instagram
5 gennaio 2024
di Lidia Lombardi

La luce di Dio

I Pilastri della Creazione, una regione di formazione stellare a circa 6500 anni luce dalla Terra 
I Pilastri della Creazione, una regione di formazione stellare a circa 6500 anni luce dalla Terra 
twitterfacebook

In principio Dio creò il cielo e la terra. 

La terra era informe e deserta

e le tenebre ricoprivano l’abisso

e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.

Dio disse: «Sia la luce!».

E la luce fu.

 

Genesi

«Abbiamo imparato a catturare la luce delle prime galassie comparse nella storia dell’universo».  È la frase-faro che campeggia su un pannello della mostra “Le macchine del tempo”, spettacolare messa in scena scientifica a cura dell’Inaf (l’Istituto Nazionale di Astrofisica) nei saloni di asettico marmo del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Un viaggio nel passato e nel futuro, perché l’indagine nell’universo effettuata grazie ai sempre più sofisticati telescopi ci conduce lontano nel tempo. Anzi, più sono remoti stelle e pianeti, più si addentrano nei primordi. “Anni luce” è la misura della distanza, e indica il tempo che impiega la luce emanata dagli oggetti celesti per essere percepita dall’occhio umano. Ecco allora per esempio che Proxima Centauri, la stella più vicina al sole, ne dista poco più di quattro anni luce, i sette pianeti della stella nana Trappist1 si trovano a 40 anni luce da noi… Ce lo dicono le proiezioni sulle pareti rese iridescenti delle tre grandi sale nelle quali si snoda la mostra, aperta fino al 24 marzo 2024.

Un viaggio nello spazio e nelle ere trascorse nel quale protagonista è appunto la luce: stelle, fasci radianti, nebulose striate dal rosso al verde come nella via Lattea, che si appalesa sul soffitto e che il pubblico può esplorare muovendo un lungo pulsante del sistema detto Gaia. L’avvio della esplorazione si materializza appena il visitatore varca la soglia: lungo, rivestito di legno chiaro, ecco il cannocchiale di Galileo Galilei (la riproduzione è stata realizzata da Antonio Paganoni) puntato su una notte stellata: se si avvicina l’occhio all’oculare si vedrà quanto lo scienziato ha osservato il 7 gennaio del 1610. Un anno prima Galileo perfezionò un’invenzione (olandese) dell’epoca.

Con il cannocchiale notò dettagli mai prima visti sulla superficie della Luna e del Sole, scoprì le lune del pianeta Giove e svelò la miriade di stelle della via Lattea. Oltre a vedere meglio quello che si può scorgere a occhio nudo il nuovo strumento gli permise di guardare molto più lontano e dunque più indietro nel tempo. Nei secoli, i telescopi sono cresciuti in dimensione per poter osservare corpi celesti assai remoti. Abbiamo costruito strumenti sofisticati in grado di catturare non solo la luce visibile, quella che percepisce l’occhio umano, ma ogni altra forma di radiazione, dalle onde radio ai raggi gamma e finanche le onde gravitazionali, increspature nel tessuto spaziotemporale dell’Universo. Abbiamo installato telescopi in tutti i continenti del globo e ne abbiamo anche lanciati nello spazio, sia per scrutare il cosmo da una posizione privilegiata, al di là dell’atmosfera terrestre, che per esplorare direttamente i corpi del sistema solare.

L’Inaf è all’avanguardia nell’indagine su ogni tipo di fenomeno cosmico. Avveniristici strumenti di grandi dimensioni sono presenti in Sardegna come alle Canarie, in Sudafrica, in Australia. Enti di molti Paesi collaborano nella ricerca e interfacciano i dati. Tutto questo è spiegato nella rassegna (la curatrice è Caterina Boccato, responsabile Didattica e Divulgazione dell’Inaf) con grandi foto, didascalie, totem che interagiscono con i visitatori, fino ai flipper di Star Wars. Ecco per esempio la sezione dedicata agli esopianeti, ovvero i pianeti che si trovano al di fuori del sistema solare: Cheops è in orbita dal 2019, ha recentemente scovato il pianeta più brillante di sempre perché è coperto da nubi composte da metalli riflettenti; Plato sarà lanciato nel 2026 e con i suoi 34 piccoli telescopi rileverà tra l’altro la piccolissima diminuzione di luminosità di una stella quando il pianeta le transita davanti, potrà determinare il raggio del pianeta e studiare le caratteristiche della stella madre; Ariel, il cui lancio è previsto per il 2029, sarà in grado di effettuare il primo censimento della composizione chimica delle atmosfere degli esopianeti. E tutti hanno componenti tecnologici italiani.

Passando da una sala all’altra si squadernano dati e risultati, con una colonna sonora in sottofondo: è il “cosmo jukebox” (un’attrazione anche per i tanti piccoli visitatori) il quale effettua la sonificazione della radiazione cosmica di fondo. Del resto, la capacità didascalica della rassegna è elevata: in uno dei primi ambienti una grande sfera che scende dal soffitto è il Sole e la distanza dei suoi pianeti viene quantificata sulla scala della città di Roma. I più lontani sono nelle periferie, i più vicini si collocano al Colosseo o in piazza San Pietro… Il Sole – è spiegato – è una sfera incandescente di plasma (la forza della sua luce, che acceca chi lo guarda senza filtri) attorno al quale ruotano i pianeti e altri corpi più piccoli. Dalla Terra lo separano 150 milioni di chilometri, “più di centomila volte l’Italia da Nord a Sud”. La luce, che viaggia a 300.000 chilometri al secondo, impiega 8 minuti a percorrere questa distanza. Significa che se il Sole smettesse all’improvviso di esistere, ce ne accorgeremmo 8 minuti dopo.

Il viaggio nello spazio e nel tempo è rappresentato da una lunga linea bianca sul pavimento. A ogni step – due, tre, cinque passi – una tappa della storia dell’Universo, fino ad oggi. La “stazione” finale coincide con il Big Bang, che dà inizio a tutto, 13,8 miliardi di anni fa; 380.000 anni dopo parte la luce della radiazione cosmica di fondo: si formano i primi atomi dal plasma primordiale; 13,5 miliardi di anni fa, ecco le prime stelle; 13 miliardi di anni fa compare la Via Lattea; 4,50 miliardi di anni fa si genera il sistema solare; 3,7 miliardi di anni fa nascono le prime forme di vita sulla Terra. Dai miliardi ai milioni, nella macchina del tempo: le prime piante e i primi animali sulla Terra datano a 500 milioni di anni fa. E 65 milioni di anni fa l’impatto di Chicxulub causa l’estinzione dei dinosauri…tornano alla mente i fotogrammi di “2001, Odissea nello spazio” con la forza visionaria impressa alla pellicola da Stanley Kubrick.

Ma la mostra offre anche la possibilità di esplorare le più avanzate realizzazioni dell’astrofisica italiana: l’ultima sala mette tra l’altro a disposizione visori di realtà virtuale immersiva, chi li indossa si trova per esempio nel cuore di un acceleratore di particelle. “Le informazioni sui corpi celesti portati dalla luce o dalle altre radiazioni elettromagnetiche per gli astronomi sono una sorta di macchina del tempo che ci consente di guardare indietro nel passato. Quindi più guardiamo lontano nello spazio, più indietro andiamo nel tempo”, avvertiva Margherita Hack, ricordata con queste parole alla fine del percorso della rassegna. Si deve alla sua opera di promozione se la comunità astronomica italiana ha potuto espandere la sua attività nell’utilizzo dei vari satelliti giungendo ad un livello di rinomanza internazionale.

Seguici su

instagram