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30 giugno 2022
di Silvia Inghirami

Mani in pasta

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“Solo il meglio del meglio”. Così soleva dire Giovanni Voiello per la sua pasta e così ripete oggi l’azienda nei suoi slogan pubblicitari. Da allora sono passati 143 anni e produrre “a regola d’arte” è un dovere che si vuole rispettare in onore del fondatore, della tradizione napoletana e dei consumatori, diventati col tempo sempre più esigenti. Voiello è pronta a farsi giudicare dai palati più raffinati e a farsi paladina dello spirito campano: la vita è un piacere che va vissuto appieno, in compagnia. Con questo spirito ha deciso di essere main sponsor di Procida Capitale della Cultura Italiana e di organizzare la “cena esagerata” aperta a 150 invitati.

Rischiamo di presentarci ancora al mondo come spaghetti e mandolino? No, secondo Carolina Diterlizzi VP Marketing Italia Barilla: cultura e gastronomia possono andare insieme con onore. “Anche la pasta è un’arte – spiega – e per Voiello la scelta di essere presenti a Procida Capitale della Cultura 2022, è stata naturale. I valori vanno all’unisono: valorizzazione del territorio e delle radici, attenzione alla qualità, accoglienza. Il territorio napoletano è fertile di grandi messaggi di generosità e di ricchezza, gli stessi che si trovano nel Dna della Voiello. Siamo a Procida con l’intenzione di costruire qualcosa che rimanga nel tempo, vogliamo lasciare un segno, con iniziative concrete”. 

Anche la pasta è un’arte e per Voiello la scelta di essere presenti a Procida Capitale della Cultura 2022, è stata naturale

La prima è stata la luminaria realizzata dagli artisti Domenico Pellegrino “che ha fatto della luce la firma della sua arte” e da Claudia Bartoli, docente dell’Accademia delle Belle arti. Un’opera che vuole valorizzare l’arte nobile e antica delle luminarie di paese e rappresentare un tributo di Voiello all’isola come nutrice di Enea. Nutrimento alimentare e spirituale, quindi, in onore della bontà e della bellezza.

Anche la “cena esagerata” sul molo di Marina Grande è un modo per raccontare Procida e celebrare il mare, la natura, il buon cibo. “Una cena esagerata – prosegue Diterlizzi - perché nell’animo di Voiello è la generosità, la ricchezza, l’appropriarsi di piaceri. Una tavolata che guarda la bellezza struggente del panorama tra l’isola e la terraferma con il Vesuvio sullo sfondo. Tra i commensali persone dell’isola e della regione, per comunicare il senso di accoglienza e unione. A loro l’onore di gustare la pasta Voiello preparata con gli ingredienti del territorio secondo le ricette dello chef procidano Marco Ambrosino. Tutto accompagnato dall’omaggio straordinario alla canzone classica napoletana con Peppe Servillo e i Solis String Quartet”.

I turisti che quest’anno andranno a Procida troveranno nelle camere di alberghi e B&B un kit di benvenuto: un cofanetto che conterrà una confezione in edizione limitata di Gran Penna Ruvida, un formato speciale di pasta né liscio né rigato ma, appunto, ruvidissimo e fatto solo con Grano Aureo 100% italiano; un set di ricette firmate dallo chef Ambrosino e una speciale cornice per inquadrare e fotografare gli scorci più panoramici e i momenti più intensi trascorsi nell’isola. “Vogliamo che chi viene a Procida si porti a casa il piacere della pasta Voiello e degli ingredienti del territorio anche a casa per continuare l’esperienza”.

La pasta non è una visione stereotipata, è cultura in senso lato.  C’è della nobiltà nel saper valorizzare le tradizioni e il modo in cui facciamo le cose

“La pasta – sottolinea Diterlizzi – fa parte del saper vivere italiano, del godere la vita senza rinunciare, fino all’ultimo morso. Non è una visione stereotipata, è cultura in senso lato.  C’è della nobiltà nel saper valorizzare le tradizioni e il modo in cui facciamo le cose”.

In queste capacità rientra anche Peppe Servillo “che ha una straordinaria capacità in poche note di raccontare la frenesia positiva che è nello spirito napoletano”. Così come Domenico Pellegrino, un artista siciliano con una straordinario sensibilità che lo rende unico, ideale per illuminare la nostra presenza a Procida”.

