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4 luglio 2023
di Lidia Lombardi

La fabbrica del colore

Macchina a cilindri 
Macchina a cilindri 
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Come ci si innamora di un colore? Gianni Maimeri ha scovato la risposta giusta a un quesito che, toccando la sfera soggettiva, appare irrisolvibile. Facile, direte, per lui che è l’amministratore delegato di Industria Maimeri, la maggiore impresa italiana di colori. E che ha avuto un nonno, Gianni Maimeri, pittore di vaglia nella Milano di inizio Novecento ma insieme fondatore con il fratello Carlo, chimico, di una delle prime fabbriche italiane di colori per le Belle Arti.

Però il Gianni Maimeri con il quale parliamo nella sede della “Milano Painting Academy” – una candida sala tappezzata di cavalletti e invasa, attraverso la parete-vetrata, dalla luce lattiginosa della primavera meneghina – non si è accontentato dell’ovvio che una persona cresciuta come lui a “pane e colori” può sfoderare.

"No, ho elaborato una teoria, scaturita dalla riflessione. È avvenuto durante la stesura del mio libro "Il colore perfetto". Nato del tutto casualmente: nel corso di una mia conferenza mi ha avvicinato il direttore editoriale de Il Saggiatore, proponendomelo. Pensavo si riferisse a un racconto su mio nonno, sono stato assalito dai dubbi, dall’incertezza su quale sarebbe stato il nocciolo dell’eventuale volumetto. Lui ha tagliato corto inviandomi il contratto, io ho accettato. Avendo presto chiara una cosa: non avrei fatto una panoramica sui pittori. Invece mi sarei focalizzato su una serie di talenti, che ben conosco, attivi in ambiti diversi. Uniti dalla, come dire?, convivenza con il colore: architetti, chef stellati, neuroscienziati, pubblicitari, designer, stilisti, fotografi, come Steve McCurry".

Non avrei fatto una panoramica sui pittori. Invece mi sarei focalizzato su una serie di talenti, che ben conosco, attivi in ambiti diversi

E qui tocca fare una digressione. Spiegare come l’azienda fondata giusto cento anni fa da Gianni Maimeri (1884-1951) e dal fratello Carlo (1886-1957), sede l’ex Mulino Blondel, alla Barona, periferia milanese, sia cresciuta con una progressione di exploit, che il Fascismo protezionista e perfino la Seconda Guerra Mondiale, giocoforza favorevole per mercati interni di ogni Stato, non hanno fermato. Così la CSM – Colori Stabili Maimeri, logo un tetraedo nel quale l’acronimo è leggibile da ciascuna coppia di lati – passò dai venti colori iniziali alle serie di acquerelli, tempere, diluenti, cassette di colori, la pregiatissima gamma per restauro fino alla Tempera Grassa Maimeri, riproduzione con ingredienti sintetici della tempera all’uovo degli antichi Maestri.

E come, con il figlio del pittore, Leone, chimico, dai 15 dipendenti degli anni Trenta abbia accresciuto via via le maestranze, che oggi arrivano a settanta. E si sia trasferita prima in via Ettore Ponti, lungo la Roggia Carlesca, e poi a Mediglia. E abbia creato nuovi colori in resine sintetiche, gli acrilici. Estendendo la produzione con gamme adatte alla cartellonistica pubblicitaria, alla ceramica, alla stoffa, al vetro, al modellismo, ai polycolor per i murales, alle scenografie, agli acrilici di seconda generazione, capaci di applicazioni con spessore, ai colori iridescenti e perlescenti.

"Avendo però sempre fisso il principio di partenza di mio nonno – è orgoglioso di precisare Gianni Maimeri jr. che ha salutato nel 2014 il matrimonio tra Maimeri e Fila, comprendente anche il marchio Giotto – il quale cento anni fa fabbricava colori macinati all’olio per uso artistico. Ovvero olio più pigmento, senza cere, senza additivi. Ed erano pigmenti di pregio: verde smeraldo, azzurri lapislazzuli, violetti di cobalto, gialli di cadmio, verdi ottenuti dal cobalto e dal cromo".

