare anche dalla penna dello stesso Vincent: “bisogna fare qualcosa in questi pochi anni. E’ questo il mio pensiero che domina tutti i miei progetti di lavoro”. Nonostante tutto la  ‘speciale pazzia’ dell’artista nato a Zundert,  non offuscò la sua determinata ossessione creativa: doveva completare la  missione. Preoccupato per la possibilità che il fratello interrompesse l’invio del piccolo ‘stipendio’  per un periodo scelse di rimanere in manicomio, dove riusciva a dipingere, in modo che Theo non potesse sottrarsi dal pagare la retta.  
“Je m’emmerdai”, “mi scocciavo”, disse Vincent ai presenti nella locanda dove morì il 29 luglio 1890 nel villaggio di Auvers-sur-Ois (nord della Francia). Era entrato in albergo barcollando. Ore prima disteso in una buca di letame, in una vicina fattoria, si era acceso la pipa. Dopo aver fumato con calma l’intera carica impugnò la pistola e si sparò sotto le costole. 

“Questa nuova edizione voluta fortemente da Lorenzo Zichichi – spiega Veneto - oltre a prevedere nuove musiche del maestro Giacomo del Colle Lauri Volpi ed un nuovo personaggio, uno studente di storia dell’arte che cambia la sua vita grazie a Van Gogh, è arricchita da scenografie e costumi della bravissima e sicilianissima Paola Lo Sciuto”.
All’attrice Paola Tarantino sono affidati i personaggi femminili della storia, come la sorella Elisabeth,  mademoiselle  Ravoux e la prostituta Sien; Edoardo Barbone è Antonin Artaud e Riccardo Avati interpreta lo studente di storia dell’arte.

Dopo il debutto a Segesta “La discesa infinita-Vita di Vincent Van Gogh” andrà in scena al teatro del Parco archeologico di Naxos-Taormina (2 settembre) e al Palazzo della cultura di Catania (3 settembre). Intanto, sulla strada che porta gli attori da Erice (dove sono in corso le prove) a Segesta il pensiero di Van Gogh abbraccia anche il paesaggio tra campi di grano, cipressi e ulivi che il curvo Vincent considerava “fratelli” perché contorti e piegati dal vento. Cala il sipario. Il silenzio si riprende la scena insieme al mare e alle colline della Sicilia. Rimane il profumo di una Notte stellata.

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