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12 marzo 2024
di Guendalina Dainelli

Un singaporiano alla corte di Parigi 

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La regina Rania di Giordania e la principessa Mary di Danimarca sono alcune delle sue fedelissime. Nel marzo scorso, in omaggio al ruolo di Colonel of the Irish Guards, la principessa del Galles Kate Middleton ha indossato un monocromatico abito verde con bottoni gioiello in zaffiro - in tandem con l’anello di fidanzamento e gli orecchini di Diana. Lady Gaga ha fatto suo un miniabito nero con ricercati bottoni di foggia bizantina e maxi-colletto di pizzo che ricorda gli antichi merletti olandesi. Impalpabile il romantico abito bianco indossato da Emma Stone nel ruolo da premio Oscar in La La Land, e di carattere quello con spalle a pagoda sfoggiato da Lily Collins in Emily in Paris.

 

“Ho avuto il privilegio di vestire tante donne importanti. Principesse, attrici. Una donna italiana che avrei voluto vestire è Monica Vitti, un’attrice che adoro, piena di talento, bellissima, sincera, molto chic nel film La ragazza con la pistola” dice Andrew Gn, un legame importante con l’Italia e primo stilista Singaporiano ammesso alla corte dell’alta moda parigina. Mi risponde dalla sua casa nel Marais. Parla un ottimo italiano, oltre a inglese, francese e mandarino.

E nonostante una carriera trentennale e i proclami ufficiali, pare non sia ancora tempo di pensione: “Guardi che non è un tabù anzi, è un momento bellissimo, anche perché sono ancora giovane! La moda è totalizzante, ti chiede tutto. Gennaio è il mese delle pre-collezioni, poi a febbraio iniziano le sfilate. Quest’anno mi sono goduto il Natale, il compleanno e anche il capodanno lunare, che si festeggia per un mese intero.”

 

Agli inizi della sua carriera è arrivato in Francia come assistente di Emanuel Ungaro, madre francese e padre di Francavilla Fontana, scappato durante il fascismo. “L’italiano,  anzi il dialetto pugliese, era la sua prima lingua” ricorda Andrew, che dopo gli studi a Londra e New York, a Milano ha frequentato la Domus Academy. È qui che ha avuto maestri del calibro di Romeo Gigli, Luciano Soprani e Gianfranco Ferré. “Londra mi ha insegnato a sognare, New York mi ha insegnato a trasformare la moda in un business. Milano mi ha insegnato il mestiere. L’industria, la fattura, la manualità, la qualità. L’Italia è un luogo mitico in cui torno regolarmente, pieno di perle nascoste, artigiani, produttori, nei luoghi più remoti. Ho anche vissuto per sei mesi a Lecce, volevo immergermi nel barocco pugliese, inebriarmi nella sua bellezza.”

Cosmopolita, una curiosità che divora gli stili più lontani, Andrew incarna lo spirito di Singapore: i suoi abiti cuciono insieme pezzi di Oriente e Occidente, cultura coloniale europea e diaspora cinese con i colori dello Stretto di Malacca. “Mio padre era un commerciante e viaggiava molto nella regione. Portava a mia madre meravigliosi batik tinti a mano dall'Indonesia, kimono dal Giappone e incredibili sete dalla Cina.”

 

La perfetta tonalità di rosso, coralli, dragoni insieme a bustini francesi e gorgiere elisabettiane. E poi perle, cristalli, pietre e montature di alta gioielleria per spille, bottoni e allacciature. Senza dimenticare capolavori artistici come le ninfee di Monet, riprodotti in una tunica di infinite perline. “La Francia mi ha dato la corona che sognavo ma devo molto anche all’Italia degli anni Novanta, all’epoca collaboravo con Basile, designer di Luciano Soprani. Era il momento d’oro dei grandi stilisti come Armani, Versace, Romeo Gigli era al suo culmine, Ferre’ era diventato direttore artistico di Dior, era un dio. Ma voglio citare anche Mila Shon e Walter Albini, purtroppo meno ricordati ma grandissime menti creative.”

 

Singapore gli ha appena dedicato una grande retrospettiva allestita all’Asian Civilizations Museum in cui sono stati presentati circa 160 pezzi unici. “Un importante attestato di stima. Diventerà una traveling exhibition negli USA, una grande mostra che aprirà in Massachusetts nel 2025 in collaborazione con il Peabody Essex Museum, uno dei più antichi musei americani. Poi ci saranno Dallas, San Francisco, Chicago Brooklyn. Ora sto pensando ad una Fondazione, con cui materializzare il passaggio dell’eredità artistica. Quando sono in giro per il mondo mi commuove il calore dei giovani stilisti di cultura asiatica, guardano a me come fonte d’ispirazione.”

 

 

 

 

 

 

 

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