Ci incontriamo in un torrido mattino di agosto quando in Romagna i titoli di giornale sulla canicola hanno sostituito quelli sui disastri dell’alluvione. “Nell’immaginario collettivo questa è una terra di turismo familiare, low-cost, inclusivo, è una terra che non smette di essere accogliente, ma è anche profondamente intrisa di cultura, dai mosaici bizantini ai grandi della letteratura italiana, come il Pascoli, Moretti, è una terra capace di stupire.”
È una terra profondamente intrisa di cultura, dai mosaici bizantini ai grandi della letteratura italiana, come il Pascoli, Moretti, è una terra capace di stupire
Gianfranco Brunelli, vice presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi, condivide il merito di aver inserito il Museo di San Domenico, ubicato in un convento domenicano del XIII secolo, nella geografia della più prestigiosa offerta museale italiana. “L’acqua dell’alluvione di maggio ha risparmiato la chiesa, quasi un miracolo. Quando si chiuderà la prossima mostra, quello che chiamo il mio diciannovesimo figlio, sarà trascorso un anno esatto dalle giornate del fango. La ripartenza sarà piena”.
In cantiere, infatti, c’è una grande proposta culturale. “Preraffaelliti. Rinascimento moderno”, in programma dal 23 febbraio al 30 giugno 2024, è l’ultimo nato, l’ultimo figlio unico (per usare parole di Brunelli) del museo forlivese. “È un progetto autonomo, né affittato né itinerante. Ha conosciuto tre anni di gestazione, metterà in scena almeno 300 opere e vanta collaborazioni curatoriali di primo piano. E rispetto ad altre sullo stesso tema che si sono svolte a Torino, a Milano, a Ravenna, avrà l’ambizione della completezza e di un confronto con gli antichi. Perché i Preraffaelliti ci ricordano questo, che ogni presente sceglie il proprio passato”.
È un’immersione nell’Inghilterra vittoriana quella proposta, quando la Confraternita dei Preraffaelliti mosse alla riscoperta dell’epoca leggendaria di Giotto e Botticelli. Un’esposizione dedicata alla corrente artistica sviluppatasi in Gran Bretagna nella seconda metà del XIX secolo negli anni in cui imperversavano in Europa moti e tumulti popolari. Quando Karl Marx e Friedrich Engels, nel 1848, scrivevano il loro Manifesto del Partito Comunista e la Primavera dei Popoli correva da Parigi a Budapest, un gruppo di giovanissimi artisti conduceva la propria rivoluzione in seno alla rigorosa Royal Academy di Londra, alla ricerca di una sorta di “grado zero” dell’arte. Ma quello proposto, è anche un viaggio che arriva agli anni Venti del Novecento, nelle opere degli artisti, anche italiani, che dal lavoro dei britannici trassero a loro volta ispirazione.
Quando Karl Marx e Friedrich Engels, nel 1848, scrivevano il loro Manifesto del Partito Comunista e la Primavera dei Popoli correva da Parigi a Budapest, un gruppo di giovanissimi artisti conduceva la propria rivoluzione in seno alla rigorosa Royal Academy di Londra, alla ricerca di una sorta di “grado zero” dell’arte
"C’è un pensiero sull’Italia da parte dei Preraffaelliti e c’è un’Italia che ripensa se stessa. In anni di grandi rivoluzioni e di rottura con i dogmi delle accademie, questi giovanissimi artisti sono alla ricerca di un’arte ideale e lo trovano nella grande arte italiana. Ritornano agli antichi, all’arte che precede Raffaello, all’opera Giotto e Botticelli, al Trecento e al Quattrocento, ad un medioevo in parte immaginario, romanticizzato. C’è il tentativo di tornare ad una purezza ideale e formale primigenia dell’arte che in fondo non c’è mai stata, che è stata solo immaginata. Ma ciò che inoltre vogliamo evidenziare è che quando, a cavallo tra i due secoli, artisti italiani come Giulio Aristide Sartorio e Adolfo De Carolis riscopriranno l’arte italiana, lo faranno attraverso i Preraffaelliti. La loro valutazione artistica passa attraverso questa rivoluzionaria rilettura di artisti inglesi, che hanno proposto una nuova ermeneutica. Per questo parliamo di un ‘nuovo Rinascimento’".
Da Dante Gabriel Rossetti a Edward Burne-Jones, Ford Madox Brown, Frederic Leighton, tutti i più importanti nomi del movimento artistico compaiono nella ricca proposta forlivese, in cui saranno presenti anche le arti grafiche e decorative. "Madox si riferisce a Tiziano, con colori che diventano più cupi e duri, c’è poi il riferimento a Giorgione, il “venetismo” diventa una delle categorie di Rossetti. Leighton guarda alle figure del Michelangelo “mosso” che preludono alle incompiute e al “non finito”. È un mondo che ha immaginato di resistere alle derive dei cambiamenti sociali attraverso la ricerca di un ritorno alla verità, impossibile per definizione. Una ricerca del Sacro Graal che Burne-Jones ha espresso attraverso il ciclo artusiano"
La Romagna, dunque, anche come terra di raffinata cultura, determinata ad imporsi sempre più in questa chiave. "Non sono solo nell’aver coltivato l’idea di Forlì come centro artistico capace di ospitare grandi mostre. In questo, è stato importante il dialogo con Antonio Paolucci, storico dell'arte, ex ministro della Cultura, riminese, grande amante della nostra terra. E con opere come Ebe di Antonio Canova e dipinti di Guido Cagnacci, protagonista del Seicento con Caravaggio, ospitate qui nel San Domenico, il nostro non è certo un museo di provincia. Il valore sociale dell’arte è imprescindibile. La ripartenza della nostra terra inizia anche da qui, dall’arte, che ne è forse uno dei motori principali"
8 luglio 2024
30 aprile 2024