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15 dicembre 2022
di Massimo Basile

L'albero di  Natale a New York è una storia italiana

L'albero di Natale del Rockfeller Center 
L'albero di Natale del Rockfeller Center 
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Nessuno ha mai detto che il Natale è troppo luminoso. Semmai: sogna in grande. Semmai: credi nella magia della stagione. Semmai: è il momento per brillare. Come le jingle ladies che si fanno la foto davanti all’albero di Natale del Rockfeller Center. Come il ragazzo che, all’improvviso, in mezzo ai turisti, si mette in ginocchio, estrae un piccola scatola blu, tira fuori l’anello e chiede alla fidanzata, “will you marry me?”. Lei, mentre attorno la gente è tutta presa a riprendere l’albero e non si accorge di niente, resta per un attimo senza parole, poi sente le lacrime salire, dice sì e lo abbraccia, baciandolo. Tu sei lì che stai guardando la scena e non capisci se è una cosa reale o una gag, perché non c’è nessuno che la riprenda con un video. Ma ti sbagli: gli amici della coppia sono alle tue spalle, hanno tutti il cellulare puntato su di loro e applaudono. Questa non è una fiaba, è New York, dove tutto è calmo e luminoso, direbbe Bing Crosby, e lo scintillio è il nuovo nero che rende elegante la città e sta bene su tutto.

Se l’albero del Rockfeller esiste è merito degli italiani, e non poteva essere diversamente

Ma se l’albero del Rockfeller esiste è merito degli italiani, e non poteva essere diversamente, poi capirete perché. Adesso vi basti sapere che è lì, a una ventina di metri da voi, oltre la pista di ghiaccio dove la gente pattina: è un abete rosso norvegese alto venticinque metri, illuminato da cinquantamila luci al Led, legate da un filo lungo otto chilometri. Ha una novantina d’anni, arriva da Queensbury, New York. Lo hanno portato qui il 12 novembre, è stato acceso il 30 con diretta televisiva e resterà l’attrazione luminosa per tutte le feste, per poi essere smontato, tagliato, lavorato e trasformato in una casa da destinare a una famiglia, per il progetto di Habitat for Humanity.

Se per i newyorkesi questo posto tra la 48ª e la 51ª è il cuore di Midtown, Correll Jones detto “siigeeei”, dal suono delle sue iniziali, CJ, è il vero sindaco di New York. Ce l’ha pure scritto sul biglietto, nel caso non ci crediate. CJ ha 60 anni, se ne sta con il completo grigio e il cappello con visiera calato in testa: da vent’anni è l’uomo che accoglie migliaia di persone in visita ogni giorno davanti all’albero di Natale, transennato per motivi di sicurezza. Ogni mattina Mister “Siiigei” si fa 45 minuti di treno da Flatbush, Brooklyn, si piazza davanti all’ingresso del Rockfeller Center, al numero 30, e fa il “sindaco” dalle 10 alle 6 di sera.

I turisti non lo conoscono, ma per i newyorkesi è una celebrità. E’ apparso in una clip del conduttore del “The Tonight Show”, Jimmy Fallon, ha stretto la mano a due ex presidenti degli Stati Uniti, Bill Clinton e Barack Obama. Il 30 Rock, oltre a una serie televisiva di successo, è una città nella città, con quattordici edifici Art Deco, inclusi il Radio City Music Hall, gli studi radiofonici della Rca e quelli televisivi della Nbc. CJ è il front man. Se volete farlo felice chiamatelo “Mayor”, sindaco. “Una volta - racconta - un candidato sindaco si era messo a fare un’intervista qui dietro. Alla fine gli sono andato incontro, gli ho dato il biglietto da visita e detto: ehi, fare il sindaco non è un lavoro facile”. E scoppia a ridere.

L’albero illuminato, pur avendo una novantina d’anni, non era ancora nato quando è cominciato tutto. “Furono gli operai che lavoravano al cantiere del Rockfeller Center - racconta Patricia Geremia, blogger newyorkese innamorata di Firenze - era il 1931 la fine della Depressione. Gli operai misero insieme i soldi e decisero di comprare un abete da piazzare vicino al grattacielo in costruzione”.

Un giorno si presentò al cantiere con un abete alto sei metri. Era il suo modo per dire: siate felici, ragazzi, abbiamo un lavoro in tempi di Depressione

Era un abete balsamico, di quelli che si trovavano nel nord America. Lo portò un giorno Cesidio Perruzza, nato una cinquantina d’anni prima a San Donato Val di Comino, provincia di Frosinone. Arrivato negli Usa nel 1901, Perruzza viveva a Brooklyn con la moglie Gerarda. Un giorno si presentò al cantiere con un abete alto sei metri. Era il suo modo per dire: siate felici, ragazzi, abbiamo un lavoro in tempi di Depressione. Perruzza faceva parte di quella squadra di operai italiani che negli anni avrebbe tirato su letteralmente Manhattan, non solo il Rockfeller Center, ma il tribunale a Foley Square, la metropolitana sulla Sixth Avenue, il primo Madison Square Garden e il palazzo delle Nazioni Unite.

La moglie di Perruzza e quelle degli altri lavoratori italiani realizzarono a mano le ghirlande e raccolsero file di mirtilli rossi con cui adornare l’albero.

“Poi - scrive Geremia nel suo blog - gli operai si misero in fila accanto all’abete per ricevere la paga settimanale”. Due anni dopo il Rockfeller Center decise di trasformare l’idea di un italiano in tradizione annuale. Scelsero un albero alto quindici metri. Tre anni dopo ne misero due a segnare la nuova pista di pattinaggio. Durante la Seconda guerra mondiale venne decorato con motivi patriottici, ma nel ’44 rimase senza luci perché c’era il razionamento elettrico. A guerra finita l’albero venne illuminato di notte con fari a luce ultravioletta, per renderlo fosforescente. Nel ’51 l’accensione venne ripresa in diretta tv dalla Nbc. Venne l’epoca degli gli abeti giganti, colorati, le luci che ti guidano a casa ogni notte, il riferimento luminoso della città d’acciaio. Era ormai nato uno show, che lo avrebbe reso l’albero più famoso al mondo.

Adesso è sormontato da una stella Swaroski da quattrocento chili e tre milioni di cristalli. Lo vedrete e direte: questa è la città che amo. Lo vedrete e penserete: ciao New York, oggi stai benissimo. Tutto molto americano, ma perché qualcuno pensasse a piazzare un albero nel cuore di Midtown ci voleva un italiano. Uno capace di portare calore in un cantiere, di dire questo è il momento più bello dell’anno. Di attenuare con un’intuizione la solitudine dei grattacieli. Nel dubbio, sosteneva Perruzza, diffondete sempre una scintilla.

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