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15 dicembre 2022
di Manuela D'Alessandro

Sotto Scala e sopra tutto

La prima al teatro della Scala
La prima al teatro della Scala
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Le tiktoker @Alli.carollo e @gaiaagaravaglia puntano verso l’alto il laser dei loro telefonini, superano le correnti  gravitazionali e catturano nei display un concentrato di potere in pochi metri che nella prima fila del sontuoso palco reale alla Scala non si vedeva da anni. In posizione centrale il presidente Mattarella, alla sua destra la signora Von der Leyen, presidente della Commissione europea e il padrone di casa, il sindaco Giuseppe Sala. E a sinistra Mattarella ha Ignazio La Russa, presidente del Senato, e la premier Giorgia Meloni, vicina alla colonna. “Wow che onore” sovrascrive sull’immagine @gaiaagaravaglia prima di raggiungere con un clic assieme alla collega i milioni di follower che le scelgono ogni giorno perché fanno tendenza sul social dei ragazzi.

E la tendenza al sant’Ambrogio 2022, serata fredda e limpida, folate di vento che spingono dalla porta che si apre e chiude alzando qualche strascico leggero dei vestiti delle signore, non c’è dubbio che sia proprio questa. Potere in purezza: vecchio e nuovo, italiano ed europeo, russo come quello di Boris Godunov, dittatore dal cuore fragile gonfio di spilli e rimorsi nell’opera che tutti i politici difendono come capolavoro della cultura russa, punto e basta, le colpe della guerra non ne intacchino la bellezza.

L’ovazione è solo per il presidente della Repubblica, l’italiano che ci fa sperare di essere meglio di quello che siamo, e si appoggia la mano sul cuore per ringraziare. L’anno scorso gli chiedevano il bis, ed eccolo qua: silenzioso, elegante. Per Von Der Leyen c’è rispetto, quasi timore. Ma anche lei è meno di un pezzo di quello che appare, così quando le chiedono dove abbia preso quell’abito a pailletes incantevole se ne esce candida: “Non lo so chi è lo stilista”.

Potere in purezza: vecchio e nuovo, italiano ed europeo, russo come quello di Boris Godunov, dittatore dal cuore fragile gonfio di spilli e rimorsi nell’opera che tutti i politici difendono come capolavoro della cultura russa, punto e basta, le colpe della guerra non ne intacchino la bellezza.

Verso i nuovi potenti sprizza curiosità. Non politica, non qui. Il Covid che l’anno scorso ancora spargeva paure e termometri è sparito, i mascherinati non arrivano a dieci. Si può tornare senza sensi di colpa a una gaia frivolezza e quando entra Giorgia Meloni, con abito blu notte e gli occhi meravigliati di una ragazzina che guarda le stelle, i commenti sono: “E’ elegante”; “Sembra più giovane”; Il foyer è senza albero di Natale, come mai? “Lo sponsorizzavano Dolce e Gabbana” rispondono gli addetti scaligeri lasciando un po’ di mistero.

Natalia Aspesi, 93 anni, che sulla Scala ha scritto memorabili cronache pungenti e innamorate, sta in un angolo appoggiata al suo bastone ma vispa nella  pancia del teatro, il posto dove si brontola o ci si compiace dello spettacolo perché la Scala è appartenenza. C’è gente qui che non si perde una prima da decenni. “Io li ucciderei tutti” sogghigna scrutando il panorama del potere e della folla che vaga con un flute di spumante offerto dal teatro. Quasi tutto in abiti scuri, stravaganze col contagocce. I fotografi si aggirano delusi. C’è da dire che per osare ci vuole talento. Entra una giovane donna con suola di gomma verde su stivale nero, abito tovaglia a quadretti verdi e cappotto rosa. Con spietatezza tutta milanese, un’addetta all’organizzazione esclama: “E questa? Ué, te l’avevano detto che è la Scala?”.

