Biopic, remake, storici, adattamenti da romanzi. Abbondano al cinema, a scapito di soggetti originali. Come è invece quello di “Suspicious Minds”, passato ad Alice nella Città – sezione autonoma e parallela della Festa di Roma dedicata alle giovani generazioni – nel penultimo effervescente giorno della kermesse. A firmare questa storia, oltre che la sceneggiatura e la regia, è Emiliano Corapi, romano, qui al suo terzo lungometraggio. Una pellicola che ha altre frecce al suo arco, oltre a quello di proporre un plot inedito. Infatti, questo “thriller sentimentale” – come lo definisce l’autore – è come le scatole cinesi: si sovrappongono vari “scompartimenti” mentali, intendendo per essi temi e punti di vista. Ciascuno capace di imporsi sugli altri, per poi cedere loro il posto, in un meccanismo senza smagliature.
La trama è semplice: due coppie – Fabrizio ed Emilie, moglie e marito maturi, figli adolescenti e matrimonio ventennali l’una; Giulia e Daniele, fidanzati giovani ed esuberanti l’altra – raggiungono Roma in vacanza. Risiedono nel medesimo hotel, ma la sera stessa del loro arrivo Fabrizio – che proprio a Roma ha conosciuto la bionda olandese che avrebbe poi sposato per vivere con lei all’estero – e la ragazza, che studia arte a Milano e ha “trascinato” il coetaneo Daniele a conoscere la Capitale – si ritrovano per caso chiusi nell’ascensore che va in tilt imprigionandoli nella cabina per un’ora e mezza. Irritazione e preoccupazione di tutti e quattro, ma quando l’inconveniente si risolve la vacanza sembra incanalarsi nel proprio alveo. Sennonché un fiume sotterraneo comincia a scorrere nella mente dell’introverso Daniele, paladino dell’amore assoluto: cosa hanno fatto, che cosa si sono detti i due confinati nell’angusto spazio? Lei, spavalda, ride dei sospetti e lui si impegna a scacciarli (il titolo rimanda a una ballad di Elvis Presley che nel ritornello canta: Non possiamo andare avanti insieme con delle menti sospettose…).
Ma anche sull’altro fronte, un matrimonio diventato routinario, si accende una miccia, allorché Emilie dice al marito di non essere gelosa, e lui, per provocarla, le rivela di aver fatto sesso con la sconosciuta dell’ascensore. Comincia così un’altalena di dinieghi che paiono bugie e di ammissioni che sembrano altrettanto. L’ambiguità della situazione ha il potere di scatenare pulsioni inaspettate: nella coppia matura in un primo momento riaccende il desiderio, poi cominciano a volare gli stracci delle accuse incrociate e della constatazione di un rapporto al capolinea.
Perché anche i due rimasti fuori dalla fatale cabina vengono sospettati: che cosa hanno fatto nell’attesa, sono andati a prendere un caffè in un pub fuori dell’albergo e poi è avvenuto altro? Corapi alimenta la curiosità dei protagonisti e degli spettatori perché inserisce flashback degli “spaiati”: Giulia prima isterica nell’ascensore cede poi a confessioni sempre più intime e intriganti per Fabrizio; Emilie passa dalla indolente freddezza che la caratterizza alla involontaria scoperta del lato più imponderabile di sé. Un’eccitazione tenuta a freno sulla quale si interroga in una scena che riassume il nocciolo del film: nella toilette del pub si guarda a lungo allo specchio, e vede una persona pronta a varcare lo steccato del perbenismo, dell’abitudine, dei ruoli assegnati una volta per tutte.
Nella toilette del pub si guarda a lungo allo specchio, e vede una persona pronta a varcare lo steccato del perbenismo, dell’abitudine, dei ruoli assegnati una volta per tutte
Ecco l’essere e l’apparire, dunque. Il così è se vi pare. Perché poi chi ci assicura che il tradimento che Giulia piangendo confessa a Daniele e Fabrizio, rabbioso, a Emilie, sia davvero avvenuto? E che gli altri due non abbiano fatto altrettanto? E poi, come si incrocia il sentire di due generazioni, quarantenni e ventenni, che un cortocircuito del caso mette faccia a faccia?
Corapi ha il merito di aver orchestrato il gioco al massacro (ricordate “Carnage” d Polanski?) senza mai far cadere la tensione, sullo sfondo di una Roma poco da cartolina e più da cornice indifferente. I protagonisti di aver assecondato la mano del regista: Francesco Colella (che alla Festa del Cinema ha avuto una parte di rilievo in “Volare” di Margherita Buy) infila bene la maschera dell’uomo comune, giocoforza abituato al tran tran e all’improvviso acceso da guizzi di sensualismo e di rabbia; l’attrice olandese Thekla Reuten quella della moglie che ha ormai archiviato la passione salvo scoprire che la vita serba sorprese anche nel proprio io; Matteo Oscar Giuggioli ha il broncio del ventenne insicuro e fragile; Amanda Campana (Premio Rb Casting) è via via allegra, sfrontata, irascibile, inconsolabile, comunque acerba.
Ora per “Suspicious Minds” – che si apre e chiude con la bella canzone “Begin the End” dei Placebo e si avvale della colonna sonora ora nervosa ora sentimentale, ma mai stucchevole di Giordano Corapi - appuntamento nelle sale cinematografiche.
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