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29 gennaio 2024
di Lidia Lombardi

Vestire con la Natura

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Faggio, eucalipto, betulla. Per fare bluse, t-shirt, canottiere. La seta artificiale, per camicie e abiti, senza “sfruttare” il paziente lavoro dei bachi. La lana morbida, cento per cento naturale, il cachemire, l’alpaca. Il lino, la canapa. Entra d’impeto la Natura nell’abbigliamento e nei tessuti creati all’insegna dell’ecosostenibilità. E’ la mission di Altramoda, l’impresa che opera nelle Marche, a Fossombrone, e che ha intuito, quindici anni fa, la tendenza del mercato all’acquisto di prodotti da zero impatto sul sistema Terra, quel delicatissimo laboratorio che ci permette di vivere, a condizione di non alterarne le regole.

L’idea proviene da Elena Mancinelli, che ha fondato l’azienda e la amministra. Dopo la laurea in conservazione dei beni culturali conseguita all’Università di Parma, ha indirizzato la propria attività nel settore biologico. Coerente con la propria formazione, perché produrre rispettando la Natura è conservare un capolavoro planetario, al pari dell’unicum rappresentato da un capolavoro artistico.

 

 

“Ho cominciato diventando socia di una cooperativa agricola in provincia di Bologna – racconta Mancinelli a Mag – consapevole già negli anni Duemila dell’importanza del biologico. Da qui sono passata all’agriturismo, alla trasformazione di prodotti agricoli in conserve alimentari, alla cosmesi. Ma poiché mi interessava il biologico a 360 gradi, ho rivolto il mio impegno all’abbigliamento. Le prime esperienze sono state attuate con aziende italiane o commercializzando abbigliamento biologico proveniente dalla Germania. La necessità di una produzione etica è aumentata nel 2005, quando sono rimasta incinta. Ho recepito la richiesta delle mamme di salvaguardare la pelle dei bambini coprendola con tessuti naturali, colorati con tinture dotate di certificazioni che ne garantissero l’innocuità”.

Ha intercettato una domanda nascente. L’impegno morale ha sposato il fiuto imprenditoriale. E’ nato così Altramoda.net, un web-store multimarca con richieste, oltre che dall’Italia, dall’estero. Lo scorso dicembre è stato inaugurato il sito europeo Altramoda.bio dedicato a Germania, Francia e agli altri Paesi europei. Consegne entro 24/48 ore, e in un futuro non troppo lontano, ipotizza Mancinelli, “la possibilità di temporary commerce in negozio”. Ma riannodiamo il filo dell’exploit.

“Abbiamo agito per step. Per l’infanzia, con pannolini biologici, non usa e getta, ma da lavare e riutilizzare. Ecco poi il marsupio, le magliette, il resto della biancheria dedicata ai più piccoli. Nel 2013 abbiamo cominciato a produrre calze realizzate in cotone biologico, canapa, lana naturale. Consapevoli che l’intimo è la nostra seconda pelle, ci siamo rivolti agli adulti, maglie, felpe, leggins, aggiungendo anche tessuti per la casa, come i lenzuoli. Infine, outfit, l’abbigliamento. Indumenti non solo antiallergici, ma belli, perché siamo italiani e lo stile per noi è importante. Sono nate collezioni disegnate da nostri stilisti, anche stranieri. Nella prossima primavera lanceremo nuove Capsule Collections Made in Italy, prodotti per le donne in vendita anche BtoB. L’obiettivo per il biennio 2024-2025 è appunto l’abbigliamento sostenibile: bello e durevole”.

Il ritorno al capo che si utilizza per anni, al contrario di quanto si compra nei mega store.

