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13 marzo 2023
di Massimo Basile

C'era una volta in Asia

L'attrice malese Michelle Yeoh riceve l'Oscar come miglior attrice protagonista per "Everything Everywhere All at Once"  
L'attrice malese Michelle Yeoh riceve l'Oscar come miglior attrice protagonista per "Everything Everywhere All at Once"  
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Madri, nude look e molta Asia. “Everything everywhere all at once” miglior film e Michelle Yeoh migliore attrice protagonista e prima asiatica a vincere l’Oscar per il ruolo principale. Brendan Fraser miglior attore per “The Whale”. “Niente di nuovo sul fronte occidentale” migliore pellicola internazionale. E poi il vietnamita Ke Huy Quan, miglior attore non protagonista e Jamie Lee Curtis come miglior attrice non protagonista. E poi tutti quei grazie alle madri, protagoniste invisibili e super citate nella 95ª notte degli Oscar del cinema, andata in scena al Dolby Theater di Hollywood, dove il look estremo ha segnato un’altra svolta.

Le madri ovunque, con le loro storie, i loro sacrifici, il loro esempio silenzioso

E’ tradizione ringraziare i genitori, i premiati lo fanno da più di sessant’anni, ma stavolta la serie di ringraziamenti alle madri è balzata agli occhi di molti critici cinematografici. Le madri ovunque, con le loro storie, i loro sacrifici, il loro esempio silenzioso, come nelle notti di gala dei giocatori di basket, cresciuti nelle periferie, inseguendo l’American Dream. Le madri sempre. Dentro e fuori dal set. Negli Usa e in Asia. La madre coraggio interpretata da Yeoh, 60 anni, madre, moglie, titolare di una lavanderia, donna che a un certo punto finisce in un mondo parallelo. “Non fatevi dire da nessuno - è stato il suo messaggio dopo aver ricevuto il premio - che siete sfiorite”.

E poi le madri della vita vera, non del metaverso. Quella che ha trasmesso alla figlia, la costumista Ruth Carter, di “Black Panther”, il senso del potere delle donne afroamericane. Quella di Quan, che lasciò il Vietnam con i figli a bordo di un barcone, per regalare loro un futuro. E la madre di Jamie Lee Curtis, Janet Leigh, a cui l’attrice ha dedicato una parte del discorso di ringraziamento per l’Oscar, ricordando la sua nomination, così come quella al padre, l’attore Tony Curtis.

C’è stato spazio per un ricordo della madre anche per Daniel Kwan, uno dei due registi di “Everything everywhere all at once”, quando ha detto: “Sognava di fare la ballerina”. Quelle madri di tutto il mondo definite da Yeoh “super eroine”. E Volker Bertelmann, premiato per la migliore colonna sonora originale per “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, che ha citato la volta in cui sua madre gli disse: “se vuoi cambiare il mondo, comincia a cambiare te stesso e le persone che ti stanno attorno”.

E il grazie alla madre da parte di Paul Rogers, per il miglior montaggio con “Everything everywhere all at once”. E il pancione nascosto da Rihanna, dopo le polemiche per il suo show al Super Bowl. Passa agli archivi un altro show formidabile aperto dalla giacca a petto nudo di Lenny Kravitz, dal vestito da sirenetta di Dolce & Gabbana di Halle Bailey, il tuxedo Fendi di Jay Ellis (“Top Gun 2”), quello Armani di Fraser, il rosa petalo Prada del vestito di Hong Chau (“The Whale”), il giallo pallido Versace di Kerry Condon (“L’isola degli spiriti”), l’abito da disco anni ’90 con scollatura estrema di Eva Longoria e il due pezzi firmato Vera Wang e indossato da Janelle Monáe.

Trasparenze ovunque, vestiti minimalisti, sull’onda della nuova moda aggressiva, uscita dal lockdown della pandemia e già evidenziata dalle riviste di moda

Ma il “nudo look” l’ha fatta da padrona fin dal red carpet. Trasparenze ovunque, vestiti minimalisti, sull’onda della nuova moda aggressiva, uscita dal lockdown della pandemia e già evidenziata dalle riviste di moda. Ma c’ stato anche molto altro. Va in archivio una edizione in cui ha prevalso la volontà di rendere gli Oscar un evento globale, inclusivo, un po’ da manuale Cencelli, con molti protagonisti afroamericani, molte donne, moltissimi asiatici, con la vittoria del documentario su Alex Navalny, fiero oppositore del presidente russo Vladimir Putin.

C’è stato anche spazio per l’India, con l’Oscar per la miglior canzone originale andato agli autori del brano “Naatu Naatu”, del film colossal di Bolllywood “RRR”, che ha battuto le grandi favorite Rihanna e Lady Gaga, loro sì molto castigate. La prima in abito scuro e lungo, la seconda in versione casual, senza trucco, pantaloni strappati, ma grandi protagoniste.

Elegante come sempre Steven Spielberg, uscito a mani vuote, in corsa per il miglior film, “The Fabelmans”, dedicato alla memoria dei genitori. Anche qui c’è una madre, che con il marito, accompagna il figlio piccolo per la prima volta al cinema, segnando per sempre la sua vita. Spielberg probabilmente avrebbe parlato di lei, se avesse vinto l’Oscar. 

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