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26 settembre 2023
di Lidia Lombardi

La statua misteriosa, duemila anni dopo

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Una baccante? Una musa? Una ninfa? Chi è la sensuale figura femminile scolpita in marmo pario duemila anni fa? Chi è la giovane a grandezza naturale rinvenuta a inizio estate nell’acropoli di Tusculum, la città di origine preromana sul monte di origine vulcanica dove da anni compie ricerche la Scuola Spagnola di Storia e Archeologia (EEHAR)? Un mistero che ci cercherà di svelare nei mesi a venire, con raffronti, indagini tecnologiche, lettura di documenti. Sensazionale è però vederla esposta, da ieri, nelle sale del Museo Tuscolano Scuderie Aldobrandini di Frascati. Perché affascina e vibra davanti a noi, nella veste leggera, nella perfezione delle membra, nella esattezza delle proporzioni. Ancorché sia priva di testa e delle mani, mozzate chissà quando e chissà da chi.

Un prodigio, il suo ritrovamento. Perché è l’unica statua finora rinvenuta nelle terme pubbliche di Tusculum, dal 2015 oggetto di scavo dopo che nell’alta collina che ha di fronte Castelgandolfo e in fondo il mare, erano stati portati alla luce il teatro, la fontana arcaica,  la “casa degli edili”, il foro, con i resti della basilica e di un piccolo tempio. E perché era adagiata sotto uno strato non troppo alto di materiali medievali, collassati da una grande chiesa sorta sopra le terme.

Il pubblico potrà ammirarla venerdì 29 e sabato 30 settembre, dalle 17 alle 24 in occasione della Notte dei Ricercatori

Alla presentazione del capolavoro gli archeologi hanno ripercorso i primi attimi della scoperta, rivivendo l’emozione. “Eravamo a ridosso di un week end di giugno scorso – racconta Gabriella Serio,  della Soprintendenza Area Metropolitana di Roma e provincia di Rieti – nel rettangolo a ridosso delle mura di fondamento della chiesa, in quella che potrebbe essere la palestra delle terme, emergeva a poca profondità dalla quota di campagna parte del dorso e della veste della scultura, adagiata a faccia in giù sopra un sottile strato di intonaci dipinti, pertinenti con ogni probabilità alla decorazione parietale dell’ambiente più occidentale delle terme, di cui la statua doveva costituire parte dell’arredo”. Sono intervenuti immediatamente gli archeologi sotto la guida di Rosi Bianco, i responsabili della Sovrintendenza e quelli della Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini, ente proprietario e gestore del sito, 50 ettari acquistati dagli Aldobrandini.

“Si è deciso di completare lo scavo nella stessa giornata, arrivando al recupero e alla messa in sicurezza immediata dell’eccezionale reperto, che era in buone condizioni. E l’emozione è cresciuta man mano che la figura muliebre era tirata fuori terra. Ecco la parte anteriore, i dettagli della veste, i piedi perfettamente scolpiti, l’arriccio dell’abito sulla spalla, il seno nudo e l’altro coperto appena dal lieve mantello, l’effetto bagnato del panneggio”.

Spiega Antonio Pizzo, direttore della EEHAR-CSIC: “Di questo manufatto di 270 chilogrammi sappiamo precisamente il contesto, ed è la prima volta che accade, aiutandoci così a ricostruirne la storia. Il contesto sono appunto le terme, edificio pubblico perché vicine al foro, e la sua sepoltura in epoca medievale, su un crollo avvenuto quando l’edificio romano era già in stato di abbandono. Un miracolo trovarla intatta, dopo interventi umani pesanti, come una devastazione che portò al miscuglio dei materiali”. Possono rivelare molto gli indumenti che ricoprono il corpo.

“Una chitone aderente alla pelle, che lascia scoperto un seno, quasi fosse scivolata, una nebride, striscia di pelle di cerbiatto che attraversa trasversalmente il busto ed è fermata sulla spalla sinistra, davanti e di dietro, da una zampetta dell’animale con scolpite anche le unghie. Sopra, il mantello moltiplica il virtuosismo del panneggio”.

Ogni particolare è di eccezionale fattura.

Sul braccio destro le maniche corte dell’abito sono chiuse da piccoli bottoni e le asole “tirano” perché quel braccio è tornito, fiorente come si addice alla giovane età della donna. Il chitone poi si appoggia sul piede con una piccola, realistica piega.

Che fine ha fatto la testa?, si chiede Pizzo. “Al collo è evidente una frattura antica, come di due-tre scalpellate ben assestate, che non hanno rovinato la faccia. Probabilmente la statua era già in loco, gettata a terra nell’abbandono delle terme. O è stata buttata là in epoca medievale invece di essere riversata nella calcara, usata come tanti altri pezzi per fare la calce”.

E si torna alla domanda principale. Chi è, da quale modello greco è stata copiata, in un periodo ristretto tra la metà del primo secolo avanti Cristo e la metà del primo secolo dopo Cristo? Il modello principale è la Afrodite di Epidauro conservata ad Atene (Museo Nazionale). E’ detta anche “armata” perché nella bandoliera aveva un pugnale e nella sinistra impugnava una lancia. Altre quattro versioni sono a Monaco (Glyptothek), Genova (Palazzo Reale), Firenze (Palazzo Pitti) e Roma (collezione privata). Ma, osserva Pizzo, se fosse una menade o baccante, avrebbe una postura meno composta, se fosse una Musa, legata all’arte del teatro rinvenuto lì nei pressi, non avrebbe il seno nudo. Resta, suggestiva visto che è stata ritrovata in un impianto termale, l’ipotesi che rappresenti una ninfa.

“C’è molto da indagare nei prossimi mesi. Ma una cosa è fondamentale: che resti esposta qui, nel museo archeologico di Frascati, nel territorio dove è stata trovata"

Intanto il pubblico potrà ammirarla venerdì 29 e sabato 30 settembre, dalle 17 alle 24 in occasione della Notte dei Ricercatori. Poi sarà trasferita nelle sale del Museo, esposta nel work in progress del suo ulteriore restauro. Sarà inoltre possibile incontrare, sempre presso il museo, gli archeologi, i ricercatori e gli studiosi che hanno partecipato alla campagna di scavi Tuscolo Eterna Bellezz@ (finanziata con circa un milione e cinquecento mila euro) e nella mattina di sabato visitare la nuova area indagata presso il Parco Archeologico Culturale di Tuscolo. E’ situata nella parte del pianoro che si sviluppa a ovest del Foro, mai esaminata in precedenza. Il cantiere ha consentito di riportare alla luce resti monumentali appunto del complesso termale di epoca adrianea, sul quale fu edificata una chiesa e una zona funeraria, nel XII secolo, allorché Tusculum – era il 1191 - fu abbandonata.

Nel corso della prima stagione di ricerche (campagne 2015-2018) è  stato recuperato l’edificio termale databile all’inizio del II secolo dopo Cristo: una latrina, un ambiente absidato, il probabile tepidarium di cui ancora si conservano i resti delle pilae della sospensura (i mattoncini che sollevavano il calpestio sotto il quale correva l’impianto di riscaldamento), il pavimento in mosaico, una grande sala con pavimento in lastre di marmo (opus sectile). A ottobre 2022 gli scavi sono ripresi conducendo tra l’altro alla sensazionale scoperta della statua femminile.

Ancora di più Tusculum si rivela, così la definì Fosco Maraini, “luogo primitivo dell’anima”.

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