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4 aprile 2023,
di Riccardo Bastianello

Giù il cappello

L’educazione di una donna consiste in due lezioni: non lasciare mai la casa senza calze, non uscire mai senza cappello

Non c'erano dubbi per Coco Chanel: il cappello era molto di più di un semplice accessorio di abbigliamento. Era uno stile, un modo d'essere, un segnale distintivo che mostrava la vera essenza di una donna.

E così è anche a Venezia, alla bottega di Giuliana Longo, premiata con il premio The Blue Artisan all'interno della Venice Fashion Week. Un pezzo di storia e di cultura, non un semplice negozio, padron 'bottega'. A cominciare dalla data di nascita: il 1901. Una manciata di metri quadrati e pochi passi da piazza San Marco che odorano di artigianato di qualità, di storia, di saperi antichi, di arte appresa istintivamente, con il fare, senza l'uso di parole o spiegazioni.

La bottega si trova nella Fabbrica del Sarti, dalla parte laterale della Scuola Grande di San Teodoro (primo Santo patrono di Venezia). Questa parte laterale fu progettata dal Palladio, ad ultimazione della Fabbrica stessa. Qui, grazie al buon cuore dei Merciai, vi vennero ospitati anche gli appartenenti alla Mariegola del Bareteri, essendo troppo poveri per avere una propria Scuola Granda. Una povertà storica che ha vissuto il suo riscatto da metà degli anni 80 in poi, quando grazie alla riforma del commercio il negozio di modisteria (che vendeva cioè solo cappelli per donna) ha potuto vendere anche copricapi maschili e quando il cappello ha iniziato a vivere una nuova epoca d'oro dopo un ventennio di declino, quasi di oblio.

"Guardate ora - racconta con orgoglio Longo - vedete solo cappelli. Fino a qualche decennio fa avreste visto anche foulard, borse e altro per aiutare a chiudere gli incassi del mese. Il cappello è da sempre il "paria" dell'armadio e durante il periodo buio degli anni '60-'80 si sono persi saperi antichi perché per fare i cappelli servono anche fiori o piume. Oggi di piumisti e fiorai ne restano pochissimi, ma ci siamo reinventati e abbiamo imparato a fare anche questo, usando anche strumenti innovativi come la stampante 3D". Innovazione come in molti settore della moda, ma fino ad un certo punto. A cominciare dal fatto che Giuliana Longo, per scelta, non vende online.

"Nel mio negozio - racconta - entrano uomini di cultura, politici, attori e personaggi famosi. Ma ci devono venire fisicamente, e ci vengono. Qui è entrato Paolo Villaggio, Nureyev, tanti tanti attori e tante tante attrici, i giocatori dell'Nba alti più di due metri, gente di cultura. E le mie creazioni c'erano ai funerali della Regina Elisabetta o ai matrimoni dei reali. Ma il cappello è un prodotto delicato nel senso che magari piace ma poi indossato sta male o viceversa. Quindi si compra solo venendo qui di persona. Per il funerale della Regina Elisabetta è arrivato un ex ministro canadese, arrivato a Venezia dal Canada, appositamente per me e il mio negozio. Sono soddisfazioni impagabili".

Altra nicchia di produzione è quella dei cappelli da gondoliere. Ma anche in questo caso tradizione e saper fare si mescola dando vita ad aneddoti e storie che in pochi conoscono.

"La tradizione vuole che il gondoliere debba indossare un berretto in panno di lana, non quello che si vede oggi - racconta - era molto diffuso fino agli '50 ma nel 1958 è uscito il film "Venezia, la luna e tu" in cui Alberto Sordi interpreta un gondoliere rubacuori e indossa un cappello di paglia che prima non era mai stato usato. E così, la tradizione è improvvisamente cambiata. La regola, ovviamente non scritta, vorrebbe poi che il nastro fosse blu e rosso ma io metto sempre del mio per abbinarlo al nero della gondola o al color del "parecio". Vederli passare per il Canal Grande con i colori sgargianti dei miei nastri mi riempie il cuore".

Ma da quel piccolo negozio (e da quell'ancor più piccolo laboratorio) sono usciti cappelli finiti nelle teste di reali e vip che hanno partecipato ai matrimoni reali, ai funerali della regina Elisabetta, a party esclusivi o a ricevimenti. Tutti cuciti dalle stesse sapienti mani. Tutti pezzi unici, uno diverso dall'altro.

"Sono fortunata, c'è poco da dire, vivo facendo quello che amo fare. È un privilegio - ironizza infine a poche ora dalla premiazione alla Venice Fashion Week - Mi sono chiesta più volte in questi giorni se mi merito questo premio. Ecco, sì, sinceramente penso di sì". 

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