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2 febbraio 2024
di Annalisa Cretella

La febbre del Sabato

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AGI - Si emoziona, è empatico, passionale. E ça va sans dire, è un grande creativo che insegue i sogni con determinazione e duro lavoro. E li realizza. Perché poi “quando arrivano le soddisfazioni è ancora più bello. Dobbiamo essere felici”. E lui lo è.

 

Sabato De Sarno, il designer napoletano, da settembre al timone di Gucci, racconta, durante un incontro alla fiera “Milano Unica”, la sua carriera iniziata come modellista, la passione per la moda fin da bambino, le difficoltà, e il suo amore per la famiglia. Non a caso in prima fila alla sfilata dell’ultima Fashion week Donna c’erano 90 posti intoccabili, riservati alla madre e al padre, al marito, e agli amici.

 

La sua carriera iniziata come modellista, la passione per la moda fin da bambino, le difficoltà, e il suo amore per la famiglia

 

E se il successo che lo ha travolto con la direzione di Gucci - anche se lui ha oltre vent’anni di fortunata esperienza con Prada, D&G e Valentino - non gli ha dato alla testa è perché a tenerlo “con i piedi per terra ci ha pensato la famiglia”. Quando parla dei genitori e del marito si emoziona, e non lo nasconde: “Nei momenti difficili lo sguardo si è sempre poggiato su di loro. Spero di non cambiare. So che è difficile ma ci proverò, cercherò di salvaguardare la mia vita. Gucci fa parte della mia vita ma - dice coraggiosamente - la mia vita è un’altra”. Sabato ci tiene a restare Sabato. Che è anche il motivo per cui ha scelto proprio l’universo fashion.

 

Tutto inizia in un piccolo paese vicino a Napoli, Cicciano, 40 anni fa. “La mia passione nasce proprio lì. Avevo capito che la moda era il mio modo per essere me stesso. L’ho scelta per questo. Sono gay. Ammiravo Gianni Versace, era il mio esempio, e da grande volevo essere come lui. A me Sabato piace, e la moda era la strada per potermi esprimere”.

 

Spero di non cambiare. So che è difficile ma ci proverò, cercherò di salvaguardare la mia vita. Gucci fa parte della mia vita ma la mia vita è un’altra

 

Va da sé poi la scelta di venire a Milano a studiare, all’istituto Carlo Secoli. Non facile e non condivisa dai genitori. “Per questo gli studi me li sono pagati da solo - spiega - facendo il cameriere e il commesso. Poi hanno capito e nel tempo sono diventati molto, ma molto orgogliosi”. Però per arrivare dov’è oggi “Ci sono stati sacrifici e rinunce”, separazioni, con il marito a Bruxelles mentre lui era a Roma: “stare lontano dalla famiglia per me era un problema”.

 

 

E' stata “la passione che mi ha tenuto aggrappato a questo lavoro”. E adesso che è alla guida creativa di Gucci ha un sorriso che gli illumina il volto. D’altra parte quando ha firmato il contratto con la maison, la prima notte, se lo é tenuto accanto, letteralmente sotto al cuscino: “per essere sicuro che fosse vero”.

 

“Gucci è un marchio che conoscevo bene fin da ragazzo. La prima cosa che ho fatto, è stata andare in archivio. Mi sono sentito come mia nipote quando l’ho portata a Disneyland. Sono andato all’armadio delle Jackie bag. É un archivio chiuso ma bisognerebbe renderlo accessibile a tutti perché è super interessante. E ho scoperto che Gucci è stato il primo in tante cose. D’altra parte è un brand che ha 104 anni”. “Avere la possibilità di utilizzare dei codici portandoli in un’estetica che mi assomiglia è fantastico”.

 

E poi Gucci “è anche un microfono” che vorrei usare per dire delle cose, per stare dalla parte delle persone”. Sa di aver avuto tanto dalla vita e vorrebbe “restituire” qualcosa dando”opportunità”. E anche se adesso è a tu per tu con Jennifer Lopez e Brad Pitt e tante altre celebrities e ambassador del brand, lui vuole continuare a “stare tra la gente, a ballare in mezzo a tutti, e non da solo in un privé”.

 

Fuori discussione, assicura, l’idea di realizzare un marchio tutto suo: “non ci penso proprio. Mi piace lavorare in un’azienda e poi - si schernisce - non ho abbastanza coraggio”. Per adesso va benissimo così. “All’inizio pensavo che Gucci fosse il mio posto, oggi, dopo 8 mesi, penso che sia proprio la mia casa”.

 

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