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1 marzo 2023
di Alessandro Galiani

Fendi, le fab-5

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Ecco la storia di Anna e le sue sorelle. La storia di cinque giovani ragazze della buona borghesia romana, che hanno remato controcorrente e sono state capaci di inventarsi imprenditrici e creatrici di moda in un'Italia, quella dell'immediato secondo dopoguerra, in cui alle donne si chiedeva essenzialmente di restare a casa e fare figli.

Come hanno fatto? Provo a chiederlo a Anna Fendi, che adesso è una ‘matriarca’ di 91 anni, felice di essere nonna e persino bisnonna, con 3 figlie, 12 nipoti, 6 maschi e 6 femmine e perfino una bis-nipote che le riempiono la vita. Ho conosciuto Anna Fendi e le ho parlato nelle due, tre domeniche della settimana grassa di carnevale, quelle in cui lei abitualmente si reca nella sua casa di Ronciglione, che era appartenuta alla famiglia del marito e che lei ha trasformato in una ‘guest house’.

É qui, proprio sotto la sua proprietà, che parte la tradizionale sfilata dei carri, che si tiene ogni anno dal 1800. Ronciglione è una cittadina a pochi chilometri da Roma, che in quei giorni si trasforma in una piccola Rio de Janeiro, con donne e uomini, travestiti da donne. Uno di loro gira vestito da fatina, trainando il figlio in carrozzina. Gli chiedo: “Domani torni normale?”. “Sì, torno camionista” fa lui, immergendosi nella folla mascherata.

Sul carro realizzato da Enzo Paolo Turci, il ballerino e coreografo diventato famoso per aver ballato da ragazzo il Tuca Tuca con Raffella Carrà, c’è una grande scritta: “Raffaella”. E intorno ragazzi e ragazze che si dimenano col caschetto biondo platino, che ricorda la pettinatura della mitica Carrà. Il carnevale impazza a Ronciglione, ma Anna non si avventura in quella bolgia, la sua vita continua a seguire un ritmo ben regolato: alle 12 va a messa nella sua cappella privata e poi presiede il pranzo a buffet, insieme a un centinaio di ospiti selezionati e paganti. Il pranzo è organizzato dal suo staff, sulle tavole spicca una tovaglia che ricorda i colori accesi degli abiti Fendi, intorno le foto dei suoi amati cani, nessuno dei quali però gira tra gli ospiti. Lei è autoritaria e gentile, mentre si aggira tra i tavoli, rispondendo volentieri alle domande sulla sua vita e sul suo passato.

É ancora molto attiva, come dimostra il viaggio che si appresta a fare in Giordania, per assistere al matrimonio della figlia del re Abdallah e della regina Rania, suoi amici di famiglia. Anna ama parlare di sé e della sua vita, delle sue tre figlie e dei nipoti di cui è orgogliosa. E non è avara di particolari quando le chiedi della storia della doppia F di Fendi, diventata un’icona del lusso 'made in Italy', una storia di successo tutta - o quasi - al femminile, che dura da oltre un secolo.

La storia dell’azienda inizia nel 1918 quando Adele Casagrande, la madre delle 5 sorelle Fendi, apre in via del Plebiscito, al centro a Roma, un negozio di pelli e pellicce con annesso laboratorio. Nel 1925, dopo il matrimonio con Edoardo Fendi, diventa la boutique Fendi e s’impone nella capitale soprattutto grazie alle idee pionieristiche di Adele, come l’invenzione della linea Selleria, che raccoglie borse e valigie in cuoio completamente tagliate e cucite a mano ispirate alle briglie dei cavalli. “Mia madre vendeva marocchino” ricorda Anna, ma in realtà la boutique non si limitava a quello.

La ricca borghesia romana è conquistata dalla raffinata valigeria e dalle pellicce Fendi e la ditta negli anni Trenta, apre filiali in via Borgognona e Via Piave, acquistando fama nazonale. Fendi costruisce il suo dna producendo borse e valigie dalla fattura accurata e lussuosa, con l’intento di farle rimanere a lungo nei guardaroba.

