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Gambero Rosso
28 luglio 2022
di Antonella De Santis

50 Best Restaurants: vince Geranium, 5 italiani nella top 20

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Nella cerimonia dello storico Old Billingsgate di Londra condotta dall'attore Stanley Tucci e sponsorizzata da San Pellegrino & Acqua Panna - ma anche da Illy, che dalla "piccola" Trieste arriva sul palco della 50 mondiale segnando un bel caso d realtà imprenditoriale ancora a base familiare e orgogliosamente italiana -  il Geranium di Copenaghen, guidato dallo chef Rasmus Kofoed e dal sommelier Søren Ledet, è stato incoronato miglior ristorante della classifica World's 50 Best Restaurants 2022, arrivata al ventesimo anniversario. Nessuna sorpresa, considerando che il Geranium nella scorsa edizione era arrivato subito dietro i trionfatori, i vicini di casa del Noma.

Ma nella 50 di quest'anno ci sono state non poche posizioni inattese, clamorose discese e  scalate vertiginose. Di cui non possiamo che essere felici. Cresce la presenza italiana nella top 50, passata da quattro a sei ristoranti con la grande soddisfazione di Uliassi, salito fino alla numero 12 e premiato come Highest New Entry della classifica; sono addirittura 5 gli italiani nella top 20, un risultato di grande prestigio: ancora una volta il migliore tra i nostri è Lido 84 di Gardone Riviera, che dalla numero 15 sale fino alla 8, seguito da Le Calandre di Rubano, in crescita dalla 26 alla 10, Uliassi di Senigallia (dalla 52 alla 12), Reale di Castel di Sangro che chiude la top 15 (l'anno scorso era alla 29), stabile invece Piazza Dumo di Alba alla 19 (era alla 18), mentre fa il suo esordio nella top 50 il sesto e ultimo ristorante italiano, St. Hubertus di San Cassiano che arriva alla posizione 29 dalla 54.

La storia

1080 esperti, 27 regioni con altrettante commissioni di voto, un presidente e 40 esperti ogni commissione (di cui almeno 10 cambiano ogni anno) con 10 voti a disposizione ognuno. Questa, in numeri, la più influente (e chiacchierata) guida di ristoranti. Che quest'anno compie 20 anni. Era il 2002, infatti, quando un manipolo di giornalisti enogastronomici decise – leggenda narra dopo una serata ad alto tasso godereccio e alcolico – di metter giù un elenco dei posti del cuore, coinvolgendo colleghi e amici di tutto il mondo per stilare una vera a propria classifica mondiale.

Quell'anno fu ElBulli il preferito dei superesperti, che non sono solo giornalisti e critici enogastronomici, ma anche (in percentuali equivalenti) chef e ristoratori, food lovers e grandi buongustai, quelli che volano da una parte all'altra del globo per sedersi nelle migliori tavole del mondo. Gente, insomma, sempre informata sulle novità del settore, chiamata a provare in anteprima i nuovi menu dei ristoranti, capace di intercettare e spesso orientare nuove tendenze, che si incontra ovunque ci sia un posto che probabilmente di lì a poco occuperà un posto di rilievo nelle cronache di settore e nei desiderata dei gourmet.

Di quella gente che potrebbe disegnare una mappa delle traiettorie aeree in base ai ristoranti, quelli che – e non è una questione secondaria – sono essi stessi destinazione, capaci dunque di influire sull'indotto turistico delle località di appartenenza. Non stupisca, dunque, che intorno a questa guida – come del resto avviene per la Michelin – si concentrino interessi e ingenti investimenti. Tra l'altro, dato che le possibilità di venire votati (e dunque di salire in classifica) aumenta con il numero di persone che provano il ristorante, benché i votanti siano anonimi, esiste una fitta trama di inviti, da una parte all'altra del mondo. Le agenzie di comunicazione, nella 50, possono davvero fare la differenza, non sempre, ma spesso. È la logica non scritta di questa classifica che più di altre vive di strategie e previsioni.

I criteri di valutazione

L'unica regola della 50 è che non ci sono regole: i criteri di valutazione sono completamente liberi, i ristoranti non devono necessariamente essere stati premiati da altre guide, offrire un certo prodotto o un determinato stile gastronomico, insomma: non c'è alcun vincolo ai ristoranti che possono scalare la classifica (se non l'aver già vinto la 50 Best), per restituire un'istantanea quanto più libera e autentica delle opinioni e delle esperienze degli esperti, gente che si può intercettare al bancone di Den a Tokyo come alla tavola dell'Asador Extebarri in Spagna. Ogni esperto esprime una propria top ten dei best restaurant dell'anno – di cui almeno 4 devono essere al di fuori della propria regione di residenza, a testimonianza della loro visione internazionale - in cui devono aver mangiato negli ultimi 18 mesi, per questo è così importante portarli alla propria tavola. A garantire l'integrità e l'autenticità del processo di votazione e della lista risultante c'è una società di consulenza di servizi, Deloitte.

