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18 luglio 2022
di Guendalina Dainelli

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Se ne trovano di  tutti i colori, “fatti a mano”, realizzati con carte riciclate, di Amalfi o pergamene, manoscritti, con bassorilievi o ceralacca, dal sapore antico e aristocratico. In questo caso, vanno riposti con cura sulla scrivania in eleganti cofanetti da cui pizzicarne qualcuno con nonchalance al termine degli incontri. Possono essere ecologici, in sottilissimi fogli di metallo o in bamboo con i dati dell’intestatario incisi a laser.  Sempre più sono digitali, dotati di un QR Code che trasmette sul telefonino tutti i dati necessari per supportare il business, da quelli anagrafici, ai link di pagamento, dei social media o della Google location.

Il buon vecchio biglietto da visita rimane uno strumento tra i più economici a supporto del made in Italy in giro per il mondo

In fatto di biglietti da visita, tra detrattori ed estimatori, tra chi ne suora il requiem o il peana, il mondo degli affari e gli esperti di business etiquette si divide. E se un recente articolo di Forbes propone i consigli di un esperto su come rendere la propria business card più accattivante delle altre sparse su un tavolo da meeting, giova ricordare che nel 1922 l’americana Emily Post, decana della moderna etiquette, scrisse addirittura breve trattato su corrette dimensioni, grammatura della carta e specifiche di stampa.

Certo è che il buon vecchio biglietto da visita rimane uno strumento tra i più economici a supporto del made in Italy in giro per il mondo. A patto però che non si trasformi in un imperdonabile auto goal. Conoscere usi e costumi del paese in cui ci si muove pertanto appare cruciale, come ci racconta Ginevra Niccolini Serragli. Un passato ad Hong Kong, oggi agente Real Estate ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, e una lunga consuetudine con bigliettini di ogni provenienza.

In Giappone, ad esempio, lo scambio delle carte da visita è una vera e propria cerimonia che prende il nome di Meishi. Per chi guardi all’Estremo oriente con garanzia di successo è bene sapere che qui la distribuzione dei biglietti segue un rigido protocollo. Che procede in rigido ordine gerarchico, dal più alto fino all’ultimo in organigramma. In modo alternato, il biglietto va offerto e ricevuto con leggero inchino, va tenuto con ambo le mani e rigorosamente rivolto a favore del ricevente. Obbligatorio mostrare interesse e attenzione per il pezzetto di carta. Se è accettabile chiarire la corretta pronuncia del nome, produce invce un effetto molto sgradevole l’idea di scriverci a penna qualcosa o, peggio ancora, di riporlo frettolosamente in tasca. L’ultima cosa da fare, poi, è quella di afferrarlo con la sola mano sinistra, considerata impura in diverse culture.

L’ultima cosa da fare, poi, è quella di afferrarlo con la sola mano sinistra, considerata impura in diverse culture.

Anche nel Middle East e in particolar modo nel Golfo, nonostante le accelerate del Web 3.0 e del Meta Verso, il biglietto da visita è ancora uno strumento molto in voga. Il tavolo da meeting nel mondo arabo va allestito con un occhio sempre attento al marketing. Includere taccuini per appunti, penne, gadget personalizzati con loghi aziendali produce l’idea di un certa prosperità, apprezzata in paesi in cui la misura non ha sempre lo stesso valore che in Occidente. E un congruo arsenale di business card preventivamente distribuite sul tavolo è segno di professionalità e dimestichezza con il mondo degli affari.

Nessun limite, dunque, a vergature d’oro (si può osare anche quello zecchino) e a fronzoli regali in grafica su fondo scuro, che invece è di pessimo auspicio in Estremo Oriente. E se davvero si vuole lasciare il segno, il biglietto va stampato con una versione in arabo su uno dei due lati. Infine, si valuti l’opportunità di un dono, che nel mondo arabo non è impegnativo per chi lo riceve (mentre si ritiene nobiliti chi lo offre).

Qui la fascinazione per il Made in Italy è davvero trascinante e qualunque prodotto nostrano, gastronomico o accessorio, ha fama di essere bello o buono, sicuramente ben fatto. E a questo punto, buona fortuna. A Dio piacendo. O Inshallah, come si usa dire da queste parti.

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