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19 luglio 2023
di Guendalina Dainelli

Di violini, Stradivari e perseveranza

Cremona, Museo del Violino 
Cremona, Museo del Violino 
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“I violini di Antonio Stradivari e di Giuseppe Guarneri, quelli della scuola cremonese del Settecento furono scelti dai grandi violinisti di fine Ottocento, come Paganini, De Sarasate. Furono loro a consacrare la grandezza del liutaio, scegliendo i suoi violini come i migliori per eseguire le loro opere.”

A Cremona riapre  la casa del maestro liutaio Antonio Stradivari, probabilmente nato nella città lombarda nel 1644 e dove produsse più di mille strumenti musicali a corde. Il merito della riapertura va, in gran parte, al violinista napoletano di origine svizzera Fabrizio von Arx, protagonista di un viaggio che l’ha portato alle origini della prestigiosa arte della liuteria italiana.

“All’epoca di Stradivari vivono, suonano e compongono musicisti del calibro di Vivaldi, Corelli, Locatelli, Gimignani, è l’epoca delle rock star del violino. Propria la sinergia, il lavoro con i più grandi sono alla base della sua grandezza. Musicisti e liutai collaboravano per realizzare lo strumento più performante.”

Musicisti del calibro di Vivaldi, Corelli, Locatelli e Gimignani vissero, suonarono e composero all'epoca di Stradivari: era l'epoca delle rockstar del violino

Fabrizio von Arx intraprende lo studio del violino all’età di cinque anni. A dieci è già vincitore di diversi concorsi nazionali per giovani talenti tra cui il prestigioso concorso di Vittorio Veneto. A sedici debutta come solista con l’orchestra della Rai di Napoli. Diplomatosi al Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli, prosegue gli studi a Ginevra, ottiene il diploma di Virtuosité e si perfeziona presso la prestigiosa Indiana University Jacobs School of Music di Bloomington.

“Nel 2017 mi prestano un violino, uno Stradivari “Madrileno” del 1720, per una registrazione musicale. È stato subito colpo di fulmine per lo strumento” racconta Von Arx. “Sono quindi riuscito ad acquisire quel violino assieme all’imprenditore svizzero Olivier Plan. Nel 2020, proprio in occasione dei suoi 300 anni, mi venne l’idea di portarlo a Cremona, la’ dove per certo era stato fabbricato. Volevo realizzare un documentario, che sono anche riuscito a concludere. Erano i primi momenti di deconfinamento dopo la pandemia.”

La storia del maestro a questo punto si riempie di emozioni. “Quando arriviamo a Cremona, città che conoscevo bene perché mi sono perfezionato all’Accademia Stauffer, chiediamo di girare la conclusione del documentario nella casa di Stradivari, quale naturale chiusura del progetto. Purtroppo però troviamo la casa non valorizzata, al piano terra c’era addirittura un negozio.  Ma la suggestione è fortissima, tornare con quel violino è stata una folgorazione. Sentivo la casa animata da fantasmi, c’erano violini appesi, c’era musica da tutte le parti, una magia. Eravamo commossi fino alle lacrime”

La pandemia, poi, torna poi a colpire. Durante i nuovi confinamenti nasce la Fondazione Casa Stradivari di cui oggi von Arx è direttore artistico e nel giro di un anno e mezzo il progetto della riapertura prende corpo in stretta sinergia con il Comune di Cremona.

“Il violino è italiano, certamente è possibile affermare che sia parte del Made in Italy, ricordo infatti che la liuteria cremonese è Patrimonio immateriale riconosciuto dall’Unesco. Prenda, ad esempio, la scuola francese del 1800, è meravigliosa, ha prodotto violini che eseguono perfettamente i quartetti di Beethoven, ma quando si passa ad un altro periodo, post-romantico o precedente, quegli strumenti risultano un po’ incompleti. Lo stesso si può dire ad esempio per altri violini della scuola tedesca, sono adatti per altri periodi. Il Settecento cremonese e gli Stradivari e Guarnieri eseguono tutta la storia della musica, l’intero prisma, lo spettro che va da Bach ai contemporanei, ed è perfetti sia per solista che per un quartetto. È qui che risiede la grandezza dello strumento.”

Il violino è italiano, sicuramente possiamo affermare che è uno dei beni culturali dell'Italia, infatti ricordo che la liuteria cremonese è un patrimonio immateriale riconosciuto dall'UNESCO

Stradivari ebbe due mogli e 11 figli, solo dei quali due, Francesco e Omobono, seguirono la professione paterna, senza però eccellere. Già prima del 1700, infatti, la sua fama aveva superato quella di Nicoló Amati, suo maestro, e degli Stainer. “La terra cremonese è stata sempre terra di conquista. Dopo la peste del 1628, la penisola attraversava di nuovo tempi duri a cavallo tra Seicento e Settecento, tra le dominazioni francesi e spagnole. Guerre, stenti e privazioni per il popolo ma anche grandi feste e celebrazioni al palazzo ducale di Cremona, dove si celebravano le vittorie. Durante quelle serate si suonavano i violini di Stradivari. L’Infanta di Spagna, che era una melomane e una grande appassionata di musica, se ne innamorò. Ne ordinò 12 da portare in Spagna, altri presero la via della Francia e la fama di Stradivari si diffuse ovunque”

Oggi, la nuova casa di Stradivari vuole essere un luogo di accoglienza, formazione ed ospitalità per musicisti e liutai, per perpetrare tradizioni secolari. Della casa è stata recuperata anche l’altana, il “secadur”, dove Stradivari appendeva ad asciugare i violini appena verniciati. Ma se c’è qualcosa che Stradivari ci insegna dell’arte della liuteria è anche la perseveranza.

“Non ci sono formule segrete, né per quanto riguarda i materiali, né per le vernici, come spesso si legge. Certo fu un grande intarsiatore, ma Stradivari riuscì a realizzare i violini migliori grazie alla sua longevità. Morì a 93 anni ma è a 60 che cambiò e ripensò il violino del suo maestro Amati, ingrandendolo, migliorandolo. Lo fece in un’età in cui sia oggi, che a maggior ragione all’epoca, si usa ritirarsi in pensione. Insomma, la sua fu una gara per la perfezione che venne vinta sulla lunga distanza, con infinita pazienza e passione e in età già avanzata.”

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