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8 agosto 2023
di Marco Patricelli

Oppenheimer, il distruttore dei mondi riabilitato anche da Hollywood

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Sessanta anni fa il fisico ebreo americano Julius Robert Oppenheimer veniva riabilitato dagli Stati Uniti che si scrollavano dalle spalle la polvere della vergogna del maccartismo, che aveva inquinato anche Hollywood con la blacklist di artisti e sceneggiatori accusati di simpatizzare per il comunismo e quindi colpiti dall’ostracismo.

Ed è ora Hollywood, sessanta anni dopo, a rendere omaggio allo scienziato che Time aveva riportato in copertina con la didascalia “Il padre della bomba atomica” ed esaltato come eroe nazionale per aver contribuito a vincere la guerra contro il Giappone e a chiudere così il secondo conflitto mondiale con l’ombra sinistra dell’olocausto nucleare.

Il film di Christopher Nolan, che ha per protagonista uno straordinario Cillian Murphy, è una macchina perfetta da botteghino, costruita pezzo pezzo su basi solide, a partire dal libro Premio Pulitzer «American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer» di Kai Bird e Martin J. Sherwin, pubblicato nel 2005, e su un cast di primissimo livello: Emily Blunt (la moglie Katherine "Kitty"), Matt Damon (Leslie Groves, direttore del Los Alamos National Laboratory), un mirabile Robert Downey Jr. (Lewis Strauss, membro anziano –  ed efficacemente invecchiato –  della U.S. Atomic Energy Commission), Florence Pugh (Jean Tatlock, psichiatra e amante di Oppenheimer), Kenneth Branagh (Niels Bohr), Rami Malek (Premio Oscar per aver impersonato Freddie Mercury in «Bohemian Rhapsody», adesso nei panni di David Hill), Casey Affleck (Boris Pash), Josh Hartnett (Ernest Lawrence), Benny Safdie (Edward Teller), Jason Clarke (Roger Robb), Tom Conti (Albert Einstein).

La proiezione sui grandi schermi italiani è programmata per il 23 agosto, ma in Europa la produzione è sbarcata sull’onda oceanica degli oltre 550 milioni dollari finora incassati negli Stati Uniti, dell’entusiasmo sfrenato della critica a stelle e strisce (recensioni mirabolanti), dei riscontri positivi (sin dalla prima mondiale a Parigi l’11 luglio) e da qualche feroce critica arrivata da India e Medio Oriente che ha fatto però il gioco di far parlare del lavoro e di attirare l’attenzione.

Tutta colpa, o tutto merito, del florido topless sfoggiato su un divano da Florence Pugh, dopo un incontro in camera da letto, che ha fatto scattare la censura e persino l‘accusa di blasfemia. Ma è bastato a salvare il pudore - e quei mercati - un computer che ha disegnato un vestito nero coprente per rendere potabile la sequenza che, a dispetto degli appassionati di voyerismo, non ha nulla per suscitare le pruderie, essendo lo spettatore italiano avvezzo a ben altro persino tra le mura di casa e a qualunque ora sul piccolo schermo.

Tutta colpa, o tutto merito, del florido topless sfoggiato su un divano da Florence Pugh, dopo un incontro in camera da letto, che ha fatto scattare la censura e persino l‘accusa di blasfemia

Negli Usa la pellicola di Nolan è stata valutata “R” dalla Motion Picture Association per le scene di nudità e per volgarità nel linguaggio e vietato ai minori, e tale divieto gli ha fatto conquistare un altro record al botteghino. In un’altra occasione il copione prevede un incontro intimo esibito tra Murphy e Pugh, con un’invenzione degli sceneggiatori durante il penoso interrogatorio di Oppenheimer davanti alla commissione che lo esautorerà per sospette simpatie comuniste. Gli indù hanno poi puntato l’indice contro la declamazione di alcuni versetti attribuiti al dio Krishna tratti da un libro sacro (Bhagavad Gita), mentre i due fanno l’amore. Il passaggio, va però sottolineato, è fortemente evocativo: «Sono diventato la morte, il distruttore dei mondi».

Oppenheimer conosceva il sanscrito e conosceva il potere derivato dalla creazione e dall’uso della bomba atomica che aveva incenerito e contaminato decine di migliaia di giapponesi. Non a caso Haakon Chevalier scrisse su di lui un libro dal titolo «L’uomo che volle farsi Dio». Oppenheimer consegnò infatti agli Stati Uniti l’arma definitiva che il presidente Truman deciderà di lanciare su Hiroshima il 6 agosto 1945 e su Nagasaki il 9 agosto spezzando definitivamente il Giappone e costringendolo alla resa.

Ma il fisico che aveva vinto la corsa sugli scienziati al servizio di Hitler e che aveva distanziato quelli agli ordini di Stalin nella costruzione di un ordigno nucleare, comprese che il mondo poteva avviarsi verso la catastrofe. Un'immagine più volte evocata nella pellicola di Nolan.

La sua contiguità a idee comuniste e a personaggi politicamente orientati, come la moglie, l’amante, alcuni amici e colleghi, oltre alla sua freddezza sul monopolio nucleare e il ruolo di superpotenza degli Usa, segnarono la sua caduta e la sua estromissione. Il film restituisce le atmosfere storiche, psicologiche e visive dell’epoca, con una miscela perfetta da blockbuster, che ironia della sorte incrocia le lame con un lavoro totalmente agli antipodi, come il leggero e fumettistico «Barbie».

Effetti speciali e computer grafica di grana fine, anche se con inserti insistiti, musiche pregevoli di Ludwig Göransson per quanto a tratti pervasive.

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