Ma come può Voiello preservarla e conservare la sua unicità all’interno di un grande gruppo industriale come Barilla? “Noi valorizziamo al 100% Voiello che non è un marchio, è un’azienda vera e propria, con una storia antica. Tutto iniziò da un ingegnere svizzero che arrivò in Italia per costruire la ferrovia Napoli-Portici e si innamorò della figlia di un pastaio; la disciplina svizzera si unì all’intuito e al saper fare napoletano. Poi il nipote trasformò il pastificio in un’ industria. Noi continuiamo a produrre nello stabilimento costruito dopo la seconda guerra mondiale, voluto da Giovanni Voiello, a Marcianise, in provincia di Caserta. Il radicamento è fondamentale per mantenere la qualità, l’esperienza, il valore di Voiello. Usiamo il grano aureo selezionato appositamente per noi e coltivato in Campania, Puglia, Molise e Basilicata: a conferma dell’unicità del prodotto. Questo grano ha il contenuto proteico necessario per garantire la qualità, la tenuta, il sapore particolari, garantisce il bilanciamento tra esperienza sensoriale, olfattiva, del colore, per rendere l’esperienza eccellente”.

Essere campani fa quindi la differenza e l’azienda fa di tutto per comunicarlo: “E’ un punto chiave, è nella nostra carta d’identità, tramandiamo un sapere antico. Vogliamo raccontare l’energia e la creatività dei napoletani, tutto quello che di bello il mondo ci invidia: il sapersi godere la vita con gioia, generosità, passione. Non una città stereotipata ma una città vera che offre il piacere e la voluttà in tutte le forme, anche quello di mangiare un piatto di pasta come Napoli comanda”. E Procida? “I valori di Procida capitale cultura sono di inclusione e generosità, elementi chiave per lo sviluppo del territorio che sono nel nostro Dna”.

Essere campani è un punto chiave, è nella nostra carta d’identità, tramandiamo un sapere antico.

Ai visitatori dell’isola Voiello propone delle penne: lo spaghetto ha perso appeal? Quali sono le tendenze nei consumi? “Gli spaghetti – risponde Diterlizzi - sono i principi della tavola. Gli italiani amano rimanere legati ai formati classici ma dall’altro lato sperimentare nuove forme o variazioni all’interno di forme classiche. Così lo spaghetto diventa più spesso; ora quello grosso va di più. Ma quello che conta è la capacità di adattare il gusto al formato. Per le vongole si continuano a preferire le linguine. La tendenza è a provare esperienze ricche e decise (quindi formati più spessi e sostanziosi) e a ricercare formati particolari che fanno parte della tradizione regionale, come ad esempio paccheri e calamarata. Le ricette, come quelle di Ambrosino, sanno poi valorizzare i formati con ingredienti tradizionali per piatti modernissimi”.

"Cala cala", scene da un baratto

“Cala cala”. Il pescatore grida per chiamare il contadino: attende la cesta con i prodotti della terra, in cui metterà in cambio del pesce fresco. Da questo baratto nasce la cultura gastronomica tradizionale di Procida. “Un patrimonio che tutto il mondo invidia”, racconta Leonardo Costagliola, assessore alle Attività produttive e al turismo dell’isola di Procida. “La nostra storia è legata al mare, ponte di comunicazione per la cultura del Mediterraneo, ma anche all’agricoltura. Nelle nostre acque abbiamo il pesce azzurro e bianco, crostacei e molluschi.

Ma stiamo riscoprendo e valorizzando colture autoctone. In primo luogo il ‘limone pane’ detto anche marzaiuolo, frutto della prima delle quattro fioriture della pianta; si tratta di un limone più grande con una parte bianca spessa, a bassa acidità. Con questo limone si è in grado di preparare un pasto completo: si comincia dall’insalata di limone, si prosegue con la pasta fredda al pesto di limone e menta e si conclude con un sorbetto di limone”.

Poi ci sono i carciofi, il peperoncino piccante (che si trova nella zona del Cottimo), la menta ma soprattutto i pomodori. “Abbiamo il pomodoro regginella, il pomodoro cecato e il pomodoro lampadina, proprio della zona della Chiaiolella”. Quest’ultimo ha una storia che – sottolinea Costagliola – merita di essere raccontata: “un agricoltore locale ha regalato i semi al suo amico Luigi prima di morire, Luigi ha piantato i semi e coltivato i pomodori. Poi ha raccolto altri semi e l’anno scorso mi ha chiesto di darli ad un agricoltore procidano. Io ho fatto un ‘furto’ di semi: ho preso questi semi e ho registrato il pomodoro lampadina. Infine, stiamo riportando alla luce il lupino, che era autoctono e presto diffonderemo le piantine”. “La cucina di Procida – conclude - è raccontata dall’unione tra i prodotti di terra e di mare”.

Una simbiosi che ci descrive anche Edoardo Costagliola, maestro elementare di Procida ed agricoltore, che nel suo orto produce tutte le materie prime delle ricette elaborate negli anni dai cuochi e cuoche dell’isola ed oggi rivisitate dagli chef.

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