Gli ingredienti per un colossale fallimento c'erano tutti: un prodotto che cresce grazie alle ampie maree oceaniche da far crescere nel Delta del Po, dove le maree sono praticamente inesistenti e un imprenditore che odiava il prodotto che si accingeva a coltivare. Eppure è stato un successo. Al punto che oggi l'ostrica rosa del Delta del Po è tra le più apprezzate, pregiate e care al mondo. L'Ostrica rosa allevata da Alessio Greguoldo nella Sacca di Scardovari, un vasto specchio d'acqua in provincia di Rovigo famosa per le coltivazioni delle cozze e vongole, si trova ora nei menù stellati di chef del calibro di Massimiliano Alajmo, Enrico Bartolini, Moreno Cedroni, Alessandro Borghese e Massimo Bottura.
Tutto è iniziato nel 2016 con i primi esperimenti e i primi problemi da risolvere. Uno principalmente: nel Delta del Po le maree sono praticamente inesistenti e l'ostrica per crescere ha bisogno di ampie maree come quelle oceaniche. Da qui l'idea di realizzare un impianto in palafitta in grado di sollevare e abbassare le coltivazioni di ostriche simulando quindi l'innalzamento e l'abbassamento delle maree. Il tutto alimentato da un sistema di pannelli fotovoltaici e turbine eoliche (quindi ad impatto ambientale zero) comandato a distanza con un semplice smartphone.
Nel 2021 la produzione ha superato le 35 tonnellate, ma ci sono richieste di gran lunga superiori. La lavorazione è di puro artigianato
Oggi l'Ostrica Rosa Tarbouriech, detta così per via delle striature rosa create dal sole, a marchio La Perla del Delta, nel 2021 ha visto una produzione per 35 tonnellate (al dettaglio vengono vendute a 6, 7 euro al pezzo). "Spero di arrivare agli stessi numeri quest'anno - ha spiegato Greguoldo - ma tutto dipende dagli ultimi tre mesi dell'anno perché il cuneo salino legato alla siccità ha portato pochi nutrienti e quindi una scarsa crescita delle ostriche. Siamo quindi in ritardo sulla produzione di 6 mesi, circa il 30% in meno in quantità, e abbiamo richieste già di gran lunga superiori alla produzione". La lavorazione, quasi scontato dirlo, è puro artigianato. Nessuna macchina (se non quelle che sollevando e abbassando le coltivazioni simulano le maree), nessun artificio, nulla di nulla se non 6 dipendenti di grande esperienza sufficienti a gestire i 6 impianti installati.
Un lavoro manuale di continuo controllo, vaglio selezione, affinamento. "Oggi il 95% della nostra produzione resta in Italia, in ristoranti della zona, per garantire il km0 - ha poi proseguito - il restante 5% lo vendiamo tra Francia e Dubai". "In 5 anni abbiamo sestuplicato la produzione - racconta - siamo partiti con me e quattro collaboratori pagati con i voucher ora abbiamo sei dipendenti fissi. E pensare che a me manco piacevano le ostriche, non sapevo neanche riconoscerne il diritto e rovescio".
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