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13 ottobre 2023
di Andrea Cauti

Favoloso Calvino

Arazzo Millefiori di Pistoia
Arazzo Millefiori di Pistoia
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Una mostra che vuole rappresentare visivamente il mondo di uno scrittore, l'autore italiano del '900 più tradotto al mondo, Italo Calvino, che vuole arrivare attraverso le immagini, i quadri, le fotografie, le opere d'arte figurativa alla comprensione dei testi in forma più articolata. Nel quadro del programma ufficiale delle celebrazioni del centenario della nascita dello scrittore, nato a Santiago de Las Vegas de La Habana il 15 ottobre 1923 e morto a Siena il 19 settembre 1985 le Scuderie del Quirinale presentano 'Favoloso Calvino.

Il mondo come opera d'arte. Carpaccio, De Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri', dal 13 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024. La grande mostra organizzata con la casa editrice Electa è curata da Mario Barenghi, docente di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università di Milano Bicocca e tra i massimi studiosi dell’opera dello scrittore.

La mostra, con più di 400 prestiti, propone un percorso tendenzialmente cronologico, che mira a illustrare i caratteri e l’evoluzione dell’immaginario calviniano dagli anni di formazione e dalle prime prove agli anni della maturità artistica, fino ai tanti progetti lasciati in sospeso. Si è però ritenuto opportuno inserire due premesse. La prima consiste nel riferimento lungo la cordonata al testo del 1971 Dall’opaco, che offre una suggestiva stilizzazione del paesaggio originario di Calvino; la seconda, nella prima sala, promuove l’immagine della foresta a emblema dell’intera opera calviniana, grazie all’installazione di Eva Jospin Forêt Palatine.

Nella sezione 2 si fronteggiano da un lato testi e materiali che documentano l’attività dei genitori di Calvino nei campi della botanica, della floricoltura e dell’agronomia, dall’altra riferimenti al cinema degli anni Trenta, oggetto di culto da parte del giovane Italo. Al centro della sala, l’originale installazione di Emilio Isgrò sulla Formica argentina funge da ponte tra un fenomeno reale e la sua futura trasfigurazione letteraria.

La sezione 3 mette a tema la svolta decisiva nella formazione di Calvino, la partecipazione alla Resistenza e la scelta della militanza politica. La durezza e l’intensità dell’esperienza trova nell’opera di Giuseppe Penone qualcosa di simile a un correlativo oggettivo. 

Calvino diventa Calvino nella seconda metà degli anni Quaranta, quando decide di dedicarsi alla letteratura, comincia a pubblicare racconti e articoli, ed entra nell’orbita della casa editrice Einaudi, di cui sarà per decenni una delle colonne portanti: ai ritratti dello scrittore ligure e all’ambiente einaudiano è dedicata la sezione 4.

Con la sezione 5 si affronta uno degli aspetti più caratteristici dell’attività calviniana, l’oscillazione e la commistione fra un’istanza realistica e una fantastica o fiabesca. L’opera di maggiori dimensioni dell’intera mostra è l’arazzo millefiori di Pistoia, capolavoro dell’arte rinascimentale in cui lo sguardo s’immerge e si smarrisce, come i personaggi dei romanzi cavallereschi in cerca di avventure. Le immagini della Torino industriale esposte sull’altro lato intendono rappresentare sia i ripetuti e vani tentativi di Calvino di scrivere un grande romanzo sull’Italia degli anni Cinquanta, sia i riferimenti alla contemporaneità che si leggono comunque in filigrana anche nelle opere dove l’immaginazione sembra più sbrigliata.

All’icasticità delle invenzioni calviniane – simboleggiata dall’armatura quattrocentesca prestata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna – fa riscontro il travaglio della scrittura, soprattutto nelle opere d’impianto realistico, qui esemplificato da alcune pagine dell’autografo della Speculazione edilizia conservato al Centro manoscritti di Pavia. Da qui in avanti, alla sequenza cronologica si sovrappone un’articolazione tematica, legata sia a necessità espositive, sia all’oggettiva compresenza nella produzione calviniana di filoni diversi. Calvino è uso lavorare contemporaneamente su più tavoli, e la successione delle opere pubblicate non sempre rispecchia l’ordine di composizione.

La sezione 6 indugia sul rapporto con le fiabe, che spazia dalla raccolta Fiabe italiane del 1956 alle favole di Esopo per Valerio Adami fino al mai realizzato progetto del Teatro dei ventagli (Fiabe bianche) concepito con Toti Scialoja.

