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27 novembre 2023
di Laura Antonini

L’incanto si porta ai piedi

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Ad accogliere i visitatori c’è l’immagine di una grande scacchiera che come pedine al posto di alfieri e regine ha le scarpe di Salvatore Ferragamo. Al lato un particolare della “Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello delle Gallerie degli Uffizi e una grafica dell’artista Filippini della campagna toscana, evocazioni della Firenze rinascimentale, che ha intrigato tanto il patron della maison che ancora oggi ha sede nella capitale del Rinascimento con la sua storia e la sua arte, convincendolo ad impiantare la sua attività in questa città.

È la nuova mostra “Salvatore Ferragamo 1898-1960” del Museo Ferragamo a Firenze, che dal 1995 è un luogo deputato a conservare e promuovere la storia del fondatore e del marchio attraverso incontri, pubblicazioni, workshop ed esposizioni che hanno l’obiettivo di proiettare nel presente l’esperienza e la testimonianza del passato, stimolando e influenzando conversazioni e pensieri che interessano la contemporaneità.

L’occasione della nuova retrospettiva sono i cento anni dall’apertura a Hollywood del primo negozio di scarpe Ferragamo: l’Hollywood Boot Shop. «Salvatore era lungimirante e lo volle aprire davanti al Grauman’s Egyptian Theater – racconta Stefania Ricci la curatrice della mostra che è stata anche la storica ed unica ad oggi direttrice del Museo Ferragamo – confermando il successo raggiunto negli Stati Uniti, dove era emigrato nel 1915: nella grande sala cinematografica infatti venivano organizzati spettacoli teatrali e tutte le première dei film, come quella di “The Ten Commandments” con la regia di Cecil B. DeMille, che aveva affidato il disegno e la realizzazione delle scarpe dei protagonisti proprio a Ferragamo.

Da quel momento il giovane irpino venne infatti soprannominato “Shoemaker to the stars”, il calzolaio delle dive, diventando uno dei protagonisti della moda internazionale. Da quel momento la produzione di Ferragamo si diversifica in scarpe per il cinema, per il teatro e per il balletto».

Di sala in sala, ce ne sono nove, la mostra racconta quindi in modo non cronologico l’avventura di Salvatore, la sua creatività e la capacità, propria dei geni, di innovare e portare avanti un’impresa che ancora oggi esiste. Nelle diverse sezioni il racconto procede per temi. Si parla di Ferragamo attraverso i materiali e le ispirazioni che hanno dettato il suo lavoro. Ci sono pellami anche originali come la pelle di pesce, usata durante il periodo dell’autarchia, il sughero sperimentato nei tacchi e il cellophane delle caramelle abbinati ad oggetti e opere d’arte provenienti da collezioni pubbliche e private come da musei del territorio.

Ci sono anche i libri di Salvatore che testimoniano i suoi interessi per l’anatomia del piede, perché una scarpa oltre che bella non doveva rinunciare alla comodità. Un interessante inventario di volumi di argomento scientifico e tecnico accanto a riflessioni di carattere filosofico. C’è un Saggio sull’intelletto umano di John Locke, che tratta sia del valore dell’esperienza sia di questioni metafisiche, e ci sono alcuni testi che guardano al fenomeno delle vibrazioni (Eddington e Lakhovsky) oppure alle onde radio ed elettromagnetiche, come lo studio di Sir Oliver Lodge, importante membro della Royal Society.

Non mancano i progetti e i brevetti di Salvatore che ne depositò ben 369. Pur realizzando modelli artigianali ed esclusivi, Ferragamo li crea pensando infatti alla loro riproducibilità in multipli. Alcune invenzioni degli anni Trenta hanno rivoluzionato il sistema di costruzione della scarpa, come il brevetto del tacco a zeppa di sughero, inventato nel 1937 per sollevare il tallone e offrire all’arco del piede un appoggio stabile: si trattava della soluzione a un problema sorto in seguito alla guerra d’Etiopia, quando le sanzioni economiche imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni avevano coinvolto, fra gli altri materiali d’importazione, l’acciaio tedesco con il quale Ferragamo costruiva i suoi cambrioni metallici.

E ancora, i colori e l’idea di un nuovo Rinascimento in mostra impreziosito anche da un video dello studio Rampello che vede gli artigiani al lavoro, fino all’ultima sezione dedicata alle connessioni invisibili tra le calzature del “calzolaio prodigioso” e le loro destinatarie, star del cinema, aristocratiche e protagoniste del jet set internazionale. Qui sono messe a confronto le immagini di queste protagoniste con le calzature che hanno commissionato a Ferragamo. Gloria Swanson e Claudette Colbert sceglievano scarpe classiche, Marlene Dietrich chiedeva i modelli di tendenza, e poi le divine Marilyn Monroe, Greta Garbo e Marlene Dietrich.

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