La 'svolta', o meglio la prima svolta, arriva quando, dopo la morte di Edoardo, nei primi anni del secondo dopoguerra, il marchio passa in gestione alle cinque figlie dei fondatori: Paola, Franca, Carla, Anna e Alda, che si spartiscono i compiti. Paola segue le lavorazioni del segmento pellicceria con le tinte e le conce; Franca, orientata alle relazioni esterne coi clienti, è la responsabile acquisti; Carla invece si occupa dell’ufficio commerciale e dell’ufficio stampa; Anna dirige la parte più creativa: l’ufficio progettazione e licenze; infine ad Alda tocca la gestione dell’atelier e del laboratorio di pellicce.

Dal 1947 in poi sono le 5 sorelle a dare l’impronta alla ditta, e a creare l’epopea dei Fendi. Sono anni felici ma non facili.

"Con la morte di mio padre - ricorda Anna - ho lavorato per necessità, non avevo neanche 18 anni. I primi tempi sono stati terribili"

“All’inizio – aggiunge - eravamo delle trasformiste. Poi col tempo ciascuna di noi ha assunto dei compiti diversi assecondando le proprie inclinazioni naturali. Fin dalle prime esperienze lavorative la mia vocazione era più legata agli aspetti creativi dell’azienda. Al momento delle collezioni però eravamo tutte unite, come le cinque dita di una mano: diverse ma complementari”. Anna in quegli anni va in sposa a un proprietario terriero di Ronciglione, potrebbe limitarsi a fare la ‘signora’ ma preferisce invece rimboccarsi le maniche e lavorare in ditta. Adesso ha 91 anni, un aspetto invidiabile, svolge molte attività ed è ancora incredibilmente attenta ai conti.

“E’ sempre stata una 'bottegara geniale'" dice di lei con affettuosa ironia un’amica che la conosce bene. Anna per quasi trent’anni è stata la diretta responsabile e coordinatrice della progettazione di tutte le collezioni Fendi, della linea pret à porter e delle licenze legate al marchio. Nel 1960 lei è responsabile della decisione di concentrare tutto in un’unica sede con atelier, showroom, laboratori interni e spazio vendita in un ex teatro in via Borgognona, e a farla diventare la sede storica di Fendi.

“La pellicceria allora era uno status - racconta Anna - ma non c'era nulla di moda. Noi la rivoluzionammo: niente fodera, pelliccia reversibile e leggera, nessuna sovrastruttura. Ma il vero grande coraggio, anche economico, fu comprare la sede in centro a Roma in via Borgognona: il vecchio cinema Bernini a più piani, dove abbiamo aperto un punto vendita, l'atelier e i laboratori. Erano gli anni Sessanta. Di lì sono passati tutti i grandi: Fellini, Visconti, Scorsese, la Mangano...".

Insomma, grazie al lavoro di queste 5 giovani donne, che ricordano un po’ le sartine del film di Luciano Emmer del 1952 ‘Le ragazze di Piazza di Spagna’, Fendi cresce, s'ingrandisce. I negozi di Adele si trasformano nel marchio Fendi, che è qualcosa di completamente diverso da una normale azienda commerciale. Fendi diventa un brand, un’azienda in cui la creatività, cioè qualcosa di immateriale, prevale sull’azienda ‘fisica’ tradizionale.

Un'ulteriore accelerazione per la società arriva nel 1965 con l’assunzione del designer tedesco Karl Lagerfeld nelle vesti di direttore creativo. "Per me è stato un amico e ancora adesso mi manca la sua compagnia - ricorda Anna - Il nostro pr (il conte Savorelli di Lauriano, ndr) ci presentò Karl che ai tempi era giovane e meno celebre. Con lui trovammo il coraggio di andare oltre la clientela romana e di presentare una collezione pret à porter a Palazzo Pitti. Siamo arrivati a Milano, e poi in America" E' una piccola rivoluzione quella che Lagerfeld fa scoppiare dentro una realtà imprenditoriale tutta al femminile. Kaiser Karl è un 'dittatore' creativo, e un manager estroso e meticoloso, che risponde alle 5 sorelle, le quali sono al tempo stesso le proprietarie ma sono anche direttamente coinvolte nella gestione aziendale.

La ‘liaison’ tra Lagerfeld e le 5 sorelle è uno dei sodalizi più longevi e duraturi della storia della moda: 54 anni densi di sperimentazione, azzardi e innovazione. Nel 1966, l'anno in cui i Beatles diventano baronetti, la minigonna impazza, Londra impone il mito della swinging London, e cioè della città piacevole, eccitante, divertente, il geniale Karl inventa quel logo doppia F, conosciuto anche con il nome di Zucca, il cui significato vale per Fun Furs, "pelliccia divertente".

