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8 gennaio 2024
di Ivana Pisciotta

Il raggio che restituisce bellezza

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Diceva Picasso: “L’arte scuote la polvere dell’anima accumulata nella vita di tutti i giorni”. E di arte e di bellezza ce n’è davvero bisogno in questo mondo. Non si tratta solo di un fattore puramente estetico, perché il recupero della memoria è fondamentale ed è reso possibile grazie allo studio delle opere e dei monumenti dei secoli andati: per questo si dice che l’arte sia lo strumento per studiare e risalire al passato.

Solo il lavoro di restauratori, di tecnici e di storici dell’arte è in grado di preservare sapientemente i capolavori dall’usura del tempo e dall’intervento dell’uomo. Un esempio emblematico e un messaggio di speranza è il “caso” del gruppo El.En, fondato 42 anni fa a Firenze e quotato all’Euronext STAR di Borsa Italiana, 13 stabilimenti produttivi, che impiegano circa 2100 dipendenti.

Da sempre leader nel settore dei laser in ambito medico e industriale, la società da diverso tempo si è specializzata anche nella progettazione e fabbricazione di tecnologie fotoniche in ambito artistico. Ad oggi si parla di più di 35 siti Unesco, che sono stati trattati con i suoi laser. Un impegno significativo quello del restauro a cui la società attribuisce un valore molto importante, anzi si può dire una missione sociale.  Paolo Salvadeo che è il direttore del gruppo, ci spiega perché restaurare un’opera con il laser ha dei vantaggi.

«I laser non sono tutti uguali fra di loro proprio perché ogni opera d’arte è una storia a sé. Sono apparecchiature pensate per poter lavorare su diversi materiali (ad esempio pietra, marmo, metalli, ma anche affreschi e tele pittoriche), e che riescono a rimuovere micro strati indesiderati senza dover ricorrere, ad esempio, a sabbiatrici ad alta pressione come accadeva in passato, o a sostanze chimiche che possono corrodere l’opera. Noi favoriamo insomma l’uso di energia pulita, sostenibile, non aggressiva, senza l’utilizzo di alcun tipo di chimica».

Da quanto tempo siete operativi nel settore dei Beni Culturali?

In realtà la pulitura laser rappresenta una tecnica già consolidata, inventata all’inizio degli anni Settanta, dal fisico statunitense John Asmus, che ho avuto l’onore di conoscere personalmente. Quando Asmus ha capito che i laser potevano riportare i capolavori a nuova vita, rispettandone le superfici originarie e il loro valore storico, si è avvalorata l’idea di poterli utilizzare anche in questo settore. Noi abbiamo, sin dagli anni ’80, fatto tesoro degli insegnamenti del Professor Asmus, ed infine, nei primi anni 2000 ci siamo cimentati al punto da aver creato una divisione ad hoc, “Light for Art”, proprio per ridare luce ai capolavori di un tempo.

Da qui è partito il cosiddetto business…

Chiamarlo così è una parola grossa, soprattutto nel nostro Paese dove lo stanziamento di fondi per preservare i beni culturali non è sempre adeguato. Prova ne è il fatto che, nonostante l’Italia vanti di possedere il 25% del patrimonio artistico mondiale, ci sono ancora molti monumenti in condizioni pietose ed esposti all’inquinamento atmosferico causato dalle industrie, dalle emissioni dei mezzi di trasporto, e dal riscaldamento domestico. Senza parlare di come è ridotto l’ambiente interno delle chiese antiche….

Più di altri monumenti sono esposte ai pericoli di deterioramento. Ma perché?

Perché per molti secoli in questi ambienti la luce non era a disposizione. Celebranti e fedeli le visitavano con le candele, o peggio ancora con le lampade ad olio che creano un nero fumo spaventoso, che alla fine va ad intaccare non solo la parte lapidea ma anche quella pittorica. Tutte le Chiese hanno patine nere, in tutto il mondo. Ci si ostina ancora ad usare candele e ceri quando basterebbe per le offerte una lucina elettrica che non fa danni.

Ci faccia un esempio…

La cattedrale di Notre Dame, dove, in collaborazione con ECP France, sono stati messi a disposizione cinque nostri sistemi laser nel cantiere per completare i restauri dopo il devastante incendio del 2019. Su alcune volte non si vedeva nulla, e quando hanno fatto ricorso ai nostri laser per eliminare il nero fumo, ma anche la cosiddetta “crosta nera”, hanno scoperto che c’erano superfici policromatiche bellissime, testimoniate dai sacri testi, ma che erano rimaste occultate per secoli.

Qual è in sostanza il vantaggio di operare con il laser per i beni culturali?

Tramite i laser, i restauratori riescono a rimuovere gli strati che si sono depositati sull’opera e che la stanno aggredendo, e lo fanno in modo selettivo, dosando l’intensità dell’energia, la potenza media e selezionando i giusti parametri con varie lunghezze d’onda a seconda del tipo di intervento. Gli strati che vengono rimossi hanno lo spessore di micron e dunque si evita di scavare in profondità con metodi meccanici. Vengono pertanto rimossi millesimi di millimetro di strato fino a quando non è stato raggiunto un livello di pulitura accettabile. Il tutto sempre rispettando un principio chiave del restauro moderno, teorizzato da Cesare Brandi, secondo il quale un’opera non si deve riportare allo stato originario tralasciando quello che è successo nei secoli ma mantenendone la cosiddetta “patina”. Il “restauro critico” di Brandi propone il progetto di recupero come una “lettura” del monumento, da conservare nella sua stratificazione storica, tra immagine e materia, nella forma in cui ci è pervenuto.

