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1 agosto 2023
di Alessandro Galiani

Vacanze italiane

Vacanze romane (1953) di William Wyler, con Audry Hepburn e Gregory Peck 
Vacanze romane (1953) di William Wyler, con Audry Hepburn e Gregory Peck 
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In questa strana estate post-Covid, Roma e l’Italia, tra una bomba d’acqua e l’altra, sono invase dai turisti e sono tornate a essere dei luoghi del desiderio, un po’ come ai tempi della “Dolce Vita”, dei paparazzi, di via Veneto e della Fontana di Trevi, un monumento ingombrante e un po’ kitch che, più di 60 anni fa, Federico Fellini, ha trasformato in un set cinematografico, facendolo diventare un simbolo dell’italian way of life e rendendolo quasi più famoso del Colosseo, e di San Pietro.

Un po’ come la corsa in Vespa per Roma di Gregory Peck e Audrey Hepburn in “Vacanze romane”, un’esperienza che oggi le agenzie di viaggio ripropongono ai turisti per fargli respirare l’aria del “Cupolone” e fargli rivivere nostalgicamente una Roma che Hollywood, trasferitasi a Cinecittà per motivi di budget, era riuscita a filmare con la sapienza di un grande regista come William Wyler, usando la città come sfondo di una favola romantica, come un grande set a cielo aperto.

Anche oggi, in questa Italia così penalizzata dai mutamenti climatici, così fragile e indifesa, torniamo a essere una perfetta location internazionale e quasi quasi in certi momenti ci sembra di tornare indietro nel tempo e ci torna anche un po’ di voglia di vivere, con tutti questi turisti in arrivo, specie quelli americani, pieni di soldi, coi loro “dollaroni” pesanti e sonanti, per i quali i prezzi italiani, per quanto spesso saliti vertiginosamente, restano convenienti.

Con la loro voglia di “made in Italy”, di “italian style”, questi turisti sparsi tra Roma, Firenze e Venezia, fino in Toscana, Emilia Romagna, Umbria e giù per “li rami”, di questa nostra penisola, non cercano solo prodotti materiali, ma sono alla ricerca e alla scoperta di esperienze, di “food, fashion e furniture” – cibo, moda e design – le tre F del lusso.

Mescolano i monumenti, le antichità, secoli di storia, con un concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo, gli Internazionali di tennis, gli Open di golf, una partita di calcio all’Olimpico – peccato che il Campionato di Serie A sia finito ma magari in futuro riusciremo a inventarci qualcosa per far giocare Roma e Lazio anche d’estate, quando il flusso dei turisti è al top – in attesa di coniugare meglio bellezza, cibo, fitness, sport e cultura, perché questo boom del turismo, un po’ ci dà fastidio ma al tempo stesso ci stimola la fantasia e la creatività e riesce a farci tornare il buon umore. È un toccasana, un’iniezione di fiducia ma anche di liquidità, visto che dai primi dati provvisori dell’Istat ricaviamo che a gennaio-febbraio le presenze complessive sono cresciute del 45,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, con un 70% di presenze straniere in più.

E che ora, nell’estate più piovosa che l’Italia ricordi a memoria d’uomo, tra frane, cavalcavia allagati, strade che diventano torrenti, alberi che cadono, un alternarsi, “very tropical”, di sole e nuvoloni, happy hour e secchiate di pioggia, spiagge affollate e investite da mini-tornado e trombe d’aria, il fiume di turisti continua ad ingrossarsi, a scorrere, così come il “biondo” Tevere e l’Arno, mai così in piena. 

"Questo boom del turismo – spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – fa bene al Pil dell’Italia ma non all’inflazione. L’economia italiana nel primo trimestre ha viaggiato a un ritmo superiore a quello di Francia e Germania, ma siamo il fanalino di coda tra i Paesi europei per quanto riguarda il rallentamento dell’inflazione". Inoltre, aggiunge, il cambiamento climatico "ha allungato l’estate e questo per chi lavora nel turismo è una buona notizia, perché la stagione dura molto di più. L’estate non è solo luglio e agosto come prima, è molto più lunga e, anche se i disastri climatici sono aumentati, il periodo delle vacanze si è allungato, piove meno ma fa più spesso caldo che freddo, il che è male per le risorse idriche e bene per il turismo".