La doppia F inizialmente è usata come pattern della fodera interna per la valigeria, ma pian piano diventa parte integrante dell’estetica dell’intero brand. Il tema del logo sarà cruciale nello sviluppo e nella lavorazione dei materiali pregiati con cui sono realizzati i prodotti Fendi. Ma il vulcanico Lagerfeld non si limita a questo, è una fucina di idee e fornisce alle Fendi qualcosa come 70.000 disegni. Sotto di lui, Fendi continua ad evolversi, ampliando l’offerta, inventando, facendo scalpore. Nel 1970 per la prima volta la collezione Fendi è presentata al Pitti di Firenze e poi a Milano, suscitando grande ammirazione e interesse nel mercato americano e in quello giapponese. Questa attenzione si concretizza nel 1975 con l’apertura della boutique Fendi all’interno del celebre magazzino newyorkese Bergdorf&Goodman, con accesso diretto dalla 5th Avenue.

Da allora il successo di Fendi è scandito dal rafforzamento della distribuzione a livello internazionale e dall’apertura di monomarca in franchising e diretti. Anna ricorda quegli anni in cui il gruppo Fendi ha acquistato una fama mondiale: “Il 1976 è l’anno in cui abbiamo conquistato il mercato americano e dunque quello mondiale. Da allora, io e le mie sorelle abbiamo iniziato ad essere inseguite dai fotografi per strada. Ricordo che quando ho visto la prima carica di “flash” delle macchine fotografiche su di noi ho pensato a mia madre, che stava già molto male, e a mio marito, scomparso prematuramente. Quanto avrei voluto condividere quel momento con loro, che sono stati determinanti per la conquista di un successo tanto faticato! Là comunque ho capito che i riflettori si erano davvero accesi su di noi". Da allora quei flash non si sono mai spenti.

Nel 1977 assistiamo a un'altra 'svolta': il debutto della prima collezione di abbigliamento ready to wear, che poi sarebbe il 'pronto all'uso', o prêt-à-porter in francese: la lingua della moda, un po' come l'italiano è stato la lingua dell'opera. Il prêt-à-porter segna il passaggio dall'alta moda, dai capi d'abbigliamento esclusivi d'atelier, a linee più di consumo destinate a un pubblico più vasto, ma sempre di 'qualità'. Fendi si commercializza ma resta una realtà di alto artigianato, una prova d'autore che spesso lascia senza fiato, in cui l'innovazione diventa quotidianità, ma lo fa senza presunzione, declinando l'alta moda in pezzi spesso semplici, scarni, quasi comuni, ma sempre con la massima cura del dettaglio, studiatissimi, nuovi, accattivanti.

Nel 1987 fa il suo ingresso in azienda Silvia Venturini Fendi, la figlia di Anna, cresciuta guardando la madre, le zie e Lagerfeld cambiare la storia della moda. Silvia affianca Lagerfeld e la madre nella direzione creativa e nel 1997 fa il suo ingresso nell'Olimpo degli stilisti inventando la borsa Fendi per eccellenza: Baguette. Scrigno morbido dalla forma rettangolare, un manico corto studiato per essere indossato a spalla e la fibbia con la doppia F: un oggetto mitico, diventato una delle pietre miliari della Maison romana. Per la borsa Baguette, chiamata così in omaggio all’abitudine francese di portare il pane sotto braccio di ritorno dalla spesa, è creata una lista d’attesa e coniato il titolo di ‘it bag’, la ‘borsa più desiderata’ della fine degli anni 90.

Nel 2008 Silvia Venturini Fendi fa il bis e inventa la borsa Peekaboo, traduzione dell'esclamazione cu-cù, che allude a una seduzione sottile, ironica e stravolge la forma della borsa a mano, consentendo di lanciare uno sguardo furtivo sul suo contenuto. Ma, al di là dei prodotti, l'ingrediente fondamentale sempre presente nella storia di Fendi, è l'effetto 'wow'. Ogni singolo evento, sfilata e celebrazione della Fendi è un po’ come il carnevale di Ronciglione: punta a lasciarti senza fiato.

