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9 giugno 2022,
di Ilaria Conti
Fashion

L'ambasciatore delle bollicine

Un lusso “meno ostentato e più inclusivo”, fatto sempre più di giovani che cercano nell’alto di gamma dei valori condivisi. A spiegare la ‘mutazione’ del settore è Matteo Lunelli, presidente di Altagamma, che cita, come esempio, due aziende della Sartoria napoletana, Isaia e Kiton, che hanno la “sostenibilità nel loro Dna” e hanno messo in campo progetti per valorizzare talenti e il patrimonio culturale campano. Lunelli si dice ottimista per il trend del 2022 anche se ci sono diversi rischi: dall’aumento del costo dell'energia e dei prezzi in generale, al problema di approvvigionamento di alcune materie prime. Le sfide sono tante, compreso lo spostamento dell’export dalla Russia, all’America e alla Cina. Ma l’importante è cercare di mantenere “il radicamento sul territorio” per non perdere quello che è il “cuore del made Italy”. Presidente anche delle Cantine Ferrari - “siamo ambasciatori nel mondo delle bollicine italiane di qualità” -  la sua azienda non smette mai di innovare e cercare nuovi abbinamenti, come quello tra Ferrari doc e pizza, con un’altra eccellenza del ‘prodotto in Italia’, la pizzeria dei fratelli Salvo a Napoli.

 

Il comparto del lusso è stato colpito prima dalla pandemia e ora dalla guerra. Come sta andando, può fornirci dei dati?

Dopo anni di crescita costante nel 2020 il comparto aveva perso oltre il 20% di fatturato portando a quello che è stato uno dei rarissimi passi indietro in un percorso di crescita che ormai che era iniziato negli anni 90. Nel 2021 la ripresa è stata molto forte, quasi un rimbalzo oltre ogni attesa, con una crescita che ancora non ci aveva portato però ai livelli del 2019. Secondo il monitor Altagamma Bain sui beni di lusso il 2021 ha recuperato tra il 13 e il 15% rispetto al 2020 dopo aver perso tra il 20 e il 25%. A fine 2021 eravamo ancora circa 10 punti percentuali sotto.

Quali settori stanno andando meglio?

Alcuni comparti come il design o lo yachthing hanno avuto una ripresa molto più repentina. C’è stata una grandissima domanda dei beni di arredo e di design perché siamo stati molto più in casa. Altri settori come la moda hanno avuto invece un rimbalzo ma non sufficiente a raggiungere i livelli del 2019 e altri ancora come l’ospitalità, che hanno subito in modo molto forte il blocco dei flussi turistici, hanno sofferto in modo fortissimo la crisi nel 2020 e anche nel 2021 hanno avuto una ripresa ma molto lontana rispetto al 2019.

Nel 2022 stiamo assistendo a un trend di ripresa. La velocità di questa ripresa era molto forte, ma quello che è successo con la guerra in Ucraina e altri elementi pongono una serie di rischi e una serie di punti interrogativi.

I risvolti economici di questa guerra sicuramente possono essere abbastanza ampi. C'è un primo effetto sui consumatori, a partire dalle spese dei russi nel mercato dei beni di lusso. Il mercato russo sul totale incide per circa il 2-3%.

Poi alcuni impatti assai più ampi: l’aumento del costo dell'energia, il problema di approvvigionamento di alcuni materie prime. Ad esempio nel settore del design, alcuni materiali di legno, come la betulla sono quasi introvabili. Così come l’alluminio o il nichel che si usano nella serramentistica, l’urea, che viene utilizzata per i collanti. C'è un tema legato al l'oro che ha sta aumentando e della carta, usata nel packaging ma anche nel vino, che non si trova e costa molto.

Sono rischi che stiamo monitorando: pensiamo che in parte rallenteranno questo ritmo di crescita ma siamo fiduciosi che tendenzialmente questo settore, che ha un trend secolare positivo di lungo periodo, si riprenderà e possa reggere.

Con i nuovi scenari internazionali crede che ci sarà un riposizionamento dell’export verso nuovi Paesi?

