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3 maggio 2023
di Lidia Lombardi

I fiori del mare

Giardino di Giulia 
Giardino di Giulia 
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Dal blu al verde, dal mare alla terra, dai fondali invischiati di alghe e posidonie alle aiuole di rose, al mirto, ai pini dall’ombroso ombrello, ai cespugli di rosmarino fiorito di violetto. La costa italiana è un susseguirsi di giardini, pronti a regalare frescura per rintuzzare l’afa. Si nutrono della brezza che arriva dal largo, sanno resistere ai venti di burrasca. Ed è esperienza elettrizzante arrivarci non dalle statali o da una sterrata, ma dal mare, scendendo dall’imbarcazione dopo l’attracco a un porto, o l’ancora gettata in caletta.

Si possono visitare, molti di questi parchi, anche arrivando da terra, dunque. Ma si può anche affittare una barca, se non se ne possiede una, per entrarci dalla spiaggia, dallo scoglio, dalla duna. C’è una guida che aiuta nell’esplorazione. Si intitola “I giardini sottocosta”, 800 fotografie in 450 e passa pagine di racconti e schede di 70 giardini, aperti al pubblico, firmata da Nicoletta Campanella, esperta di giardini storici ma anche di moda e costume ispirati al floreale, per Nicla Edizioni, editrice leader nel settore. Un libro di panorami, curiosità e di inedite storie di famiglie e personaggi che del paesaggio e della botanica hanno fatto la loro passione. Così viaggiamo lungo lo Stivale scendendo dalla Liguria alla Puglia, risalendo l’Adriatico fino alla Venezia Giulia, sostando in Sicilia e Sardegna.§

La costa italiana è un susseguirsi di giardini, pronti a regalare frescura per rintuzzare l’afa

Già, la Sardegna. Campanella ricostruisce la nascita della Costa Smeralda e dei suoi primi frequentatori. E comincia dalla delusione provata dal principe Karim Aga Khan il 29 dicembre 1960, quando arrivò per la prima volta nell’isola per visitare i possedimenti appena acquistati. Confessò: “Era come una riserva di caccia, non c’era acqua corrente né elettricità, non c’erano case né industrie di alcun tipo. Ero infelice di aver investito in quel posto”. Tornerà l’estate successiva e la bellezza della costa lo conquista. L’architetto Busiri Vici progetta la prima villa, a Liscia di Vacca, per la modella Madame Bettina. Il resto del complesso del Consorzio Costa Smeralda, immaginato nel più totale rispetto della Natura (solo piante autoctone negli spazi verdi) sorge tra il ’61 e il ’62, salutato dal jet set internazionale, compresa – nel 1964 – la regina Elisabetta scesa dal suo panfilo per prendere un tè con la sorella Margaret e suo marito, lord Snowdon.

Del resto, la predilezione per l’estate al mare in Italia era stata avviata da un’altra blasonata, la principessa Paolina Bonaparte. La quale alla prima residenza in Costa Azzurra, a Grasse, preferì poi una villa a Viareggio, cominciata a costruire nel 1822, poco tempo dopo che il mare aveva restituito il corpo di Shelley, il poeta romantico inglese naufragato con la sua goletta “Ariel”. Si dice che Paolina facesse il bagno in mare nuda, avvolta da una ghirlanda di fiori. Ma è pur vero che altre due signore, che con lei inventarono la villeggiatura, per prime chiesero a un couturier, Charles Frederick Worth, di confezionare abiti per le attività all’aria aperta, comprese le passeggiate sul bagnasciuga: erano l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, e Pauline von Metternich.