L'inarrestabile creatività di Karl Lagerfeld ha certamente convinto e insegnato al team a pensare in grande. Ad esempio nessun ostacolo burocratico ha impedito al brand romano di presentare (con oltre un anno di preparazione) una sfilata niente meno che sulle pietre millenarie della Muraglia Cinese, una delle sette meraviglie del mondo: 88 modelle, ospiti d’eccezione e una passerella lunga 80 metri. Nel Celeste Impero l’8 è considerato il numero propizio per eccellenza perchè contiene ben 2 cerchi simbolo di fortuna. Leggenda narra che quella notte la sfilata fosse visibile addirittura dalla Luna. E poi c’è il cinema, Fendi ha un legame stretto con questo mondo, che è intrattenimento popolare ma anche una ‘grande illusione’: polvere di stelle. Federico Fellini adorava chiamare le cinque sorelle romane le “fendine”.

Da Luchino Visconti a Wes Anderson, da Martin Scorsese a Giuseppe Tornatore, Fendi ha collaborato, ideato e fornito a più di 50 film e serie tv. Pellicce sontuose e capispalla rielaborati sono stati protagonisti di queste pellicole importanti. Sono di Fendi il ‘coat duble’ di Silvana Mangano ne Gruppo di Famiglia in un Interno. Vestono Fendi Madonna nel ruolo di Evita Peron nel film Evita di Alan Parker (1996) e Barbara Carrera in Mai dire Mai, della saga 007 (1983).

Tuttavia anche la storia del gruppo Fendi a un certo punto arriva al ‘capolinea’ e nel 1999 cambia pelle e cambia ufficialmente padrone. Questo marchio-simbolo della moda italiana è acquistato da una joint venture paritetica fra due aziende del settore, la Lvmh (Louis Vuitton) e il gruppo Prada. Un'alleanza nata proprio per rilevare il 51% della casa romana, resa possibile dal "patto di ferro" tra i due grandi protagonisti dell'affaire: Bernard Arnault, che della Lvmh è il numero uno, e l'italiano Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada e amministratore delegato dell'azienda di famiglia. Costo dell'operazione: 850 milioni di dollari. Secondo i termini dell'accordo, Prada e Lvmh erano obbligati ad acquisire qualunque combinazione di quote pari al 49% che le sorelle Fendi, ognuna proprietaria del 20% dell’azienda, avessero deciso di vendere.

E così nel 2001 l’etichetta, dopo aver perso circa 20 milioni di euro e altrettanti l’anno seguente, è costretta a un altro passaggio di proprietà: Prada accetta di vendere la sua quota del 25,5% a Lvmh per 265 milioni di dollari. Quell’anno i francesi avanzano di un ulteriore 15,9%. E le sorelle Fendi iniziano a defilardi. Carla Fendi, membro della famiglia fondatrice, continua ad agire come presidente e proprietaria di minoranza fino al 2008. Anna Fendi spiega così tutti questi passaggi: "I francesi sono più bravi di noi e sanno gestire meglio, noi non siamo mai riusciti a portare Fendi dove l'ha portata Lvmh. Avevamo pochi negozi, oggi sono 250 monomarca nel mondo. Ma io mi sento ancora Fendi e il personale è Fendi. I buyer continuano a venire a Roma e vedo una grande difesa dell'italianità da parte dei francesi che sponsorizzano il restauro dei nostri beni architettonici; ne sono orgogliosa".

Dopo il passaggio di mano a Lvmh, Anna Fendi decide di lasciare definitivamente le redini del reparto creativo alla figlia Maria Silvia Venturini Fendi, che si affianca a Lagerfeld come responsabile degli accessori, della linea uomo e bambino. Il 19 febbraio 2019 scompare Karl Lagerfeld ed è Silvia Venturini Fendi che gli subentra per gestire sia la collezione uomo che la collezione donna. Nel 2021 Delfina Delettrez Fendi, sua figlia, è nominata direttrice artistica della collezione gioielli e l’ha resa nonna. E’ comunque Silvia Venturini Fendi e la sua discendenza a rappresentare ancora attivamente la famiglia Fendi nel settore della moda, mentre le sue altre due sorelle,  la primogenita Maria Teresa e la terzogenita Ilaria, sono rispettivamente la presidente della Fondazione Carla Fendi, creata per sostenere l’arte, il cinema, la moda, i beni e la cultura e un’imprenditrice impegnata nella salvaguardia dell’ambiente.

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