L’arte è per Calvino un’inesauribile miniera di ispirazioni. La gamma dei riferimenti è quanto mai ampia, e comprende sia le scelte di copertina dei libri (mai casuali, mai secondarie, specie nel caso degli amati Klee e Picasso), sia gli scritti dedicati a singoli artisti (Carlo Levi, Giorgio de Chirico, Domenico Gnoli, Luigi Serafini, Enrico Baj, Tullio Pericoli e tanti altri), sia i casi in cui è proprio un modello visuale ad alimentare la creatività (come accade con Fausto Melotti, Giulio Paolini, Saul Steinberg): mentre, sul versante opposto, si registrano le opere e le installazioni direttamente ispirate ai suoi libri, come gli acquerelli di Pedro Cano sulle Città invisibili, il «veridico ritratto del signor Palomar» di Daniel Maja, Calvino di Richard Serra.

La sezione 7 è dedicata all’esperienza dei racconti cosmicomici, e più in generale, all’interesse di Calvino per l’astronomia, la geografia, la cartografia. Fra i pezzi esposti spiccano la mappa lunare di Gian Domenico Cassini e la rappresentazione del Mediterraneo del trecentista Opicino de Canistris, di cui si parla in Collezione di sabbia. Proprie dell’immaginazione cosmicomica sono poi l’antica, mai smentita attrazione per la forma del fumetto e la grande libertà inventiva, la commistione fra diversi piani del reale, ben presente anche nell’installazione di Mark Dion (vicino a Calvino anche per l’istanza archeologica ed enciclopedica).

Al centro della sezione 8 è 'Il castello dei destini incrociati', l’opera di Calvino più vicina all’esperienza dell’Oulipo: tant’è che qui sono esposti documenti sui rapporti con il gruppo parigino e con Raymond Queneau, l’unico scrittore straniero di cui Calvino abbia tradotto un’opera. Oltre ai tarocchi quattrocenteschi prestati dall’Accademia Carrara, la presenza di maggior impatto è senza dubbio il San Giorgio dalla grande tela del Carpaccio, figura che Calvino accosta a quella di San Girolamo in un rapporto fatto insieme di opposizione e reversibilità.

'Le città invisibili' sono il cuore della sezione 9, in cui campeggia un’opera di Fausto Melotti, artista al quale Calvino dichiara esplicitamente di essersi ispirato per la serie della 'città sottili'. Ma qui trovano anche spazio le città di De Chirico e di Borbottoni, le pietre di Magnelli, la grande scacchiera di Enrico Baj. A partire dagli anni Settanta Calvino dedica parecchie energie alla forma della descrizione (un impegno che culmina in Palomar) e nello stesso tempo compie importanti viaggi.

Particolare rilievo hanno nella sezione 10 le opere di Domenico Gnoli (su cui Calvino scrive in uno dei suoi numerosi contributi alla rivista di Franco Maria Ricci «FMR») e immagini del Messico, del Giappone, di New York. Il tema dell’ultima sala (Cominciare e ricominciare) ricorda soprattutto Se una notte d’inverno un viaggiatore; ma l’intento è anche di ricordare la quantità di nuovi progetti che Calvino aveva in cantiere al momento della sua scomparsa. Una nuova opera di Giulio Paolini, concepita appositamente per questa occasione, s’incentra sullo sguardo di Calvino, che rappresenta il filo conduttore della mostra. Imparare a guardare con occhi diversi è il presupposto per cambiare il mondo – o quanto meno, per salvaguardare la capacità di farlo.

La mostra si conclude con uno sguardo al cielo. Una volta usciti dalle Scuderie del Quirinale, lungo via XXIV Maggio nelle ore serali da domenica 15 ottobre, giorno in cui Calvino avrebbe compiuto cent'anni, sarà accesa Palomar, l'opera di luce che Giulio Paolini ha dedicato nel 1998 a Italo Calvino e al suo doppio, Palomar appunto, funambolo nel cosmo celeste. Eccezionale prestito della Fondazione Torino Musei e del Comune di Torino, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale con il supporto tecnico di Areti, società del Gruppo ACEA. L’opera è tradizionalmente esposta a Torino, nel periodo natalizio, lungo la centralissima via Po nell’ambito dell’evento Luci d’artista. 

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