Ma cosa cercano tutti questi turisti? In giro non vedi più russi e cinesi, ma in compenso se passi per Trastevere a Roma, Ponte Vecchio a Firenze, o sotto Ponte di Rialto a Venezia devi fare a gomitate per farti largo. E in mezzo a quella ressa non c’è dubbio la maggior parte sono stranieri, o meglio turisti, perlopiù in cerca di una qualche forma di “Dolce Vita”, che però ormai è solo il ricordo sbiadito del capolavoro di Federico Fellini e somiglia più al nome di un ristorante, di un caffè, di un dolce o di un piatto di pasta.

Oggi è sinonimo di “Made in Italy”, quasi il video, la colonna sonora, il “come eravamo” dell’Italia all’epoca del boom, del Miracolo economico.

D’altra parte la stessa espressione “Dolce Vita” è fuorviante, perché evoca uno stile di vita spensierato, mondano e piacevole. Oggi è sinonimo di “Made in Italy”, quasi il video, la colonna sonora, il “come eravamo” dell’Italia all’epoca del boom, del Miracolo economico.

“Marcello, come here. Hurry up!”, dice l’esotica Venere nordica Anita Ekberg, che entra nella fontana di Trevi e, trasgredendo ogni regola ma anche con assoluta innocenza, invita un ubriaco e inebriato Marcello Mastroianni a seguirla. Quell’immagine, che è probabilmente la scena più famosa del film, è scandalosa, trasgressiva, iconica.

Il 3 febbraio 1960, quando il film venne presentato al pubblico italiano con due serate di gala, gran parte della sala non si riconosce in quella scena. Federico Fellini racconta così quell’evento: "Il film è stato seguito con enorme interesse e con una curiosità che in qualche punto è sembrata persino malsana. A un certo momento, un gruppo di persone ha cominciato a inveire: ‘Basta! È uno schifo! Qui si danneggia l’Italia’. Si è trattato di una reazione breve, ma piuttosto intensa, subito sommersa dagli applausi di coloro ai quali il film è piaciuto. Quando sono uscito, un tale mi ha sputato addosso. Non so chi sia stato. Mi è sembrato un vecchio. Una signora mi ha chiesto scusa a nome di tutti dicendo che questo gesto rappresentava una vergogna".

Oggi nessuno pensa più allo choc, alle polemiche, all’indignazione di quell’Italia bigotta, provinciale e qualunquista che s’indignava di fronte a quelle immagini così nuove, intense e ancora oggi inconfondibili. La Commissione censura, esaminato il film, ne ha limitato la visione ai maggiori di 16 anni. Mario Verdone, critico cinematografico, il padre di Carlo, l’ha trovato un capolavoro e così anche Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini, l’élite intellettuale dell’epoca. Tuttavia se chiedi oggi a un turista della “Dolce Vita”, lui non pensa al film di Fellini, la maggior parte non lo ha neanche visto – i più giovani poi neanche sanno cos’è – ma ti guarda con gli occhi spalancati e fa: “A beautiful pasta?”.

I turisti che arrivano in Italia spesso non sanno bene neanche loro perché lo stanno facendo, o meglio lo sanno ma non riescono a spiegarlo bene

I turisti che arrivano in Italia spesso non sanno bene neanche loro perché lo stanno facendo, o meglio lo sanno ma non riescono a spiegarlo bene. A una giovane americana 20enne della Virginia chiedo cosa l’ha spinta a venire a Roma. Mi risponde: "Il Colosseo". E la Fontana di Trevi, quella della Dolce Vita? le chiedo. "Non la conosco".

Sua madre, una robusta 45enne, invece the Trevi Fountain, sa cos’è, ma anche lei è innamorata del Colosseo: "Venendo dall’Aeroporto è una delle prime cose che ho visto, non volevo crederci… wonderfull!. Come la Piza". Cosa? "La Piza, la torre, l’altra volta che siamo venuti in Italia siamo andati a Pisa, ma la Piza era chiusa, non siamo riusciti a vederla…".

La famiglia di virginiani per girare Roma per tre giorni ha prenotato due van privati, al prezzo di 1.700 euro. I maschi sono extra-size ma il conto mi è sembrato ugualmente troppo salato. Loro però non si lamentano. Sono venuti in Italia e a Roma per i monumenti, il Colosseo, in particolare, ma anche il cibo e lo shopping li fanno impazzire: i vestiti, la moda… diciamo il made in Italy, o meglio, l’italian style, lo stile, il gusto italiano, quello che Fellini ha fatto veicolare con la “Dolce Vita”, e che ora è di nuovo esploso. I virginiani per definirlo non hanno dubbi: "It’s the journey of a life time!": l’Italia, per loro è il viaggio di una vita! Un sogno.

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