Paolina Bonaparte aveva abitato alcuni mesi affacciandosi sul mare anche nel 1814, allorché raggiunse il fratello Napoleone in esilio nell’Isola d’Elba, ospitata nella dimora a picco sul mare, oziando nel giardino dove un sentiero saliva verso un faro, tra macchia mediterranea, cipressi e piccole palme. Ma dove all’Elba le palme abbondano, arrivando a 36 specie diverse, è nel giardino dell’Ottone, a Portoferraio.  Un parco nato nell’Ottocento, ampliatosi fino ad arrivare sulla spiaggia. Il vanto, tra le specie tropicali, è la palma blu, così chiamata per il riflesso che le foglie assumono quando le tocca il sole di mezzogiorno. La villa dell’Ottone è anche il risultato di un’amicizia. La creò Giuseppe Garbari, possidente terriero di Trento, incoraggiato dal sodale Giorgio Roster, professore di chimica biologica all’Università di Firenze. La sua residenza elbana, villa Ottonella, abitata dal 1895, confinava con quella di Garbari, permettendo ai due lunghe passeggiate a discettare della comune passione botanica. Il trentino non resistette al dispiacere della morte dell’amico, nel 1927, e vendette il giardino. La famiglia che lo acquistò lo ha conservato com’era.

La predilezione per l’estate al mare in Italia era stata avviata da un’altra blasonata, la principessa Paolina Bonaparte

Scendendo a sud nel Tirreno, una sosta obbligata è Villa Cimbrone, a Ravello, sul promontorio roccioso, Cimbronium, dove nell’XI secolo svettava un castello. La barca può essere ormeggiata ad Amalfi, ma va di moda l’approdo al porto-isola di Marina di Arechi, progettato da Santiago Calatrava. Poi si affronta la salita, sbirciando la costiera più affascinante del mondo. E dire che Villa Cimbrone, amata dai letterati del Grand Tour, a fine Ottocento scontò disinteresse e incuria. A “salvarla” un banchiere inglese, lord Grimthorpe, aiutato da un eclettico ravellese doc, Nicola Masi. Grazie al loro inverato sogno, oggi possiamo passeggiare sotto la volta di glicini bianchi e blu del viale dell’Immenso, sederci accanto al tempietto di Ceres, odorare nella Terrazza delle Rose la corolla della Banksia cara a Virginia Woolf, trattenere il fiato affacciati alla Terrazza dell’Infinito, che abbraccia il paesaggio marino fino all’orizzonte più lontano.

Sull’Adriatico la prima costa alta per chi viene da Nord è in vista di Pesaro. E qui, sulle colline che arrivano fino a Gabicce, le ginestre spontanee lasciano il posto all’imponente e studiato parco di Villa Caprile, 1600 ettari attorno a una residenza fatta costruire nel 1640 dal marchese Giovanni Mosca e ampliata dai suoi discendenti. I giardini si dispongono su terrazzamenti digradanti con fontane e giochi d’acqua. Il primo, quello più vicino al mare, è popolato da essenze autoctone, mirto, rosmarino, agrumi; al secondo livello un pomerio in stile arabeggiante; al terzo il viridario, completato da un teatro di verzura. Ospiti delle stanze affrescate, sostarono qui marchigiani doc come Rossini e Leopardi, ma anche Casanova, Stendhal e Napoleone.

L’azzardo, ben riuscito, dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo fu il Parco di Miramare, a Trieste. Ci si arriva da terra con una delle più gradevoli passeggiate, costeggiando la lunga spiaggia pubblica servita dalle cabine ad ovetto. Dal mare si ormeggia nella piccola baia di Grignano, a ridosso del candido castello amato dalla principessa Sissi. Suo cognato, appassionato di botanica, volle sperimentare il promontorio carsico, brullo e roccioso, come stazione di rimboschimento e di acclimatazione di svariate specie. Fece portare montagne di terra dalla Stiria e dalla Carinzia, seguì di persona l’impianto del parco, affidato al giardiniere di corte Jenilek. Ne scaturì una parte a bosco, in romantico stile inglese, con gazebo e laghetti, e un’altra, che quasi tocca le onde con colorate aiuole all’italiana, davanti alla Kaffeehaus. Massimiliano curò Miramare anche dal Messico, dove nel 1864 fu acclamato imperatore, inviando a Jelinek specie esotiche. Non riuscì a trarre soddisfazione dalla loro crescita nel lontano golfo triestino: gli oppositori repubblicani lo sottomisero al giudizio di una corte marziale che ne decretò la fucilazione.

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