Attraverso il restauro critico l’intervento tende a conservare il massimo di informazioni contenute nel bene, molte delle quali stanno nella patina.

È lungo l’elenco delle opere finora restaurate con i laser della società: dal Ponte di Rialto ad alcune opere della Cappella della Sacra Sindone dopo l’incendio del 1997, alla Cappella del Cardinale del Portogallo nella chiesa di San Miniato a Firenze, al David di Donatello, al Sacro Mantello di Maometto, alla Torre di Pisa, al Duomo di Orvieto (che era stato imbrattato da alcuni vandali), ad alcuni affreschi di Pompei. Più recentemente, grazie ai laser del gruppo El.En. sono state restaurate anche alcune parti del Colosseo, l’arco di Costantino, quello di Settimio Severo, la Domus Aurea e la Basilica Sotterranea di Porta Maggiore a Roma, ma anche le Catacombe di Domitilla e quelle di Priscilla.

Quali altri progetti avete in cantiere?

Dopo la Cattedrale di Lincoln, dove hanno operato i nostri laser, stiamo aspettando di avere il via libera per realizzare alcuni test di pulitura su Westminster Abbey ed entro la fine dell’anno dovremmo avere una risposta. Sempre in Inghilterra, ai nostri partner locali abbiamo manifestato la disponibilità a supportare con i nostri laser anche la pulitura di alcune facciate, molto annerite, nel cortile interno di Buckingham Palace, ma c’è una trafila burocratica da rispettare. È il Re in questo caso che deve decidere se aprirci la porta.

I tempi per questo tipo di interventi mi sembra che siano lunghi…

Assolutamente sì. Prima di intervenire, c’è una lunga fase di diagnostica dello stato di un’opera che diventa imprescindibile e fondamentale. Prima di effettuare qualunque pulitura con il laser, bisogna cioè fare delle analisi iconografiche ad altissima risoluzione, sia nel visibile che attraverso i raggi infrarossi o ultravioletti e in alcuni casi anche con quelli X. Poi ci sono i tempi della burocrazia, perché non si può operare senza il via libera della Sovrintendenza o di altre autorità preposte. L’intervento vero e proprio dura qualche mese, ma per ottenere le varie autorizzazioni possono anche trascorrere tempi molto lunghi.

Come sono composte le vostre squadre di formazione?

Abbiamo un team interno, composto da archeologi ed esperti di conservazione e restauro dei beni culturali, che sovente affiancano i restauratori, i quali, oltre ad essere gli unici che possono intervenire su un’opera, devono aver ottenuto un diploma rilasciato dalle scuole di alta formazione e studio autorizzate dal Ministero della Cultura. Sono pochissime, e tra queste Torino, Firenze e Napoli formano anche all’utilizzo del laser. I tecnici specializzati in Italia non sono molti, poche centinaia.

Gli investimenti per recuperare il nostro grande patrimonio artistico sono sempre considerati esigui, le regole del bilancio pubblico non permettono allo Stato di essere generoso. Ed è un peccato…

Sarebbe infatti necessaria una maggiore sensibilizzazione delle istituzioni perché i fondi pubblici sono davvero pochi. Ed infatti spesso a sponsorizzare il restauro di un’opera è un soggetto privato, come nel caso della fontana del Nettuno, detto volgarmente “il Biancone”, che sta a Piazza della Signoria a Firenze, il cui intervento (nel quale è stato utilizzato anche il nostro laser) è stato sponsorizzato da Ferragamo con il benestare ovviamente della Sovrintendenza.

Quanto costa un intervento di restauro?

Dipende dall’opera e dal tipo stesso di intervento. In linea di massima si parte da 50 mila fino a qualche milione di euro.

Non è quindi un business appetibile?

Pensi che sul nostro fatturato consolidato 2022 di 673 milioni, il business dei laser per i beni culturali ha rappresentato meno 1 milione di euro. È quindi un segmento molto piccolo, il che è un grosso peccato perché i monumenti fanno parte della nostra storia e avere la possibilità di tramandarla è per noi motivo di grande orgoglio. Non solo, rappresenta un valido strumento di marketing perché ci dà credibilità anche nel settore medicale-estetico e in quello chirurgico. Possiamo dire che la stessa cura che abbiamo di un Michelangelo, Raffaello, o di un Leonardo, la portiamo sulla pelle di tutti i pazienti. Il fil rouge che unisce i nostri interventi sia nel settore dei beni culturali che in quello dell’estetica o della chirurgia è insomma quello della bellezza, del rispetto e della precisione.

Qual è l’intervento su un capolavoro artistico che le ha dato più emozione?

Quello sugli ultimi due affreschi che ha dipinto Michelangelo prima della morte e che stanno nella Cappella Paolina, quella privata del Pontefice. Mi sono trovato davanti ad essi al buio, e poi, quando è stata accesa la luce, poter ammirare sul ponteggio l’ultimo autoritratto dell’artista, a pochi centimetri di distanza, è stata un’esperienza che non dimenticherò facilmente”.

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