instagram
20 dicembre 2023
di Guendalina Dainelli

Il favoloso mondo di Fernando Jacopozzi

twitterfacebook

“Se fai la brava, ti porto ad accendere la Tour Eiffel (Si tu es sage, je t'emmène allumer la Tour Eiffel), diceva spesso nonno Fernando a mia madre ancora bambina. Sembra incredibile ma succedeva davvero.” Véronique Tessier Huort Jacopozzi, nipote di Fernando, l’italiano che ha contribuito alla magia delle luci di Parigi, risponde al telefono dalla capitale francese con voce squillante. Il Natale è alle porte e Parigi è in fermento. “È un momento dell’anno fiabesco per noi parigini, e mi fa sempre un certo effetto pensare che anche la genialità di mio nonno, emigrato qui dall’Italia nel 1900 ad appena 23 anni, ha contribuito alla fama della ville-lumière.”

Restano poche informazioni su quel fiorentino ritratto in foto d’epoca con spavaldi baffi neri, che aveva preso residenza al numero 72 di Rue d’Assas, dietro al Jardin du Luxembourg. “Non sappiamo se fosse laureato in ingegneria, di certo fu un insaziabile autodidatta. Durante la sua avventurosa vita ha depositato almeno 20 brevetti ritrovati ad oggi. Ho creato un sito Internet che racconta la sua storia e cerco di coltivare la sua memoria recuperando foto e documenti online. Era molto ingegnoso, creativo ma anche determinato nel perseguire i propri progetti.”

E c’è da crederci. “Agli inizi del secolo scorso illuminò l'Opera, gli Champs-Elysées, i grandi magazzini, l’Arco di Trionfo, la Colonna di Place Vendome e la stessa Notre Dame. Non si spaventò neppure di fronte alla mole della Dama di Ferro” racconta la nipote, descrivendo il progetto di illuminazione della Torre Eiffel, culmine di una carriera avviata come installatore di ghirlande di luci animate nelle facciate dei negozi. Con incredibile maestria e creatività, si era fatto conoscere per aver dato vita a installazioni luminose che, accendendosi e spegnendosi secondo ritmi precisi, creavano scene in movimento diventate di gran moda nelle affollate vie del centro.

“La pubblicità sostituirà l'architettura” diceva l’architetto tedesco Hugo Häring, alludendo anche con toni critici al doppio volto che una città può assumere, di giorno e di notte, con l’uso della luce per scopi pubblicitari. Ma l’illuminazione notturna ha svolto compiti delicati nel corso della sua storia. Accanto a quello più evidente di favorire la visibilità, c’è anche quello della lotta al crimine perpetrato nelle ore notturne. Nel 1600, il re Sole Luigi XIV, fece distribuire lampade ad olio in tutta la capitale, chiedendo al popolo di tenere una candela accesa alle finestre. La Parigi di Haussman, alla fine del 1800, contava più di ventimila lampioni a gas. Con la lampadina elettrica le città si sono letteralmente accese, assumendo fin da subito (e anche dall’alto) un aspetto iconico e distintivo.

“Il lavoro di mio nonno è diventato cruciale durante la prima Guerra Mondiale quando le truppe tedesche avanzavano verso la Francia” ricorda Véronique. L’allora presidente del Consiglio, Georges Clemenceau, gli affidò un incarico delicatissimo: “ricostruire”, con le sue lampadine, la stazione ferroviaria della Gare de l’Est nella campagna fuori Parigi, tra le località di Villepinte e Seyran, per ingannare i tedeschi che, con i dirigibili Zeppelin e i plurimotori Gotha, si accanivano in particolare nelle ore notturne, sganciando le bombe sulle luci della città. “Il progetto doveva simulare i binari ferroviari e il movimento dei treni, strade, fabbriche, con un sapiente uso di luci, strutture in legno, impalcature di vario tipo. I giornali dell’epoca descrivono la genialità dell’idea, una minuziosa riproduzione del quartiere parigino a circa 12 km dalla città, ma l'armistizio arrivò prima che fosse conclusa.”

Eppure riconoscimenti per l’alto valore dell’impresa, un capolavoro di genere maturato in gran segreto, non sono mancati e per questo Jacopozzi ottenne la Legion d'Onore.

Passata la guerra, Parigi tornò a pensare in grande e nel 1925 Jacopozzi ottenne l’incarico di illuminare la Torre Eiffel, fiaccola di Parigi per l’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative. “Era riuscito a convincere gli eredi dell’architetto Gustave Eiffel e la Commissione delle Belle Arti. Mancava però uno sponsor, perché il progetto era molto costoso. Dove trovare i soldi?”  A quel punto risultò dirimente l’amicizia tra il fiorentino e André Citroën, un rapporto di stima nato in tempo di guerra durante le riunioni ministeriali, quando il governo convocava le migliori teste e i più importanti industriali del paese per affrontare l’emergenza. Il patron della Casa Automobilistica accettò di finanziare l’impresa ricevendo in cambio la menzione pubblicitaria. “Alcuni operai avevano le vertigini sulla torre, per questo sappiamo che anche artisti circensi, trapezisti, acrobati, ex militari della Marina Nazionale, lavorarono alla posa delle 250.000 lampadine. Fu un’impresa incredibile, epocale.”

Il 2024 è alle porte e il centenario dell’Esposizione, nell’aprile 2025, si avvicina. Il sogno della nipote è ora questo: “Mio nonno è stato molto apprezzato quando era in vita. È morto all’improvviso nel 1932 e in quegli anni di ascesa del Fascismo non era facile essere italiani. Forse anche per questo è stato un po’ dimenticato. Vorrei che tornasse ad avere il riconoscimento che merita, magari con l'intitolazione di una strada qui a Parigi. Ma pensiamo anche a Firenze, la sua città natale, dove torniamo regolarmente. Penso sia giusto che questo ingegnoso fiorentino sia riscoperto dai concittadini. In fondo, mio nonno Fernando rappresenta un pezzo di storia per entrambe le città.”

Tag

Seguici su

instagram