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23 marzo 2023
di Rita Lofano

Sculture di luce

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L’appuntamento per l’intervista era fissato per le 12. Vado in sala podcast, lo chiamo e lui mi dice: "Possiamo sentirci tra dieci minuti? Sto finendo un lavoro in vetro". Certo, nessun problema. Rimango piacevolmente sorpresa. Un artista così affermato, un nome conosciuto in tutto il mondo che non si limita a progettare, al design, continua a sporcarsi le mani, a fare l’artigiano nel suo atelier di Polignano a Mare, un antico frantoio con la terrazza a picco sull’acqua, vista mozzafiato su la Lama Monachile (Cala Porto, quando ci si dà appuntamento per un tuffo) e uno sconfinato orizzonte. Lui è Peppino Campanella, le sue sono sculture di luce. 

Gli chiedo subito a cosa stava lavorando. "Stavo completando una lampada a forma di mezzaluna. Le mie lampade sono fatte a mano. Ho sempre lavorato con le mani e continuerò così". Ogni opera di Campanella ha la sua storia, la sua forma, il suo colore e un comune denominatore, quel particolare luccichio del mare cantato dai poeti, Omero, Saffo, Byron, Foscolo. E poi c’è l’anima di Polignano, “il blu dipinto di blu” (è la città di Domenico Modugno), le scogliere vertiginose, le grotte, il bianco della pietra, i vicoli stretti, i ciottoli. "Con questa costiera, quando il mare sale copre il paese, noi polignanesi abbiamo la salsedine nel Dna". 

Nato a Polignano, Campanella si laurea in architettura a Firenze nel 1988 e poi torna in Puglia. "Non ho mai pensato di andare fuori. Sono molto legato alle mie radici". Scopre il suo destino quasi per caso. "I primi lavori li ho fatti con vetri e materiali trovati al mare. Ora lavoro con il vetro di vetreria utilizzando la tecnica a percussione diretta, usata dagli uomini del neolitico per costruire gli utensili di selce. Con l’aumentare dell’altezza, il vetro diventa sempre più scuro, ricorda molto le profondità marine. Mi affascina. L’ispirazione è sempre un po’ il mare, i coralli, gli animali marini, il polpo, il granchio, la tartaruga. Ho iniziato quasi per gioco a lavorare il vetro, poi ho acquisito un certo know-how, la capacità di lavorare la materia a mio piacere e le possibilità sono diventate infinite, esercizi di stile, come insegnava Giovanni Klaus Koenig".

Campanella è stato allievo del grande architetto e intellettuale fiorentino, "le sue lezioni erano affollatissime, classi di cinquecento persone". E cita un suo insegnamento: "Lui diceva che bisogna cercare di darsi uno stile che nel tempo deve diventare riconoscibile, poi, progressivamente bisogna togliere piuttosto che aggiungere decorazione. Io sto facendo questo percorso. Non è una scelta accademica, ma è quello che mi sta succedendo. Da una decorazione piuttosto ricca, quasi arabeggiante, piano piano sto tendendo a minimalizzare, a razionalizzare l’uso del vetro. Sto facendo degli oggetti più minimali. Sono più progettati. I primi li facevo invece di getto. Li immaginavo e li realizzavo". 

Con l’aumentare dell’altezza, il vetro diventa sempre più scuro, ricorda molto le profondità marine. Mi affascina. L’ispirazione è sempre un po’ il mare, i coralli, gli animali marini, il polpo, il granchio, la tartaruga

Campanella ha “rischiato” di fare il fotografo. "Ero molto appassionato di fotografia. Ho fatto anche delle mostre. La fotografia è rimasta una passione. Ma se ci si pensa, la fotografia è luce quindi il mio percorso era quasi segnato". E poi c’è la luce dei ricordi d’infanzia, "“mio padre aveva un bar e nel bar c’era una slot machine elettrica, a 20 lire. Quando dava la vincita faceva un sacco di giochi di colore. Io mettevo i soldi e poi scappavo nell’altra stanza a guardare i riflessi. Mio padre era un noleggiatore di flipper e i flipper sono delle bellissime lampade". 