Cosa è cambiato in 20 anni? Innanzitutto sono state create classifiche locali: Asia, Latino America e – ultima nata – Menadedicata ai paesi del Medio Oriente e Nord Africa; sono stati istituiti i premi individuali (migliore chef donna, campioni del cambiamento, one to watch e così via), la 50 Next dedicata alle persone – cuochi e non solo - che possono cambiare il futuro della gastronomia, le 50 Talks, incontri che ospitano interventi di professionisti della ristorazione, e diverse iniziative a sostegno del comparto (nate nell'annus horribilis del Coovid), e poi la Best of the Best, una sorta di Hall of Fame che mette fuori dai giochi i vincitori, istituita nel 2019, quando ci si è resi conto che la competizione aveva perso brio, poiché si alternavano sul podio gli stessi 3-4 ristoranti, elenco che (tra l'altro) mette al riparo “i migliori” dall'imbarazzo di una possibile discesa in classifica.

Insieme al 2 volte Best of the Best Noma di René Redzepi, nella lista dei supercampioni ci sono l'Osteria Francescana di Massimo Bottura (primo nel 2018 e nel 2016), ElBulli di Ferran Adrià, El Cellar de Can Roca dei fratelli Roca, l'Eleven Madison Park, The Fat Duck di Heston Blumenthal, The French Laundry di Thomas Keller, il Mirazur di Mauro Colagreco. Il vincitore di quest'anno entrerà nella galleria degli intoccabili.

World's 50 Best 2021

Avevamo lasciato la 50 Best dello scorso anno, con la ripresa della cerimonia dopo l'annullamento dell'anno precedente, nel 2020 martoriato dal Covid, con il Noma sul gradino più alto del podionel suo anno d'oro, quello che ha consegnato a Redzepi & friends anche le agognate Tre Stelle.

Redzepi, che aveva già conquistato la classifica dal 2010 al 2012 e nel 2014, lo scorso anno tornava a concorrere perché con il cambio di locale ricominciava tutto da capo. Il Noma 2.0 svettava in una lista dominata dai pesi scandinavi (al secondo posto, con Geranium di Copenaghen, sesto con Frantzén di Stoccolma), Spagna (al terzo posto con Asador Extebarri, Atxondo e al quinto con Disfrutar, Barcellona), America Latina (Central e Maido di Lima rispettivamente al quarto e settimo posto, e Pujol di Città del Messico al decimo), ottavo e decimo posto erano occupati da Odette di Singapore e The Chairman di Hong Kong.

Quest'anno la premiazione - originariamente prevista a Mosca - si è tenuta a Londra, dove è stata spostata in seguito all'invasione dell'Ucraina, nella stessa città in cui si è tenuta la prima cerimonia, nel 2003. Negli anni l'appuntamento è diventato sempre più mondano, una specie di notte degli Oscar della cucina, con tanto di red carpet e dress code (quest'anno allentato a causa del caldo torrido).

Gli altri premi

A Wawira Njiru, nutrizionista keniota, fondatrice e direttrice dell'organizzazione no-profit Food for Education va l'Icon Award 2022, premio che riconosce i veri pionieri nel settore del food. La seconda edizione del Champions of Change, che premia progetti che guidano il cambiamento positivo della società, è stata assegnata a Dieuveil Malonga del ristorante Meza Malonga di Kigali, in Ruanda, fondatore del progetto Chefs in Africa per la formazione e il sostegno di talenti emergenti della ristorazione africana; a Koh Seng Choon, fondatore di Dignity Kitchen, centro di ristorazione collettivo di Singapore e Hong Kong gestito da persone con disabilità. 

E a Olia Hercules e Alissa Timoshkina, la prima di origini ucraine e la seconda russe, fondatrici dell’iniziativa di raccolta fondi a favore del popolo ucraino #CookForUkraine. All'interno della cerimonia sono stati altri premi: Jorge Vallejo di Quintonil ha vinto l'Estrella Damn Chef's Choice Award - votato appunto dai colleghi chef - il ristoranteAtomix ha vinto il Gin Mare Art of Hospitality Award, René Frank di Coda Berlino il World's Best Pastry Chef Award, Josep Roca di El Celler de Can Roca il Beronia World's Best Sommelier Award e infine il nostro Uliassi è stato premiato come Highest New Entry.AM par Alexandre Mazzia vince il premio One to Watch, assegnato al miglior ristorante emergente, quello da tenere sott'occhio.

Lo scorso anno il premio era andato a Ikoyi di Jeremy Chan e Iré Hassan-Odukale. Il tanto contestato premio come miglior chef donna è andato a Leonor Espinosa, già vincitrice del Basque Culinary World Prize 2017 per la fondazione Funleo, no profit creata con la figlia Laura Hernández-Espinosa. Annunciati, infine, un paio di settimane fa, le posizioni dalla 100 alla 51, in cui non compare nessun italiano, bene perché i due dello scorso anno – Uliassi e Niederkofler sono passati alla categoria superiore – e male perché nessun altro entra nella rosa dei futuri 50.

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