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7 febbraio 2024
di Lidia Lombardi

Il Colosso del Campidoglio

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E’ cambiato lo skyline del colle più famoso di Roma, il Campidoglio. Perché svetta da pochi giorni, nei giardini di Villa Caffarelli, il Colosso di Costantino, la statua alta tredici metri che l’imperatore eroe sotto al segno della Croce nella battaglia di Ponte Milvio (“In hoc signo vinces”) volle a sua immagine.

E’ una ricostruzione, è vero. Ma rigorosissima perché è partita dai dieci frammenti di marmo pario della monumentale scultura, nove dei quali accendono l’immaginazione dei visitatori dei Musei Capitolini, sistemati come sono nel cortile d’ingresso e spesso in copertina dei calendari per i turisti: tra cui una testa riccioluta dove saettano assertivi gli occhi, due piedi, una mano con l’indice rivolto verso l’alto, il frammento di un ginocchio, di un avambraccio, di una gamba; e c’è anche uno spezzone del petto nudo, questo però conservato nel Parco del Colosseo e in procinto di riunirsi ai preziosi reperti dei Capitolini.

Appunto da questi frammenti Claudio Parisi Presicce, sovrintendente di Roma ai Beni Culturali, è partito per indicare, anche attraverso l’analisi di fonti letterarie ed epigrafiche, com’era il Colosso. La collaborazione con la Fondazione Prada e Factum Foundation for Digital Technology ha permesso quindi di realizzare la riproduzione in scala 1:1 dell’opera, tra i più significativi esempi della scultura romana tardo antica, risalente appunto all’epoca di Costantino, il IV secolo dopo Cristo.

 

 

Eccolo, dunque, il monarca che sconfisse Massenzio per regnare su tutto l’impero romano d’Occidente, consapevole del cambiamento della Storia, anzi egli stesso snodo della Storia: nel 313 riconobbe la religione cristiana e ne permise il culto, spostò la capitale sul Bosforo, chiamandola Costantinopoli, rese più governabile lo sconfinato territorio conquistato dall’Urbs. Il Colosso è la rappresentazione del Potere, del suo Potere, le dimensioni annichiliscono chi lo osserva, fatto come nano, con un uso del simulacro propagandistico violento, come è stato etichettato alla “vernice” dell’allestimento, presenti il sindaco Gualtieri, l’assessore alla Cultura Gotor, Parisi Presicce e Adam Lowe, massimo esperto delle riproduzioni archeologiche attraverso la mediazione del digitale.

Il Colosso è la rappresentazione del Potere, del suo Potere, le dimensioni annichiliscono chi lo osserva, fatto come nano, con un uso del simulacro propagandistico violento, come è stato etichettato alla “vernice” dell’allestimento

E infatti, partendo dall’ipotesi archeologica che il Colosso fosse seduto e realizzato come acrolito, ovvero con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in bronzo dorato, Factum Foundation ha documentato i suoi frammenti con la fotogrammetria (“Siamo stati tre giorni a fotografare i reperti nel cortile dei Capitolini e mi ha emozionato l’idea che la ricostruzione sarebbe stata collocata nello stesso complesso museale”, ha detto Lowe). I dati digitali sono stati stampati in 3D a grandezza naturale e usati per realizzare un calco in resina rinforzata. Per le copie in facsimile dei frammenti, sul calco è stato adoperato uno stucco apposito, dipinto per suggerire l’effetto del marmo pario invecchiato dall’esposizione all’aperto e si sono lasciate a vista le giunture, corrispondenti ai frammenti originali; i panneggi e le parti in bronzo dorato sono stati realizzati in polistirene patinato in resina e polvere di bronzo, su cui è stata applicata foglia d’oro. Così è rinato il Colosso: pesa quattro tonnellate grazie alla struttura interna in alluminio che ne permette il montaggio e lo smontaggio, mentre l’originale era probabilmente fatto di mattoni, legno, elementi in metallo.