Sicuramente in questo momento il mercato russo, su cui in passato l'alto di gamma e diversi brand italiani ma anche internazionali, avevano scommesso, è sostanzialmente chiuso. Stiamo assistendo è una crescente importanza del mercato americano che si conferma per l’Europa il partner strategico di lungo periodo, più affidabile e più evidente. La Cina è un'altra area che continua a essere un focus, perché tutte le nostre ricerche dicono che i consumatori cinesi comunque arriveranno a contare per quasi la metà di tutti gli acquisti di beni di lusso a livello mondiale.

Quello che è successo è che se prima i cinesi compravano, viaggiando nel mondo, adesso comprano esclusivamente nel loro territorio.

Siamo fiduciosi che questo settore, che ha un trend secolare positivo, si riprenderà

E’ cambiato anche il pubblico a cui sono rivolti i vostri prodotti?

Il pubblico è cambiato sotto vari aspetti: sicuramente i giovani, le nuove generazioni, sono sempre di più protagoniste del mercato dei beni di lusso. Si prevede che nel 2025 il 70% del mercato dei beni di lusso sarà costituito dalla generazione Y e Z. In alcune aree, come la Cina, in particolare, vediamo come la generazione Zeta sta diventando uno dei motori soprattutto della crescita dei consumi.

Inoltre c’è più attenzione alla sostenibilità, alla qualità manifatturiera, c’è un lusso meno ostentato e più inclusivo: se un tempo si sceglieva un brand perché rappresentava uno status symbol, oggi sempre di più, invece i consumatori scelgono un brand dell’Alto di gamma, perché in qualche modo rappresenta dei valori che vengono condivisi.

Quanto è diventata importante ora la sostenibilità nel vostro settore?

Per quanto riguarda la sostenibilità, c'è un'attenzione assolutamente crescente da parte degli investitori da parte dei buyer e da parte dei clienti dei consumatori. Direi che tutti i nostri stakeholder prestano una crescente attenzione al tema della sostenibilità, sia da un punto di vista ambientale che economico e sociale. Come Fondazione Altagamma stiamo portando avanti varie iniziative, ma le nostre imprese, ci piace dire che hanno la sostenibilità nel loro Dna, perché crediamo che la sostenibilità sia parte un pò della cultura dell’Alto di gamma italiano. 

Alcuni brand del Sud Italia, ad esempio, hanno delle iniziative di sostenibilità vicine al tema della valorizzazione dei talenti e il rapporto con i propri territori. Pensando alla Sartoria napoletana, citerei Isaia e Kiton. Nel caso di Isaia ha creato nel 2018 la Fondazione Isaia e che prima di tutto fa promuove progetti culturali di recupero e valorizzazione del patrimonio monumentale campano, organizza eventi e convegni di promozione del territorio. Poi ha portato avanti, nel campo della formazione il progetto Adotta una scuola. C’è una collaborazione con un istituto napoletano e anche rapporti con l'università Vanvitelli per portare avanti il know how della Sartoria napoletana.

Kiton invece ha costruito al proprio interno una scuola di alta sartoria: un programma triennale che esiste dal 2000 e che insegna l'arte sartoriale napoletana aggiornata con le moderne competenze. Una scuola che garantisce ai propri studenti grandi opportunità di lavoro. Kiton poi sta lavorando molto con il suo brand di abbigliamento più casual che è stato proprio creato dalla terza generazione della famiglia De Matteis. Si tratta di un brand in cui hanno riutilizzato materiali compositi in fibra di vetro e di carbonio per la realizzazione di un nuovo concept di arredo nei loro showroom e in generale, quindi stanno lavorando molto su materiali innovativi legati all'economia circolare.

Ultimo esempio che voglio fare sempre del Sud è una giovane impresa Orange Fiber, di recente premiata da Altagamma nel suo programma di supporto alle giovani aziende dell’industria creativa: è una realtà catanese molto interessante che collabora tra l'altro già con diversi altri brand di alta gamma e ha sviluppato una tecnologia per la realizzazione di tessuti che derivano dagli scarti industriali dei prodotti a base di agrumi.

C’è un lusso meno ostentato e più inclusivo

Altagamma ha avviato il progetto Adotta una scuola per legare ancora di più il mondo dell’istruzione e quello dell’industria. Come le nuove generazioni possono contribuire all’eccellenza del Made in Italy? 