Tra i clienti di Campanella c’è Peter Marino, l’archistar cresciuto nella Factory di Andy Warhol, la firma dei luxury store più innovativi e ricercati del mondo, Bulgari, Chanel, Dior. "Per ora mette i nostri oggetti negli anti-bagni. Noi speriamo di arrivare nei salotti, ma siamo fieri e onorati di fornire i nostri vetri a Peter Marino". A fatica riesco a strappargli qualche altro nome di clienti famosi, "Marta Marzotto, buonanima, aveva comprato un sacco di mie lampade, anche Luca Cordero di Montezemolo, Mario Martone, Jovanotti sono miei clienti". "Quello che mi rende fiero – tiene a precisare – non è tanto che siano personaggi famosi, quanto il fatto che si tratta di persone che girano il mondo, con disponibilità economiche, possono comprare qualunque cosa ma vengono qui e scelgono le mie lampade, questo mi rende orgoglioso". 

Campanella è un fatalista. L’unica cosa che progetta sono le sue luci, "non sono una persona ambiziosa. Faccio quello che sento, quello che capita. E capitano cose belle. Non desidero che i miei lavori arrivino chissà dove, non ho mai investito un centesimo nel marketing, sono davvero scarso in questo". Ma un’opera tira l’altra, e fa il giro del mondo, "ora un architetto molto quotato mi ha commissionato 12 coccinelle per la villa di un suo cliente alle Bahamas. Non so se è perché le coccinelle portano fortuna, ma questa villa è stata distrutta da un uragano e le mie lampade (che ora vogliono ripristinare) hanno resistito. Sono rimaste attaccate al muro. Sto inviando una tartaruga gigante ad altri clienti facoltosi appassionati di mare in America. In questo momento sto lavorando molto all’estero". 

Per Campanella l’importante non è piacere ma stupire. "Tutti abbiamo qualche forma di egocentrismo. A me piace stupirmi e poi stupire gli altri. Lavorare con le mani è una delle cose che può dare più soddisfazione. Il fare, il realizzare da solo un oggetto". E non sono oggetti semplicemente belli, hanno standard qualitativi alti, che competono sul mercato estero, "il mio non è un circuito d’arte, è un circuito di design e gli oggetti di design devono avere uno standard elevato dal punto di vista dell’illuminotecnica, altrimenti clienti come Peter Marino non li comprerebbero. Abbiamo raggiunto una qualità che mi soddisfa". Quando parla dei suoi punti di forza usa il plurale, quasi a volerli condividere. E non si considera un artista. "Un artista cerca di esprimere un concetto. Io no, esprimo luminescenza. È una ricerca diversa. Io sono un artigiano, magari contemporaneo, ma non un artista". 

I suoi punti di riferimento sono stati Ingo Maurer ("Che ha sempre fatto oggetti luminosi, è stato il primo ad usare i led, è stato sempre avanti") e poi Ron Arad "con i suoi oggetti in ferro, i suoi divani, le sue poltrone. Mi piaceva molto il suo approccio". E poi ha scoperto Danny Lane "che fa delle cose stratosferiche". Di Ron Arad Campanella ha fatto propria una massima: "Se ti imitano preoccupati. Ma se non ti imitano preoccupati di più, vuol dire che non stai dicendo niente".  

Un artista cerca di esprimere un concetto. Io no, esprimo luminescenza. È una ricerca diversa. Io sono un artigiano, magari contemporaneo, ma non un artista

Non gli piace il futuro perché gli sembra di non arrivare mai. "Ma se guardo avanti mi vedo sulla mia barchetta. Ho preso il libretto di lavoro quando avevo 15 anni e fino a quando non mi sono laureato ho lavorato d’estate. Ora ho 60 anni, sono 45 anni che lavoro o studio. Quindi lo scorso anno ho comprato una barca, vela e motore, e quest’estate faccio una prova, vado in Grecia. Vediamo un po’ come mi prende". 

 

Il mare, la luna, Giovanni Pascoli:  

 

Vedo stelle passare, onde passare: 

un guizzo chiama, un palpito risponde. 

Ecco sospira l’acqua, alita il vento: 

sul mare è apparso un bel ponte d’argento

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