Ma qual è la storia del Gigante? Costantino prese a modello, o addirittura riutilizzò la statua di Giove Ottimo Massimo che si trovava nel tempio al dio dedicato sul Campidoglio proprio sotto i giardini di Villa Caffarelli, dove ancora ne rimane il podio. Era la divinità più importante della caput mundi, in essa l’imperatore voleva rispecchiarsi, indicando ai sudditi se non una ascendenza divina almeno un’investitura mitologica. Dunque, elimina dal volto di Giove la barba (che mai aveva avuto), si conservano in una mano lo scettro a forma di asta (e qui il dito viene ripiegato per stringerla, a differenza di quello levato del reperto nel cortile dei Capitolini, forse modifica posteriore che alludeva al cielo cristiano), nell’altra un globo. Il torso è scoperto e lo è il ginocchio: “come nella tradizione omerica – sottolinea Parisi Presicce – per sottolineare la devozione dei sudditi, che quel ginocchio inchinandosi abbracciavano, al pari di Priamo con Achille per ottenere il corpo esanime di Ettore”.

I nove frammenti attualmente ai Musei Capitolini furono rinvenuti nel 1486 all’interno dell’abside di un edificio allora ritenuto il Tempio della Pace di Vespasiano. Si pensò che appartenessero al simulacro dell’imperatore Commodo e, sensazionali come sono per le loro proporzioni, vennero sistemati nel Palazzo dei Conservatori che – tra il 1567 e il 1569 - Michelangelo stava ristrutturando mentre realizzava la piazza del Campidoglio con al centro il bronzo equestre di Marco Aurelio. La loro vicenda si arricchisce di un colpo di scena nell’Ottocento: il luogo del ritrovamento è correttamente identificato con la Basilica di Massenzio lungo la via Sacra, nella valle del Foro Romano. A fine secolo, poi, si attribuiscono correttamente a Costantino. Un’appendice nel 1951: viene individuato un decimo frammento, quello che il Parco Archeologico del Colosseo darà al Campidoglio per completare la raccolta dei reperti originali.

Da oggi il Colosso di Costantino aspetta turisti e romani, imponendosi sullo sfondo del giardino di Villa Caffarelli, dove l’ingresso è gratuito. Da qui si può entrare, con bigliettazione, nei Musei Capitolini, e da questo andito subito compare, al centro di una luminosa esedra, la maestosa statua bronzea di un altro imperatore lungimirante, Marco Aurelio appunto. E’ in atteggiamento assorto e la mano levata pare accogliere chi lo guarda. Al simulacro di Costantino si accomuna per due motivi: in Piazza del Campidoglio ora c’è una copia, resasi necessaria per preservare il bronzo dagli agenti atmosferici. Di più: nel Medioevo il monumento equestre fu scambiato per l’immagine di Costantino e preservato dai romani in ossequio al suo editto che permise il culto cristiano. Invece incute timore la sua vera statua, quel Colosso che adesso svetta  su un lato del colle capitolino.

Rimarrà qui almeno fino al Giubileo. Poi potrebbe essere collocato nel Museo della Civiltà Romana, in via di riapertura

“Rimarrà qui almeno fino al Giubileo – dice Parisi Presicce – Poi potrebbe essere collocato nel Museo della Civiltà Romana, in via di riapertura”. Intanto a Milano lo hanno già visto: è stato esposto tra il 2022 e il 2023 in occasione della mostra Recycling Beauty, una riflessione sul ruolo che l’arte classica ha sul contemporaneo, voluta dalla Fondazione Prada e curata anche dal professor Salvatore Settis. Il quale commenta così l’operazione Colosso: “La ricostruzione archeologica ha anche un aspetto contemporaneo perché evidenzia l’inconciliabilità tra la dimensione reale e quella virtuale”. Insomma, il Colosso riprodotto così com’era offre emozioni e conoscenza più di mille immagini al computer.

 

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