È stato il punto di partenza per arrivare alla sua teoria del colore perfetto. Attraverso un lungo percorso. "Ho cominciato a chiedermi, durante la stesura del libro, se esiste qualcosa di intrinseco al colore che crea un’attrazione forte, imprevedibile. Dai miei incontri con i più svariati personaggi e dalla mia esperienza è derivata la convinzione che questo colpo di fulmine sia legato alla purezza del colore. Ho cercato conferme.

Una mi è arrivata dal professor Vanzulli, primario radiologo dell’ospedale Niguarda. Scorreva le TAC con rapidità, ma se coglieva un elemento distonico, allora andava a guardare con attenzione. Insomma, privilegiava il colpo d’occhio. La stessa cosa succede a me davanti alle facciate delle case. Ad attirare la mia attenzione non è la sequenza delle loro tinte, ma un particolare, come una persiana verniciata diversamente. Idem, visitando una galleria d’arte: il colpo d’occhio mi focalizza su precise opere. Per esempio, rimango stregato dal blu lapislazzuli.

Allora il cerchio si chiude. Mio nonno nel 1923 si diede la missione di creare colori puri. Mio padre venticinque anni fa, quando decise di produrre una gamma al top, volle che fosse di monopigmenti, non una miscela di più colori. Una scelta romantica più che commerciale. Perché per una gamma di 80 colori devi avere 80 pigmenti diversi. Invece, più ne mischi e più tonalità ottieni. Infine io, con la mia teoria, ho reificato la bontà della sua scelta imprenditoriale: la purezza del colore crea una particolare forma di attrazione. E me ne ha dato conferma Lamberto Maffei, già presidente dei Lincei e tra i maggiori ricercatori sulla percezione a livello neurologico: il segnale che arriva al cervello dal colore puro è maggiore perché non vengono attivati meccanismi inibitori. Quel segnale è insomma molto più forte.

Ecco spiegata l’attrazione per l’azzurro della Madonna del Bellini. La prova del nove è nell’arcobaleno. Dovrebbe balzare agli occhi, ma su quattro persone nella stessa automobile, lo nota soltanto una. Perché lì i colori non sono puri, si perdono uno nell’altro".

Da tutti i ragionamenti di Gianni Maimeri deriva che è il blu il suo colore preferito. "Esatto. Mi piace perché è eclettico, lo si sceglie per l’abito da cerimonia ma anche per vestirsi casual, in jeans. Ma la predilezione si determina a seconda di dove viviamo e quando. Fino a due secoli fa il blu non era sinonimo di eleganza. Negli anni Sessanta lo era il grigio. E poi il colore è evocativo. Il bianco in Oriente si associa ai funerali. Sono comunque la cultura e le esperienze a motivare le scelte".

Mi sta a cuore essere impresa leader nel made in Italy e contemporaneamente emulsionare conoscenza.

Così è naturale il raccordo industria-arte-sapere. "Mi sta a cuore essere impresa leader nel made in Italy e contemporaneamente emulsionare conoscenza. Ho dato vita alla Fondazione Maimeri che promuove giovani artisti e la cultura in genere. La Milano Painting Academy, impresa femminile perché l’80 percento dell’azionariato è di donne, è strettamente legata alla Fondazione. Con iniziative a impatto sociale sosteniamo ospedali e il carcere di San Vittore, per il quale, coinvolgendo la Triennale, abbiamo elaborato il progetto Spazio alla Bellezza per la rigenerazione sia degli edifici che delle persone".

Intanto si preparano gli eventi per il centenario. "Il ministero dell’Industria emetterà un francobollo celebrativo, il 10 maggio un convegno all’Università Statale di Milano vedrà la presenza, tra gli altri, di Stefano Boeri, dei presidenti delle Fondazioni Dynamo Camp, Olivetti, Giuseppe Verdi. A settembre, uno spettacolo multimediale di Igor Loddo con Giuseppe Califano racconterà la Maimeri e il suo legame con le vicende del Novecento".

"Mio nonno – ricorda Gianni – non l’ho conosciuto, ma torno spesso con la mente a queste sue parole:

Quello che per te è un fiore delizioso, oggetto di nozione o fonte di sentimento, è per me un accordo basato sulla lacca rosa, il cilestrino, sul bianco e il giallolino, leggermente freddato dallo smeraldo. Pur non cessando di rimanere un fiore".

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