Sentiamo di cosa si parla nel foyer del 2022 dove si sussurra anche quando l’opera è in scena, autocensurandosi con vigorosi ‘shh’ quando il tono della voce si alza, perché c’è chi esce a farsi fotografare approfittando della minore concorrenza di vip

Sentiamo di cosa si parla nel foyer del 2022 dove si sussurra anche quando l’opera è in scena, autocensurandosi con vigorosi ‘shh’ quando il tono della voce si alza, perché c’è chi esce a farsi fotografare approfittando della minore concorrenza di vip e tutto il mondo di addetti scaligeri, vigili del fuoco e forze dell’ordine, media vivono il loro ‘sotto Scala’ illuminati dal lampadario che il tenore Francesco Tamagno faceva tremare col suo do di petto. Si parla di guerra, di quanto è bello quel vestito, di affari, ci si scatta selfie ma con moderazione. Un signore con una rosa rossa disegnata sulla giacca nera filosofeggia “Se tu mangi bene, fai wellness, non ti droghi, è automatico che rispetti l’ambiente”. Chissà che ne pensano gli ambientalisti che hanno imbrattato il teatro prima della prima. @Allicarollo posta: “Da piccola sognavo di venire a ballare alla Scala”.

Non l’è andata male. Quelli che aspettano fuori per gli autografi su fogli di carta i protagonisti dell’opera sono pochi devoti a un rito antico nel giorno in cui si festeggia Ambrogio, uno che scappò sul mulo per sfuggire alla nomina di Vescovo ma alla fine anche lui disse sì al potere per acclamazione di popolo.

Non solo lirica, 70 anni di sfilate e alta moda

Bel canto e molto altro. Non solo musica ai massimi livelli ma moda, glamour, finanza e stelle del cinema che sfilano sul red carpet all’ingresso del tempio della lirica. La Prima del teatro alla Scala di Milano è l’evento culturale, mondano e modaiolo più atteso del Paese. Anzi del mondo, visto che negli anni ha richiamato capi di Stato, altezze reali, gli Aga Khan, principi e principesse, come l’amatissima Grace di Monaco che nel 1960 ascoltò il Poliuto di Donizetti tra Ranieri e Aristotele Onassis, con Maria Callas sul palco. Una situazione complicata quella, ma è un’altra storia. Occhi sul palcoscenico dunque, rivolti a star come la Divina, che nel 1951 debuttò al Piermarini ottenendo il suo trionfo milanese, ma anche sulla platea e sui palchi.

A cominciare da quello Reale, destinato alle personalità di rilievo. Quest’ultimo 7 dicembre, per la Prima del Boris Godunov, il capolavoro di Musorgskij, che ha inaugurato la stagione 2022/2023, insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la figlia Laura, elegantissima in un lungo abito nero monospalla, firmato Armani, c’erano anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen che per il loro debutto scaligero hanno optato entrambe per un profondo blu notte: un longdress firmato Giorgio Armani dallo scollo incrociato con ampia stola in velluto ton sur ton per il premier; top in cristalli in una nuance un po’ più chiara e gonna a trapezio scivolata in leggera seta per la presidente Ue, che divertita dalla domanda su chi fosse lo stilista ha ammesso di non saperlo, strappando una risata.

Sul red carpet non erano le uniche ad aver scelto il blu notte. Anzi, è stato il colore di questa Prima. Scelto anche da Chiara Bazoli, compagna del sindaco Beppe Sala, che ha azzardato con successo, le trasparenze  di un Giorgio Armani Privé.

La Serata inaugurale della Scala è da decenni la serata più mondana dell’anno in cui prima che si alzi il sipario va in scena un altro spettacolo, quello degli ospiti illustri che diventano protagonisti di una sfilata di haute couture.

Il palco Reale ha ospitato anche Queen Elizabeth per ben due volte, sebbene in realtà non in occasione della Prima: nel 1961 per un concerto in suo onore, accompagnata da Filippo di Edimburgo; e nel 2000 con Riccardo Muti sul podio che fece eseguire all’orchestra l'inno inglese "God save the Queen", seguito dall’Inno di Mameli. L’appuntamento che apre la stagione scaligera è di tale rilievo che inevitabilmente il look della serata richiede molta cura e spesso un intero stipendio.