“E’ possibile proprio perché in Altramoda il cotone è cotone al cento per cento ed è biologico, senza una traccia di sintetico, come l’elastan. Altro best seller è la lana: privo di acrilico, come una volta. Oltretutto la lana, compreso il cachemire, può essere riciclata, a differenza dei tessuti misti o sintetici, che dopo lo scarto finiscono in discarica. Anche il lino è in purezza. E viene rilanciata la canapa, un tessuto di nicchia con il quale si può produrre una moda particolare, pezzi quiet luxury, dallo stile vissuto, più casual. Si pensi che i primi jeans, i Levi’s di fine Ottocento, erano di canapa, fibra resistente anche all’umidità, alla muffa. Ecco allora i tailleurs e anche gli abiti o le t-shirt a maniche lunghe misto canapa e cotone. Rivolgiamo anche attenzione all’abbigliamento sportivo: la nuova linea in lana merinos naturale salvaguarda una corretta termoregolazione”.

Che cosa è la seta vegetale?

“Proviene dal residuo della lavorazione del cotone, i filamenti che ricoprono i semi. Vengono lavorati come una sorta di viscosa, altro tessuto simil naturale perché è fatta con la polpa di legno trasformata con procedimento chimico in pasta tessile. Tornando alla seta vegetale, i filamenti derivati dalla lavorazione del cotone si trasformano in filo leggero, lucido. Il Giappone ne ricava tessuti molto raffinati, per l’intimo e per le camicie. Si intercetta così anche il trend vegano, che va in cerca di prodotti gentili nei confronti degli animali, siano essi anche cosiddetti bachi da seta, che così possono tornare ad essere semplicemente bachi”.

 

 

E poi ci sono gli indumenti derivati interamente dal faggio, dall’eucalipto, perfino dalla betulla.

“Ci serviamo di fibre provenienti dalla Svizzera. Qui le foreste vengono gestite con rispetto, gli alberi abbattuti sono subito ripiantati e posseggono il certificato FSC, Forest Stewardship Council. Come per la viscosa, questi tessuti derivano da un processo ecocompatibile: gli additivi chimici sono controllati, anche per quel che concerne il versamento nelle acque. Insomma, se c’è meno chimica nella fibra, ce n’è meno anche nell’ambiente, nelle acque e sulla pelle”.

Il cotone biologico da dove viene?

“Dalla Turchia, dagli Stati africani e dall’India: qui in particolare esiste un forte gruppo equo solidale Fairtrade: per superare lo sfruttamento dei lavoratori, la filiera è tutta certificata”.

 Altramoda è anche partner del marchio ACT, nato in Kenia.

“In questo modo intercettiamo un problema spinoso: in seguito ad accordi con l’Europa e gli Stati Uniti, l’Africa riceve una certa quantità di rifiuti e tra questi anche abbigliamento usato di cui tutti noi ci disfiamo. Montagne di indumenti inquinanti, perché per lo più costituiti da fibre sintetiche, che non si possono riciclare ma solo buttare in discarica, creando residui dannosi per l’ambiente. Se invece gli scarti sono in fibre naturali, possono essere recuperati. A Nairobi il marchio ACT (Africa Collect Textiles) riciclando crea imbottiture per cuscini, sedili, ma anche granulati di gomma per la suola delle scarpe. Inoltre ripara e utilizza i jeans di cotone oppure produce tessili  per la casa, strofinacci, tappeti, zaini, borse, ciabatte. Alcuni capi vengono destinati a case di riposo e orfanotrofi. Altri finiscono in negozi vintage. Infine si realizzano collaborazioni con aziende europee. Si attiva così un circolo economico virtuoso che limita lo spreco e l’inquinamento ambientale e che impiega personale locale. Sono 21 i dipendenti diretti e 80 gli artigiani e negozianti esterni. Molte le donne, che possono anche lavorare nelle proprie abitazioni, con tutti i vantaggi sociali che tale tipo di occupazione comporta”.

Vestiamoci con la Natura è lo slogan di Altramoda.

“Con un corollario:  dalla moda alla consapevolezza, cambiamo in meglio il Mondo!!”.

 

 

 

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