Il progetto Adotta una scuola per noi è un bellissimo progetto, molto importante: il futuro sono i giovani. L'alto di gamma per i prossimi anni potrà essere un veicolo per nuova occupazione di giovani. Il problema è che ci siamo resi conto che rischia di esserci un disallineamento fra domanda e offerta di lavoro.

C'è da un lato la necessità di stimolare le vocazioni, ad esempio verso i lavori manuali, dall'altro c'è la necessità di adeguare i moduli formativi. Il progetto adotta una scuola va in questa direzione perché migliora il dialogo fra scuola e impresa.

C'è un'adozione reciproca fra brand e scuola, in cui si costruiscono e si personalizzano i percorsi didattici, si portano le expertise dell'azienda dentro la scuola e a volte c'è la possibilità per gli studenti di fare tirocini nelle aziende. Il saper fare manifatturiero è il cuore dell'eccellenza del Made in Italy. E questo è un patrimonio assolutamente fondamentale che va preservato, tutelato e tramandato alle future generazioni appunto con percorsi formativi adeguati.

"L'alto di gamma per i prossimi anni potrà essere un veicolo per nuova occupazione di giovani"

Il fatto che molti brand del lusso siano ormai di proprietà straniera può incidere sull’italianità del prodotto?

Fortunatamente abbiamo avuto degli esempi virtuosi di gruppi internazionali, soprattutto grandi gruppi francesi, che hanno acquisito dei brand italiani ma mantenendone l'identità italiana e mantenendoli fortemente radicati sul nostro territorio. L'importante è che chiunque acquisti un marchio italiano sia consapevole del fatto che poi l'origine di un marchio è proprio dovuta alla sua radicamento sul territorio: privarlo di questo significa svuotarlo di valori. Le eccellenze dei nostri brand più si basa anche sul rapporto che c'è spesso con filiere territoriali: ecosistemi che sono fatti di piccoli fornitori locali, che hanno quel saper fare che porta la qualità manifatturiera del made in Italy.

Lei è anche presidente delle Cantine Ferrari. Quali sono i numeri del suo export nel mondo e quali i Paesi dove è più apprezzato? 

Come gruppo Lunelli ancora il mercato italiano rimane il nostro primo mercato, ma stiamo crescendo bene sui mercati internazionali. Siamo il primo esportatore ad esempio di metodo classico italiano e quest'anno venderemo oltre un milione di bottiglie  di metodo classico italiano all'estero. Siamo ambasciatori nel mondo delle bollicine italiane di qualità. I mercati principali per noi sono l'America in primis, il Giappone e poi in Europa, la Germania e la Svizzera.

La complessità delle bollicine del Trentodoc si sposa con tanti piatti tipici della tradizione italiana, tra cui la piazza napoletana. L'italian food non conosce confini regionali, è così anche a livello internazionale?

La fortuna delle bollicine metodo classico e del Ferrari è che è un vino molto versatile negli abbinamenti e quindi da sempre a noi diverte e piace lavorare su nuovi abbinamenti fra il nostro Ferrari Trento Doc e il cibo. Tra i vari abbinamenti innovativi e molto riusciti c’è ad esempio quello della pizza: una pizza di grande qualità, può essere abbinata a una a una bollicina di grande qualità. Quindi abbiamo creato questo slogan ‘pizza e bollicine’ con diversi pizzaioli napoletani e non solo. Con i fratelli Salvo a Napoli, che sono fra i più bravi nella pizza napoletana, abbiamo fatto una collaborazione molto stretta e abbiamo abbinato a diverse loro pizze molte nostre etichette. La freschezza e l’acidità delle nostre bollicine aiuta a compensare la dolcezza della pasta della pizza oppure della mozzarella. Quando c'è il pomodoro ci piace abbinarlo con un rosé. Comunque gli abbinamenti a livello di cucina regionale sono veramente moltissimi, ci piace farli, anche perché se è vero che ogni regione ha i suoi vini fermi, le bollicine sono meno diffuse e spesso si inizia con un flute di Ferrari e poi si continua fino alla fine.

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