E’ una gara tra grandi mise da sera, eleganti, sofisticate. Una sfilata di abiti di Armani, Ferrè, Dolce & Gabbana, Chanel, Fendi, Trussardi, Capucci e Curiel. Stilisti che tra l’altro sono di casa nei saloni dorati del Piermarini. La regola non scritta ma scolpita nella storia del tempio della lirica, prevede rigorosamente abiti lunghi, anche se ormai le eccezioni sono la regola. Difficilmente rossi, che stonano con il porpora delle poltrone, pellicce molto usate in passato, ora non più, spesso bianche, colore prediletto per la Prima da Carla Fracci e Liz Taylor, e scintillanti parure.

Nei tanti 7 dicembre che si sono susseguiti dal ’51 (quando il direttore d’orchestra Victor De Sabata spostò l’inaugurazione dal 26 dicembre alla data di Sant’Ambrogio), si è visto di tutto, dai corpetti di pizzo e perline agli abiti scivolati stile impero, dai visoni poi presi di mira dagli ambientalisti con uova e vernice, ai bustini ricamati in paillettes e cristalli, dalle gonne a balze in tulle e crinolina fino a una minigonna. Era il ’66 quando una diciottenne osò lo sgarbo. Diciamo che i tempi non erano del tutto maturi. Ma ci pensò l’anno dopo Giovanna Bergonzoni, storica pierre di Armani, a chiarire il concetto: si presentò con un mini abito smanicato, bianco, vertiginosamente corto, con stivaloni cuissard in tinta.

Per capirci sull’importanza del dress code, ci fu un anno che una Commissione di sarti organizzò il concorso per la signora più elegante della serata: vinse la contessa Dompé che indossava un modello battezzato ‘India misteriosa’, valore approssimativo 700 mila lire. Ogni Prima ha la sua parata di stelle: nel ‘59 per l’Otello, nel palco centrale prese posto l’elegantissima Begum Om Habibeh Aga Khan (“La Begum”); nel ‘60, fu la volta della principessa Grace Kelly, avvolta in un collo di pelliccia bianca. Stesso colore scelto dalla diva del cinema Liz Taylor che, nel ’72, catalizzò l’attenzione con quel suo bel volto incorniciato da una cappa bianca bordata di volpe bianca.

Negli anni ‘80 e ‘90 il pubblico diventò sempre più eterogeneo: la cultura, l’arte, lo spettacolo, si fusero sempre più con il mondo dell’economia e della politica.

Ed ecco che nell’83 la stagione prese il via con la Turandot di Zeffirelli alla presenza di Valentina Cortese, Carla Fracci ed Edwige Fenech. E nel ‘94 la scienziata Rita Levi Montalcini, fresca di Nobel, arrivò per la Valchiria di Wagner indossando l’abito in velluto realizzato per lei da Roberto Capucci.

Le mise di Valeria Marini, presenza costante alla Prima della Scala, erano tutte una trasparenza. Nel ’98 si fece notare per l’abito di Gianfranco Ferré, tempestato di pietre preziose, assicurato per un miliardo di lire. Signore di casa alla Scala erano Marta Marzotto e prima Wally Toscanini, la figlia del maestro, immancabile nel suo palco.

Nei primi anni 2000 la scena cambia, diventa più sobria, con l’ampliamento del Piermarini firmato da Mario Botta, e la programmazione in trasferta agli Arcimboldi. Il ritorno in piazza della Scala fu illuminato dalla stella che tutti ci invidiano, Sophia Loren, in abito lungo scollato, nero di pizzo, firmato Armani.

E negli anni a seguire da altre donne, sempre eleganti, raffinate, forti e anche potenti. Come la cancelliera tedesca Angela Merkel che, nel 2006, apprezzò l’Aida di Zeffirelli, abbandonando l’abituale tailleur pantalone, per un abito lungo nero, con stola in velluto foresta. Con lei anche il primo sindaco donna di Milano, Letizia Moratti, sempre con creazioni sofisticate e parure di smeraldi, che nel 2007 accolse nel palco reale l’emiro del Qatar con la moglie Mozah in turbante bianco.

Qualche anno dopo fu la volta della direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, in un impalpabile abito argento Chanel. Dei look del penultimo 7 dicembre, quello del 2021, rimarrà impresso nella memoria la mascherina anti contagio, perché molti ospiti ancora la indossavano, e l’aria non era e non poteva essere quella gioiosa e spensierata di sempre.

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